operai fabbriche coronavirus fabbrica mauro biani

PRIMA I SOLDI, POI LA SALUTE - LE IMPRESE DI BERGAMO E BRESCIA HANNO CONTINUATO A LAVORARE FREGANDOSENE DELLA ZONA ROSSA: DALL’8 AL 23 MARZO 500 MILA PERSONE ANDAVANO IN FABBRICA A PIENO RITMO, MENTRE I CONTAGI CRESCEVANO ESPONENZIALMENTE – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA LOMBARDIA BONOMETTI: “LE DECISIONI LE HA PRESE L’ESECUTIVO, NOI LE ABBIAMO SEGUITE. PER ALCUNE AZIENDE FERMARSI SIGNIFICA PERDERE COMMESSE E CHIUDERE PER SEMPRE”

1 – INDUSTRIE APERTE DURANTE IL CONTAGIO LA NUOVA INDAGINE SULLA VAL SERIANA

Paolo Russo per “la Stampa”

 

coronavirus fabbrica1

La mancata proclamazione della zona rossa in Val Seriana non sembra più essere la sola questione al centro dell'attenzione della Procura di Bergamo, che sta acquisendo i documenti necessari a capire perché, in un arco temporale molto più ampio, che va dall'8 al 23 marzo, nelle fabbriche della Bergamasca e del Bresciano si continuasse a lavorare a pieno ritmo.

 

Nonostante medici e scienziati chiedessero a gran voce di «chiudere tutto e subito». Gli inquirenti per ora hanno acquisito l'appello congiunto di imprese e sindacati, che il 27 febbraio chiedevano «di riavviare tutte le attività ora bloccate».

 

Un pressing che è durato a lungo, specie da parte degli imprenditori, fino alla serrata totale decisa dal governo il 23 marzo, mentre Cgil, Cisl e Uil Lombardia si sono smarcati il 12 marzo, con la nota unitaria "Prima la salute".

 

coronavirus fabbrica

Quel che la Procura cercherà di capire è cosa possa aver indotto imprese, governo e regione a far continuare a muovere 500 mila lavoratori nelle due province martiri dell'epidemia. Con effetti difficili da quantificare, ma certamente più gravi della ritardata chiusura di 5 giorni della Val Seriana, quelli che vanno dall'allarme lanciato il 3 marzo del comitato scientifico fino alla proclamazione della Lombardia "zona arancione" dell'8 marzo.

 

alzano lombardo

Il blocco delle imprese, infatti, arriva soltanto il 23 marzo, perché il lockdown proclamato il 10 aveva chiuso gli esercizi commerciali, ma lasciato libere le aziende di continuare a produrre. Comprese le 84 mila di Bergamo nelle quali lavorano 385 mila dipendenti e quelle di Brescia, per un totale di 107 mila ditte e 402 mila lavoratori impiegati.

 

Due province che già allora contavano oltre 8.000 contagi, uno su cinque di quelli rilevati all'epoca in tutta Italia. «State a casa», ripetevano ossessivamente governo, medici e scienziati. Più facile dirlo che farlo nelle due delle province d'Europa a più alto tasso di produttività. E infatti era la stessa Confindustria Lombardia a confidare che il 73% di piccole, grandi e medie imprese stava andando avanti, come del resto in tutta la regione.

 

coronavirus fabbrica2

Come dire che nelle aree più epidemiche ben mezzo milione di lavoratori continuava a fare avanti e indietro casa-lavoro, anche se poi in fabbrica si è cercato di sanificare e modificare le linee di produzione per garantire quel famoso metro di distanziamento sociale. A Brescia nel settore industriale vero e proprio furono raggiunti 63 accordi per la sicurezza anti-Covid sul lavoro.

 

A Bergamo soltanto 2. Briciole rispetto al mare di imprese delle due province. Che non potesse bastare per contenere la crescita esponenziale dei contagi lo pensavano i tecnici del comitato scientifico, che suggerirono a Conte di «fermare tutto salvo le filiere che producono beni di consumo essenziali». Che è quanto poi decise il Governo. Ma solo 15 giorni dopo la zona arancione lombarda.

