1- CHI È SENZA UNA BANCA SCAGLI IL PRIMO CONTO CORRENTE! BERSANI LANCIA LA FATWA CONTRO RENZI PER LA CENA COI BANCHIERI DI DAVIDE SERRA (FONDO NEL PARADISO FISCALE DELLE ISOLE CAYMAN): “CHI HA LA BASE ALLE CAYMAN NON DEVE PERMETTERSI DI DARE CONSIGLI. CERTA FINANZA È COMPOSTA DA BANDITI. BANDITI TRA VIRGOLETTE”. BENE, BRAVO, BIS! ORA QUALCUNO RICORDI A CULATELLO LA STAGIONE DEI FURBETTI 2- QUANDO (2007) L’EX GOVERNATORE FAZIO DISSE AI PM DI MILANO: “FASSINO E BERSANI VENNERO A CHIEDERMI SE SI POTEVA FARE UNA GRANDE FUSIONE UNIPOL-BNL-MONTEPASCHI” 3- ALTRO EPISODIO, DICEMBRE 2006. LA FONDAZIONE DALEMIANA ITALIANEUROPEI ORGANIZZA UN GRANDE WORKSHOP TRA I CAPI DIESSINI (D’ALEMA, FASSINO, VISCO, BERSANI) E I PROTAGONISTI DELLA FINANZA, DELLE BANCHE E DELLE IMPRESE. A OSPITARE IL MEETING, A SESTO SAN GIOVANNI, L’ALLORA PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI MILANO, FILIPPO PENATI

1 - BERSANI, CHI HA BASE A CAYMAN NON DIA CONSIGLI
(ANSA) - "Io credo che qualcuno che ha base alle Cayman non dovrebbe permettersi e di dare consigli. Non lo dico per Renzi ma in generale: l'Italia non si compra a pezzi". Bersani, da Ginevra, attacca sulla cena tra il sindaco di Firenze e esponenti della finanza lombarda. Banditi?"Banditi tra virgolette, certa finanza non è trasparente".

"Non lo dico per Renzi - sostiene il segretario Pd - ma abbiamo già dato: se si pensa in giro per il mondo che l'Italia è un paese talmente indebolito da poterselo comprare a poco prezzo si sbagliano". L'attacco a certa finanza arriva da Bersani dopo l'invito a concentrare le primarie sui programmi: "sarà meglio discutere sul preciso che cosa fare, andiamo sul preciso perché di pillole generiche ne abbiamo avute già troppe e consiglio di stare attenti da quello che viene da alcuni centri finanziari".

2- DAGOREPORT - BERSANI, RENZI E IL RAPPORTO COI BANCHIERI
"Cautela nei rapporti con i banchieri". Con questa battuta da Palermo, Pierluigi Bersani ha mandato il suo avvertimento a Matteo Renzi dopo l'incontro a Milano con gli uomini delle banche e dell'alta finanza, organizzata da Davide Serra del Fondo Algebris.

E i bersaniani sono andati all'attacco. Contro il Rottamatore sono intervenuti il responsabile enti locali Davide Zoggia e il franceschiniano Ettore Rosato. L'Unità ha dedicato alla vicenda l'apertura di oggi: "Le primarie in paradiso (fiscale)". Nei palazzi romani, però, dove i maligni in servizio permanente abbondano, hanno preso a girare alcune paginette di rassegna stampa di altri tempi.

Un articolo del "Sole 24 Ore", datato giugno 2007, che riporta le dichiarazioni dell'ex governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio al pm di Milano Francesco Greco per i processi alla stagione dei furbetti. Quell'interrogatorio fotografava il ruolo di primissimo piano che l'allora responsabile del Programma dei Ds ebbe nella tentata scalata a Bnl da parte di Unipol, anche se l'attenzione dei media fu catalizzata dal Fassino di "abbiamo una banca".

Fazio (vedi sotto) disse al magistrato che nel suo studio per sostenere la maxi fusione Unipol-Bnl-Mps si presentarono in due: Fassino e Bersani. Altro episodio a proposito dei rapporti tra diessini e banchieri viene rispolverato in un articolo di "Repubblica" del dicembre 2006. La fondazione dalemiana ItalianEuropei organizza un grande workshop tra i capi diessini (D'Alema, Fassino, Visco, Bersani...) e i protagonisti della finanza, delle banche e delle imprese. A ospitare il meeting, a Sesto San Giovanni, l'allora presidente della provincia di Milano, Filippo Penati...

