Estratto dell’articolo di Massimo Franco per il “Corriere della Sera”
La settimana scorsa, ricevendo i capi dei dicasteri vaticani, papa Francesco ha fatto capire che la guerra contro di lui del fronte conservatore negli Stati uniti non potrà non avere conseguenze. E stavolta a essere sanzionato non sarebbe il vescovo di una diocesi minore come Joseph Strickland di Tyler, Texas, sospeso all’inizio di novembre dopo gli attacchi al pontefice. Francesco ha parlato del cardinale Raymond Burke, leader di quella filiera che da anni, negli Usa, gli rivolge critiche ritenute eccessive perfino dagli avversari di Jorge Bergoglio.
Il papa avrebbe annunciato contro Burke «alcune sanzioni di natura economica, accompagnate da pene canoniche», ha riferito uno dei presenti all’incontro, riferendosi a stipendio e appartamento vaticano. Sarebbe il segno che ha deciso di non tollerare più l’atteggiamento aggressivo del cardinale e dei suoi seguaci. Ma quanto accade conferma la deriva conflittuale che una parte dell’episcopato Usa ha scelto; e che riflette la spaccatura crescente tra cattolicesimo conservatore e progressista.
La domanda è come mai la reazione papale arrivi ora. […] C’è chi collega il cambio di passo di Francesco rispetto al passato all’arrivo alla Congregazione per la Dottrina della Fede del suo consigliere e amico Victor Manuel Fernandez: un argentino nominato cardinale nell’ultimo concistoro. […]
All’inizio di ottobre, in un convegno organizzato alla vigilia del Sinodo dai tradizionalisti della Nuova Bussola Quotidiana e intitolato non a caso «La Babele sinodale», aveva attaccato «gli errori filosofici, canonici e teologici» che a suo avviso venivano commessi. In più, Burke aveva evocato il sostegno di molti cardinali che pure non avevano aderito all’iniziativa, accreditando uno schieramento antipapale più vasto.
Di certo, i malumori nei confronti di Bergoglio sono diffusi al di là della minoranza rumorosa di cui il cardinale statunitense è ritenuto l’esponente più in vista. Ma la rozzezza degli attacchi lascia perplesso e silenzioso anche chi lo critica. Rimane il tema irrisolto, e particolarmente spinoso, dei rapporti del papato con gli Stati Uniti. E non soltanto perché dalla Seconda Guerra mondiale in poi, i finanziamenti al Vaticano sono arrivati in primo luogo da lì, oltre che negli ultimi decenni dalla Germania.
PAPA FRANCESCO Victor Manuel Fernandez
La domanda è se l’ostilità quasi ostentata di settori ampi dell’episcopato americano non rifletta anche un limite e una scarsa conoscenza di quella chiesa e della sua cultura da parte dell’attuale papato: una realtà nella quale le parrocchie scompaiono per mancanza di fedeli. I sondaggi raccontano una radicalizzazione delle posizioni religiose, simmetrica a quella della società statunitense.
La singolarità è che i sacerdoti giovani risultano più tradizionalisti degli anziani. Non solo. Esistono vescovi, come Christopher Coyne, in Connecticut, che chiedono a Francesco di «andare via dall’Italia, via da Roma», convinti che il Vaticano sia inquinato dalla mentalità della capitale italiana. E c’è un blocco di interessi che osserva con diffidenza il «sudismo» e il dialogo con la Cina. Nel settembre scorso Francesco ha parlato di un approccio «forte, organizzato e reazionario» nel cattolicesimo americano. Con «l’ideologia che sostituisce la fede». E le sue parole non sono state lette solo come un riferimento all’episcopato.
Dietro a Burke e alla sua «guerra culturale» si intravede la sagoma di personaggi e istituzioni che considerano Francesco un pericolo. Il cardinale si è difeso più volte dall’accusa di far parte dell’organizzazione politica di Steve Bannon, uno degli ideologhi di Donald Trump. […]
raymond burke 1 PAPA FRANCESCO - VESCOVI victor manuel fernandez 1 raymond burke 2