 

coronavirus fabbrica

Nonostante il Presidente dell'Ordine dei medici di Milano, Roberto Carlo Rossi, affermasse che «mandare avanti la produzione fosse un gravissimo errore» e chiedesse di «chiudere tutto», considerando «una follia vedere ancora capannoni e cantieri pieni di gente». Gli inquirenti cercheranno ora di capire se ci siano state delle responsabilità dietro quella «follia». Che nelle due province fece andare avanti aziende tutt' altro che essenziali, come quelle di chiusure industriali per capannoni, verniciature, calcestruzzi, strumenti elettronici. Ma anche di armi o di lussuosi bolidi. Mentre molto più lentamente sfilavano via da Bergamo i camion pieni di bare.

fabbrica coronavirus 2

 

 

2 – "ABBIAMO SOLO PROVATO A EVITARE LA CHIUSURA DI TUTTE LE AZIENDE MA POI HANNO DECISO I POLITICI"

Francesco Rigatelli per “la Stampa”

 

«Ammesso e non concesso che noi industriali abbiamo fatto pressioni per tenere aperte le aziende, al dunque siamo rimasti impotenti davanti alle scelte della politica». Marco Bonometti, 65 anni, presidente di Confindustria Lombardia e di Officine meccaniche rezzatesi, esce da un periodo nero per le aziende del Nord, mentre gli ultimi dati sulla produttività non promettono niente di buono.

marco bonometti 1

 

Col senno di poi è stato un errore fare pressione contro la zona rossa di Bergamo? «Nessuna pressione. Di quella zona rossa non si è mai parlato nei dettagli, l'idea era di chiudere le province di Bergamo e di Brescia, ma il governo ha optato per l'intera Lombardia.

 

Le decisioni in quel momento difficile, ma facile da analizzare col senno di poi, le ha prese l'esecutivo e noi imprenditori le abbiamo seguite».

 

coronavirus fabbrica 3

Ma l'11 marzo non si incontrò con Fontana per chiedere di lasciare aperte le aziende?

«Ci incontrammo per un protocollo d'intesa per permettere alle aziende che potevano continuare senza mensa, con le distanze, con le protezioni e con lo smart working di farlo. Abbiamo sempre salvaguardato le attività essenziali, dal settore alimentare al farmaceutico. Senza la Dalmine sarebbero finite le bombole d'ossigeno».

 

marco bonometti

Non sono rimaste aperte molte aziende oltre a quelle essenziali?

«Tutte quelle che non potevano rispettare le regole si sono fermate. Gli imprenditori hanno messo al primo posto la salute, ma va considerato che per alcune aziende non essenziali legate a filiere internazionali questo significa perdere commesse e chiudere per sempre, come purtroppo dimostrano gli ultimi dati».

 

In che senso?

«Nel primo trimestre la produzione industriale segna -10, mentre ad aprile arriva a -44 e a maggio a -33. La situazione è drammatica: cala il fatturato, la liquidità viene meno e saltano i posti di lavoro».

 

Un problema solo italiano?

«In tutto il mondo le persone si sono abituate a consumare meno, la produzione rallenta e i lavoratori sono in eccesso. Il coronavirus ha portato la decrescita infelice».

 

Il presidente di Confindustria Bonomi parla di un milione di disoccupati in più entro l'anno e lei?

matteo salvini marco bonometti

«È ottimista, solo ad oggi sono 400 mila. Se va bene ci vorranno un paio d'anni per tornare ai livelli di prima».

 

Dunque si può recuperare?

«Sì, ma bisogna affrontare i limiti storici italiani di competitività, infrastrutture e burocrazia. Le priorità sono la liquidità per non fare fallire le aziende, gli investimenti bloccati dalla burocrazia e gli incentivi per il mercato interno come l'auto».

 

Meglio il governo Conte o un nuovo esecutivo per gestire l'emergenza?

bonomi conte

«Basta un qualsiasi governo che agisca e metta al centro l'impresa. Solo rilanciando le aziende usciremo dalla crisi, mentre ora le si vuole accusare di aver aiutato il contagio».

 

La Lombardia tornerà ad essere la locomotiva d'Italia?

«Bisogna sperarlo per tutto il Paese. Se c'è una regione in grado di trainare l'Italia questa è la Lombardia. Però serve un potenziamento del sistema sanitario territoriale per evitare un ritorno del contagio. Non ci possiamo permettere una seconda ondata».