3- QUANDO FAZIO DISSE AI PM: FASSINO E BERSANI VENNERO DA ME PER FARE LA MEGA FUSIONE UNIPOL-BNL-MPS
Morya Longo per "Il Sole 24 Ore" del 19 giugno 2007


«Le posso dire su questa questione, su Bnl, che sono venuti da me Fassino ed altri a chiedere se si poteva fare una grande fusione Unipol-Bnl-Montepaschi. Io li ho ascoltati...» «Questo quando?» «Primissimi mesi del 2005 o fine 2004». «Chi erano? Fassino...». «E Bersani».

A parlare è l'ex Governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, durante il suo interrogatorio di fronte ai Pm di Milano Francesco Greco, Eugenio Fusco e Giulia Perrotti. È il 22 marzo 2006. Fazio racconta la sua verità sulla scalata ad AntonVeneta. Smentisce Fiorani: «Ha detto un sacco di sciocchezze».

Racconta dell'incontro con Ricucci: «Mi parlò di Rcs e dell'assunzione del genero di Geronzi». E, soprattutto, spiega il suo modus operandi di quando era Governatore: «Io debbo governare i fatti. Evidentemente poi per governarli debbo osservare la legge. Anche se non la volessi osservare ». E quando il Pm Francesco Greco gli ricorda che «le regole esistono e dovrebbero essere rispettate », Antonio Fazio risponde: «Se possibile».

L'incontro con Fassino 
Fazio, nel suo interrogatorio, parla soprattutto della scalata ad AntonVeneta. Ma, a un certo punto, rivela che Fassino (e Bersani) andò a trovarlo per Unipol-Bnl-Montepaschi. «Di queste cose ne avvengono tante - spiega Fazio -. Io, tra l'altro, pubblicamente nelle considerazioni finali del 2004, avevo detto: al consolidamento manca un'altra grande operazione. L'altra grande operazione era Bnl-Monte Paschi che poi non si è potuta fare». E quando i Pm gli chiedono se «c'era anche Consorte» con Fassino, Fazio risponde secco: «No».


4- BANCHE, INDUSTRIA E POTERI FORTI: LA SINISTRA INCONTRA IL GOTHA DELLA FINANZA, OSPITE DI PENATI A SESTO SAN GIOVANNI
Articolo non firmato da "La Repubblica" del 1 dicembre 2006


Piazza San Giovanni, Roma; Sesto San Giovanni, Milano. La topografia politica questo week-end s' incrocia in modo inedito e alquanto pittoresco, in un ardito scambio che paradossalmente si consuma nei due luoghi topici della sinistra. La piazza romana deputata alle adunate oceaniche della sinistra, quella che pianse caldamente la morte di Enrico Berlinguer, vede domani Silvio Berlusconi risanato arringare i centomila, duecentomila o più che protesteranno contro la Finanziaria del centrosinistra - ceti medi? - invocando la mitica «spallata».

Treni, pullman, bandiere, slogan, manifesti e gagliardetti. La Stalingrado d' Italia, il comune milanese che vide la nascita dell' industrialismo del Novecento, Sesto San Giovanni rossa e operaia, vede invece sfilare algida, in gessato, l' aristocrazia dei banchieri e degli imprenditori, fianco a fianco con i leader della sinistra: Profumo, Passera, Mazzotta, Scaroni, Montezemolo, in parata con D' Alema, Fassino, Visco, Bersani, Amato. Un «workshop», come si dice oggi, organizzato dalla Fondazione "Italianieuropei" a «numero chiuso» nella «splendida cornice» della restaurata Villa Torretta, ex avamposto fortificato del castello della Bicocca ingrandito nel '600 da Delia, figlia di Leonardo Spinola, uomo di fiducia del banchiere Tommaso Marino, ospiti di Filippo Penati, presidente della Provincia ed ex sindaco della Stalingrado milanese per due legislature.

