SENTITE COSA DICEVANO GLI ESPERTI NEL ’94 SUL PONTE MORANDI: “STATO DI USURA LIMITATO: REGGERÀ FINO AL 2030”, LE STIME SUL PILONE CHE HA CEDUTO IN UNO STUDIO DEL '94 ACQUISITO DAI PM: SENTITO UNO DEGLI AUTORI, L' ARCHITETTO MICHELE DONFERRI MITELLI, CHE RAPPRESENTAVA AUTOSTRADE – NELLA RELAZIONE SI PARLAVA DI ANCHE "PERDITA DELLA CAPACITÀ PORTANTE"...

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il crollo del ponte morandi a genova il crollo del ponte morandi a genova

G.Fas. per il Corriere della Sera

 

Pilone 11 del ponte Morandi: «Sin dal giorno del rilevamento del difetto costruttivo che ha generato il degrado, si è avuta la precisa sensazione della gravità del problema». Pilone 9: «Assumendo una legge empirica che governa la velocità di degrado, la condizione limite viene stimata intorno al 2030. Tale valore viene interpretato come tempo di rivalutazione dello stato della struttura».

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Eravamo a maggio del 1994 e queste erano le considerazioni degli esperti sul ponte Morandi, «opera le cui particolarità strutturali si possono considerare a tutt' oggi insuperate» scrivevano. Tra gli esperti in questione c' era anche l' architetto Michele Donferri Mitelli, sentito qualche giorno fa come persona informata dei fatti nell' inchiesta sul crollo del ponte Morandi.

il crollo del ponte morandi a genova il crollo del ponte morandi a genova

 

Per capirci: il pilone numero 11 è quello messo in sicurezza nei primi anni Novanta, il numero 9 è invece quello crollato il 14 agosto nel greto del torrente Polcevera.

 

Passo indietro alla primavera del 1994. Erano ancora in corso i lavori di messa in sicurezza proprio del pilone 11 quando un gruppo di ingegneri e tecnici aveva presentato una relazione all' International Symposium & Exibition on Cable Stayed Bridge di Shanghai, in Cina. Titolo: Il risanamento degli stralli del viadotto Polcevera.

ponte morandi ponte morandi

 

La relazione, che poi diventerà un articolo della rivista Autostrade, oggi è fra le carte che la Finanza di Genova ha sequestrato per ricostruire assieme ai consulenti della Procura la storia del ponte Morandi. E a leggerla dal finale - cioè dopo il collasso del ponte, i morti, i feriti e i primi giorni di inchiesta - ci sono due cose che saltano agli occhi: alcuni passaggi sullo stato degli stralli all' epoca e il nome di una delle firme del documento: l' architetto Michele Donferri Mitelli, appunto.

il crollo del ponte morandi a genova il crollo del ponte morandi a genova

 

QUEL CHE RESTA DEL PONTE MORANDI VISTO DAL QUARTIERE DEL CAMPASSO A GENOVA QUEL CHE RESTA DEL PONTE MORANDI VISTO DAL QUARTIERE DEL CAMPASSO A GENOVA

In quella conferenza di 24 anni fa l' architetto rappresentava Società Autostrade (assieme all' ingegner Gabriele Camomilla) e oggi è proprio da lui che i finanzieri sono partiti per capire la galassia Autostrade: lo hanno sentito (lui è direttore della manutenzione ordinaria, straordinaria e degli investimenti) per sapere di più sui tempi e sulle modalità degli interventi eseguiti negli anni sul ponte Morandi. L' intervento più importante è stato quello agli stralli del pilone 11, descritto (quando era ancora da finire) nella relazione di Shanghai.

ponte morandi ipotesi ponte morandi ipotesi

 

Ma in quell' articolo ci sono anche riferimenti allo stato di salute degli altri due piloni: il 9 e il 10, che è rimasto in piedi e che regge un moncone di carreggiata sospeso nel vuoto.

L' architetto Donferri Mitelli e gli altri autori della relazione misero a fuoco i livelli di rischio valutando la «perdita della capacità portante», la «distribuzione delle tensioni» e la «perdita del tiro» di ogni singolo cavo. «In definitiva - scrivevano - tale controllo ha evidenziato le differenti condizioni critiche di ogni strallo e ha permesso di calibrare gli interventi in relazione ai singoli stati di degrado».

ponte morandi ponte morandi

 

Sul pilone 11 erano in corso i lavori e si sarebbe rimediato nell' arco di pochi mesi. Sul numero 10 si legge invece che «gli interventi sono stati di carattere locale» poiché «la situazione critica era concentrata nella sezione di attacco della sommità della torre e quindi gli interventi sono stati limitati a queste zone».

 

il crollo del ponte morandi a genova il crollo del ponte morandi a genova

Del pilone crollato - il 9 - si diceva che «poiché gli stati di corrosione erano più limitati sia nei cavi secondari che principali, non si è proceduto ad alcun intervento. Il monitoraggio nel tempo dello stato di conservazione dei cavi è assicurato dall' installazione di un sistema di controllo continuo (...)».

 

Un controllo che - erano convinti - avrebbe permesso di calcolare la velocità della corrosione e segnare una deadline prima di «rivalutare la struttura»: il 2030. È venuto giù con 12 anni di anticipo.

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