IL 25 APRILE DI MARCO BONOMETTI SU FACEBOOK 1fabbrica coronavirus 3lara comi marco bonomettialzano lombardo nembroAlzano LombardoAlzano Lombardo IL 25 APRILE DI MARCO BONOMETTI SU FACEBOOK

 

Ultimi Dagoreport

ignazio la russa matteo salvini giorgia meloni maurizio lupi

DAGOREPORT: HOMO HOMINI “LUPI” - DIVENTATO UN BRAVO SOLDATINO DELLA FIAMMA, PER LA SERIE "IN POLITICA NON SI SA MAI...", IL MODERATISSIMO CIELLINO MAURIZIO LUPI SI BARCAMENA TRA I FRATELLI LA RUSSA E I FRATELLI D'ITALIA - ALLE LUSINGHE DI CANDIDARLO NEL 2027 A SINDACO DI MILANO DI 'GNAZIO, ORA AGGIUNGONO LE COCCOLE DELLA DUCETTA CHE SI E' SCAPICOLLATA ALL’ASSEMBLEA DEL NANO-PARTITO FONDATO DAL SOSIA DELLA FIGLIA DI FANTOZZI - ESSI': SE PASSA LA NUOVA LEGGE ELETTORALE, CON SOGLIA DEL 40%, ANCHE L’1% DI “NOI MODERATI” POTREBBE SERVIRE ALLA MELONA PER DE-SALVINIZZARE LA MAGGIORANZA... - VIDEO

antonio tajani pier silvio berlusconi marina roberto occhiuto deborah bergamini pietro labriola alessandro cattaneo

DAGOREPORT – QUALCOSA DI GROSSO SI STA MUOVENDO IN FORZA ITALIA: STUFA DI ESSERE PRESA PER I FONDELLI DAL PARACULISMO POLITICO DI TAJANI E DEI SUOI COMPARI SETTANTENNI GASPARRI E BARELLI, MARINA BERLUSCONI DA' IL VIA LIBERA AL CAMBIO DI LEADERSHIP IN FORZA ITALIA: IL PRESCELTO E' ROBERTO OCCHIUTO, REDUCE DA UNA TRIONFALE RICONFERMA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE CALABRIA - IL PROSSIMO 17 DICEMBRE IL 56ENNE GOVERNATORE LANCERÀ LA SUA CORRENTONA NAZIONALE IN UN LUOGO SIMBOLO DEL BERLUSCONISMO, PALAZZO GRAZIOLI, CONTORNATO DAI FEDELISSIMI DELLA CAVALIERA DI ARCORE, i "NORDISTI" DEBORAH BERGAMINI E ALESSANDRO CATTANEO - CHE C'AZZECCA ALL'EVENTO DI OCCHIUTO, LA PRESENZA DELL'AD DI TIM, PIETRO LABRIOLA? C'ENTRA LO SMANTELLAMENTO DEL SERVIZIO CLIENTI "TELECONTACT" DI TIM...

antonio angelucci tommaso cerno alessandro sallusti

FLASH – UCCI UCCI, QUANTI SCAZZI NEL “GIORNALE” DEGLI ANGELUCCI! NON SI PLACA L’IRA DELLA REDAZIONE CONTRO L’EDITORE E I POCHI COLLEGHI CHE VENERDÌ SI SONO ZERBINATI ALL'AZIENDA, LAVORANDO NONOSTANTE LO SCIOPERO CONTRO IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE E PER CHIEDERE ADEGUAMENTI DEGLI STIPENDI (ANCHE I LORO). DOPO LO SCAMBIO DI MAIL INFUOCATE TRA CDR E PROPRIETÀ, C’È UN CLIMA DA GUERRA CIVILE. L’ULTIMO CADEAU DI ALESSANDRO SALLUSTI, IN USCITA COATTA (OGGI È IL SUO ULTIMO GIORNO A CAPO DEL QUOTIDIANO). AL NUOVO DIRETTORE, TOMMASO CERNO, CONVIENE PRESENTARSI CON L'ELMETTO DOMANI MATTINA...