Mentre a piazza San Giovanni s' accalcherà così l' Italia «disagiata» e «tartassata» a inneggiare rumorosamente al tycoon che si fece statista, la «classe dirigente» sviscererà nel «think tank» più prestigioso della sinistra i confini della «Questione settentrionale», il malessere dei cosiddetti ceti produttivi, le strategie della complicata pacificazione col Nord, in vista della tormentata gestazione del Partito Democratico.

La campagna di pacificazione del centrosinistra col Nord è già partita. Prodi, Veltroni, Rutelli fanno road show continui. Fassino - a Verona, Treviso, Varese, Bergamo, Milano - risiede ormai più nelle nebbie padane che nel confortevole Botteghino. Il consiglio d' amministrazione della Scala, nel quale sono stati cooptati Alessandro Profumo e Filippo Penati su richiesta di Rutelli e del centrosinistra, è come il bollo certificato sulla «carta Milano», per lo status di Supercittà, di città metropolitana, chiave di volta ineludibile per il rilancio del paese, per l' archiviazione del disfattismo declinista.

Certo, Letizia Moratti, pur vezzeggiata da tutti, non aiuta. Per dirne una, le ultime nomine alla Sea, il recupero di arnesi leghisti che si sono già cimentati tragicamente nel disastro del trasporto aereo, nella «vaexata questio» Malpensa-Fiumicino, che pure non ha spento il sorriso di Veltroni, pesano e pesano molto. Ma in questo week-end, nella ex Stalingrado d' Italia, non saranno rose e fiori solo con la destra, neanche nel centrosinistra.

I dossier da aprire alla presenza dello stato maggiore dei presunti «Poteri forti» bancari, finanziari e industriali sono troppi e quasi sempre rivelano crepacci all' interno della maggioranza. Divisioni, invidie, marcamento dei territori tra le diverse anime della coalizione, che avvelenano il percorso di gestazione del Partito Democratico.

Dicono che nel giro di poche settimane Romano Prodi, nonostante i rovesci di popolarità, sia tornato centrale nelle grandi scelte strategiche del paese, lasciando poco spazio ai Diesse. Superintesa, l' accordo con Bernheim e la filiera francese di Mediobanca e delle Generali, Giovanni Bazoli come nuovo ispiratore e ideologo del centro cattolico, un nuovo Beniamino Andreatta, cui il «professore» suo allievo diede sempre del «lei».

Torna la «Bancapolitica» o la «Politicabanca», se mai è mancata nel peso degli equilibri, fin dai tempi di Enrico Cuccia, con il quale Prodi, da presidente dell' Iri e titolare delle cosiddette banche d' interesse nazionale, ingaggiò una lunga e dolorosa sfida. E Capitalia e il Monte dei Paschi e i templi del potere finanziario che stanno più a cuore a D' Alema e a Fassino, pur in periclitante sintonia.

E le cooperative ferite da Consorte e dalla vicenda dei «furbetti». «A Sesto San Giovanni è anche importante capire perché le cooperative sono andate bene in una fase in cui l' economia italiana in generale è andata male», annuncia Pier Carlo Padoan, direttore della Fondazione "Italianieuropei". Ma fosse soltanto il caldissimo dossier bancario, compresa la nuova diatriba tra Diesse e Margherita sulle Fondazioni innescata da Latorre, a riscaldare gli animi nella maggioranza di centrosinistra, sarebbe poco.

Prendiamo l' energia. Il presidente dell' Eni Paolo Scaroni, che prima stava con Bruno Ermolli e Gianni Letta e Berlusconi, sembra convertito fortemente al prodismo. Ha rinnovato il contratto con Gazprom, caro nei decenni passati all' ex Pci, riuscendo dove non era riuscito Berlusconi, e auspice Prodi ha chiuso gli affari con l' Algeria, mentre D' Alema si occupava di grandi questioni politiche internazionali. Angelo Rovati, segato per il progetto Telecom, accompagna la moglie di Chirac in giro per Lucca.

L' Alitalia, mentre tutti dicono la loro - italianità, non italianità, socio europeo, socio orientale o nessun socio - è sul tavolo del premier e solo sul suo, con la difesa, finora, dell' indifendibile Giancarlo Cimoli. Come «Sviluppo Italia» l' «iretto», nel senso di piccolo Iri, dove il governo Berlusconi aveva collocato 350 incredibili «famigli» come amministratori ben retribuiti. Ora si cambia, si dimagrisce, ma non si chiude.

