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Estratto dell'articolo di Alberto Giulini per www.corriere.it
«Mio figlio sta ancora male per quanto accaduto, ma quando si sbaglia si può solo chiedere scusa». È passata settimana dall’aggressione a Marco Nebiolo, eppure la madre del sedicenne che ha colpito l’agente immobiliare con un pugno al volto fa ancora fatica a ripercorrere quanto avvenuto. [...]
Come state lei e suo figlio?
«Mi sono subito spaventata, ho pianto e non sto ancora bene. Vorrei chiedere scusa, anche mio figlio è mortificato. Vorrei parlare con la moglie di Nebiolo per dirle che mi dispiace e che non siamo una famiglia aggressiva. [...]».
Gli era già capitato di reagire violentemente?
«No, anzi. L’anno scorso un anziano gli ha tirato uno schiaffo, i suoi amici erano attorno a lui e lo riprendevano con i cellulari incitandolo a reagire. Eppure non lo ha fatto, nonostante i telefoni puntati contro e gli amici che lo incalzavano. Se questa volta è esploso, deve essere successo qualcosa».
IL SEMAFORO DI CORSO UNITA DITALIA, A TORINO, DOVE E STATO AGGREDITO MARCO NEBIOLO
Tornando a quel venerdì, qual è stata la dinamica dell’incidente?
«Eravamo in corso Unità d’Italia quando, al semaforo, l’automobile davanti a noi ha accelerato in un primo momento per inchiodare subito dopo. Una cosa che non andrebbe fatta: o si passa, o non si fa finta per poi frenare pochi istanti più tardi».
A quel punto è andata a colpire l’automobile di Nebiolo?
«No, assolutamente no. Ero ovviamente arrabbiata e sono scesa in strada, ma non ho mai colpito i vetri. Ho aperto la portiera del passeggero e gli ho urlato contro, chiedendo se si rendesse conto di che cosa aveva appena fatto. Anche mio figlio ha fatto la stessa cosa». [...]
Ma allora perché suo figlio ha colpito Nebiolo con un pugno?
«Non lo so, stavamo per andarcene quando mi sono girata e ho solo visto la scena del colpo al volto. Mio figlio mi ha detto che è stato provocato e che ha ricevuto uno spintone. Aveva paura di essere colpito, allora l’ha fatto per primo. Mi spiace, gli ho sempre insegnato che le mani non si usano: abbiamo la bocca, bisogna parlare per chiarirsi. Non lo giustifico, ma forse un adulto avrebbe dovuto interagire diversamente».
Un testimone ha detto che siete subito fuggiti in taxi.
«No, non ci sono testimoni. Ma soprattutto noi non siamo scappati. Io avevo già chiamato un taxi perché avevo litigato con l’uomo che stava accompagnando me e mio figlio. Era già arrivato quando l’ho chiamato per andare via, mi sono girata e ho visto la scena del pugno.
L’ho preso con me e siamo partiti, avevo paura che Nebiolo potesse alzarsi e reagire. Nella testa mi sono detta “adesso succede il finimondo”, pensavo potessero ammazzarsi. Ma non è assolutamente vero che lo abbiamo abbandonato: con lui c’era il conducente della nostra auto. Siamo andati in taxi in ospedale, poi il giorno successivo mi sono presentata alla polizia municipale per raccontare tutto».