elly schlein giuseppe conte giorgia meloni rocco casalino

DAGOREPORT - QUESTA VOLTA, ROCCO CASALINO HA RAGIONE: ELLY SCHLEIN SULLA QUESTIONE ATREJU “HA SBAGLIATO TUTTO” - LA GRUPPETTARA DEL NAZARENO, CHIEDENDO UN FACCIA A FACCIA CON GIORGIA MELONI, HA DIMOSTRATO DI ESSERE ANCORA UNA VOLTA UN’ABUSIVA DELLA POLITICA. HA SERVITO SUL PIATTO D’ARGENTO ALLA DUCETTA L’OCCASIONE DI FREGARLA, INVITANDO ANCHE GIUSEPPE CONTE PER UN “THREESOME” IN CUI LA PREMIER AVREBBE SPADRONEGGIATO – IN UN CONFRONTO A TRE, CON ELLY E PEPPINIELLO CHE SI SFANCULANO SULLA POLITICA INTERNAZIONALE, DAL RIARMO ALL’UCRAINA, E FANNO A GARA A CHI SPARA LA “PUTINATA” O LA “GAZATA” PIÙ GROSSA, LA DUCETTA AVREBBE VINTO A MANI BASSE – QUEL FURBACCHIONE DI CONTE NON SI TIRA INDIETRO: NONOSTANTE LA DEM SI SIA SFILATA, LUI CONFERMA LA SUA PRESENZA AL DIBATTITO: "MI DISPIACE DEL FORFAIT DI ELLY, PER ME È IMPORTANTE CHE CI SIA UN CONFRONTO E POTEVAMO FARLO ANCHE INSIEME. POTEVAMO INCALZARE LA PREMIER..."

alessandro giuli beatrice venezi gianmarco mazzi

DAGOREPORT - A CHE PUNTO SIAMO CON IL CASO VENEZI? IL GOVERNO, CIOÈ IL SOTTOSEGRETARIO ALLA CULTURA GIANMARCO MAZZI, HA SCELTO LA STRATEGIA DEL LOGORAMENTO: NESSUN PASSO INDIETRO, “BEATROCE” IN ARRIVO ALLA FENICE DI VENEZIA NEI TEMPI PREVISTI, MENTRE I LAVORATORI VENGONO MASSACRATI CON DISPETTI E TAGLI ALLO STIPENDIO. MA IL FRONTE DEI RESISTENTI DISPONE DI UN’ARMA MOLTO FORTE: IL CONCERTO DI CAPODANNO, CHE SENZA L’ORCHESTRA DELLA FENICE NON SI PUÒ FARE. E QUI STA IL PUNTO. PERCHÉ IL PROBLEMA NON È SOLO CHE VENEZI ARRIVI SUL PODIO DELLA FENICE SENZA AVERE UN CURRICULUM ADEGUATO, MA COSA SUCCEDERÀ SE E QUANDO CI SALIRÀ, NELL’OTTOBRE 2026 - CI SONO DUE VARIABILI: UNA È ALESSANDRO GIULI, CHE POTREBBE RICORDARSI DI ESSERE IL MINISTRO DELLA CULTURA. L’ALTRA È LA LEGA. ZAIA SI È SEMPRE DISINTERESSATO DELLA FENICE, MA ADESSO TUTTO È CAMBIATO E IL NUOVO GOVERNATORE, ALBERTO STEFANI, SEMBRA PIÙ ATTENTO ALLA CULTURA. IL PROSSIMO ANNO, INOLTRE, SI VOTA IN LAGUNA E IL COMUNE È CONTENDIBILISSIMO (LÌ LO SFIDANTE DI SINISTRA GIOVANNI MANILDO HA PRESO UNO 0,46% PIÙ DI STEFANI)

emmanuel macron friedrich merz giorgia meloni donald trump volodymyr zelensky vladimir putin

DAGOREPORT – ET VOILA', ANCHE SULLA SCENA INTERNAZIONALE, IL GRANDE BLUFF DI GIORGIA MELONI È STATO SCOPERTO: IL SUO CAMALEONTISMO NON RIESCE PIÙ A BARCAMENARSI TRA IL TRUMPISMO E IL RUOLO DI PREMIER EUROPEO. E L'ASSE STARMER-MACRON-MERZ L'HA TAGLIATA FUORI – IL DOPPIO GIOCO DELLA "GIORGIA DEI DUE MONDI" HA SUPERATO IL PUNTO DI NON RITORNO CON LE SUE DICHIARAZIONI A MARGINE DEL G20 IN SUDAFRICA, AUTO-RELEGANDOSI COSÌ AL RUOLO DI “ORBAN IN GONNELLA”,  CAVALLO DI TROIA DEL DISGREGATORE TRUMP IN EUROPA - DITE ALLA MELONA CHE NON È STATO SAGGIO INVIARE A GINEVRA IL SUO CONSIGLIERE DIPLOMATICO, FABRIZIO SAGGIO… - VIDEO