Si dimagrisce e si cambia. Magari Prodi, nel tentativo di recupero del Nord, sbaglia a liquidare la «Città metropolitana» di Milano. Ma sulle questioni strategiche c' è. Sulla specifica «Questione settentrionale», invece, forse il think tank dalemiano, anche schierando Bersani, ha più chances di lui.

Non era proprio D' Alema a smitizzare «il piccolo è bello» inventato trent' anni fa da Prodi e, citando Antonio Gramsci, a invocare l' innovazione delle struttura finanziaria del paese, dismettendo finalmente la presenza pubblica nell' economia? Piazza San Giovanni e Sesto San Giovanni, da domani, in un ribaltone di stili, vanno in scena le ragioni ambrosiane e le ragioni italiane, con una piazza di popolo a destra e un pensatoio di classe dirigente a sinistra.

 

MATTEO RENZI A PORTA A PORTA - SULLO SFONDO BERSANIRENZI E BERSANI sagomejpeg jpegPIERLUIGI BERSANI E MATTEO RENZI BERSANI RENZIGORI E RENZI GIORGIO GORI DURANTE IL 'BIG BANG' DI RENZIDAVIDE SERRAANTONIO FAZIO Stefano Ricucci Corrado Passera e Alessandro ProfumoMAZZOTTAe Paolo Scaroni LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO FILIPPO PENATI

Ultimi Dagoreport

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…

sergio mattarella guido crosetto galeazzo bignami adolfo urso giorgia meloni

FLASH! - SULLA QUESTIONE GAROFANI-BELPIETRO, RIMBOMBA IL SILENZIO ASSORDANTE DI GUIDO CROSETTO. CHE LA LINEA DEL MINISTRO DELLA DIFESA E COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA SIA PIÙ IN SINTONIA CON IL COLLE CHE CON I CAMERATI DI “PA-FAZZO” CHIGI DI VIA DELLA SCROFA, NON È UNA NOVITÀ. D’ALTRONDE, NEL 2022 FU MATTARELLA A VOLERE CROSETTO ALLA DIFESA, DOPO AVER BOCCIATO IL NOME DI ADOLFO URSO PROPOSTO DA MELONI. ED È SEMPRE STATO CONSIDERATO UN “INTERLOCUTORE” DEL COLLE, TANT’È CHE GUIDONE SMISE DI PARTECIPARE  AI CONSIGLIO DEI MINISTRI POICHÉ TUTTI DAVANTI A LUI TENEVANO LA BOCCUCCIA CHIUSA…

maurizio belpietro giorgia meloni galeazzo bignami francesco saverio garofani sergio mattarella

GIORGIA MELONI NON ARRETRA! DOPO L'INCONTRO AL QUIRINALE CON MATTARELLA, LA DUCETTA HA RIBADITO LA VERSIONE DEL CAMERATA GALEAZZO BIGNAMI: “RAMMARICO PER LE PAROLE ISTITUZIONALMENTE E POLITICAMENTE INOPPORTUNE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI” – AL CONSIGLIERE DI MATTARELLA SARÀ SFUGGITA UNA PAROLA DI TROPPO, MA DA UNA BANALE OSSERVAZIONE POLITICA SUL CENTROSINISTRA AL GOLPE QUIRINALIZIO, CI PASSA UN OCEANO – PERCHÉ BELPIETRO NON PUBBLICA L'AUDIO IN CUI GAROFANI EVOCAVA UN “PROVVIDENZIALE SCOSSONE” (AMMESSO CHE LO "SCOSSONE" NON SI RIFERISSE AL CENTROSINISTRA)? SE LO FACESSE, LA QUESTIONE SAREBBE CHIUSA: PER GAROFANI SAREBBE DIFFICILE RESTARE AL SUO POSTO – IL QUIRINALE AVEVA FATTO SAPERE CHE DOPO L’INCONTRO CI SAREBBE STATO UN COMUNICATO. PER ORA L’HA FATTO LA MELONI: CI SARÀ UN’ALTRA NOTA DAL COLLE? - BIGNAMI INSISTE: "CI HA SORPRESO LA REAZIONE SCOMPOSTA DEL PD, GAROFANI HA CONFERMATO I CONTENUTI E NON HO VISTO PIATTI VOLARE DAL QUIRINALE..."