1. "MINCIONE UTILIZZA L'OBOLO PER I SUOI FINI" IL VATICANO SAPEVA DEL BLUFF ALMENO DAL 2016
Gianluca Paolucci per ''la Stampa''
La Segreteria di Stato sapeva tutto da tempo. Sapeva almeno dal 2016 che il fondo Athena di Raffaele Mincione presentava una serie di aspetti problematici legati agli investimenti in conflitto d'interesse e alla opacità della gestione. E ha sempre saputo anche degli investimenti fatti dal fondo maltese Centurion, da Italia Independent al film Rocketman sulla vita di Elton John.
Fondo nel quale doveva entrare anche monsignor Mauro Carlino, uno dei protagonisti dello scandalo, appena due mesi prima del suo siluramento. Nonostante gli allarmi però sono passati quasi due anni prima di decidere di uscire da Athena prendendo la proprietà del palazzo di Sloane Avenue e due anni e mezzo per arrivare all'avvio dell'indagine che ha causato e continua a causare un vero e proprio terremoto in Vaticano.
La genesi del terremoto è una lettera del 25 ottobre 2012, firmata («irritualmente», dice una delle fonti interpellate) da Angelo Becciu, con la quale l'allora sostituto chiede ai consulenti della Segreteria di Stato di valutare «in via strettamente confidenziale e riservata» la fattibilità dell'investimento di 250 milioni dell'obolo di San Pietro nel petrolio angolano della Falcon Oil di Antonio Mosquito.
Prendendo contatto con i manager della Falcon Oil e «definendo ogni possibile garanzia per il buon esito dell'operazione, che dovrà essere certa, garantita e discreta». Non è andata così, come noto, soprattutto per la discrezione. Sta di fatto che quell'investimento non viene giudicato fattibile e i fondi vengono dirottati sulla Wrm di Mincione. Una serie di documenti visionati da La Stampa mostrano come fin dal maggio del 2016 Enrico Crasso, già gestore «di fiducia» dei fondi della Segreteria, avesse scritto a Alberto Perlasca, all'epoca a capo dell'Ufficio amministrativo della Segreteria, per metterlo in guardia sulle opacità della gestione del fondo Athena, sul quale erano confluiti nel dicembre 2014 circa 250 milioni di dollari della Segreteria di Stato.
Lo stesso Crasso che il 12 gennaio 2017 scrive, su richiesta della Segreteria, una nota analitica sulla performance di Athena indirizzata a Perlasca e a Fabrizio Tirabassi, ex funzionario della Segreteria e uno dei protagonista dello scandalo. Nella nota si segnala «l'anomalia» di una gestione caratterizzata da «utilizzo dei fondi del cliente (cioè del Vaticano) per i fini del gestore (ovvero la società di Mincione)». Come i prestiti obbligazionari emessi da società di Mincione, che «sta pagando di interessi meno di una multinazionale europea» o un'obbligazione con sottostante azioni Bpm che di fatto erano prestiti alla stessa società di gestione.
E ancora come Athena avesse «trascurato» l'invito a concordare preventivamente le scelte d'investimento e come tutto ruotasse intorno - già dalla fine del 2016 - al buon esito della vendita del palazzo di Sloane Avenue. Eppure, il caso dentro alle mura vaticane esploderà solo nell'estate del 2018, quando a Becciu subentra Edgard Pena Parra. L'indagine parte però solo l'anno successivo.
Per deflagrare poi nell'autunno del 2019, quando del caso dell'investimento londinese scrive l'Espresso. Il fondo Centurion, dopo aver cambiato gestori e società di gestione, continua a portare avanti i propri investimenti. Come quello in un palazzo di via Quarnaro a Genova, dal quale è uscito nei mesi scorsi con una ottima plusvalenza sui 2, 5 milioni investiti. Con una lettera del 29 luglio 2019 Pena Parra, che dall'agosto 2018 ha preso il posto di Becciu, dà il suo assenso all'ingresso di don Mauro Carlino, ex segretario di Becciu, nel board degli «uditori» del fondo Centurion, rinominato e trasferito in Lussemburgo.
E di Luca Del Fabbro, allora presidente di Snam, nel team di gestione (in conflitto d'interesse, perché legato a uno degli investimenti del fondo, il sito Abbassalebollette). Il 2 settembre, Dal Fabbro e Carlino si trovano per parlare dell'investimento nella Giochi Preziosi. Il trasferimento in Lussemburgo non si farà. Un mese dopo, il 2 ottobre, Carlino e Tirabassi vengono messi alla porta: lo scandalo esplode.Dopo un anno, restano ancora molti punti oscuri.
2. BONIFICI PER UN MILIONE ALLA DAMA DEL CARDINALE
Michela Allegri per ''Il Messaggero''
I soldi usciti dalle casse della Segreteria di Stato e finiti sui conti di società riconducibili alla manager cagliaritana Celilia Marogna sarebbero molti di più di quelli emersi finora. Non solo bonifici per 500mila euro, destinati a presunti fini umanitari e in parte utilizzati per sedute di shopping nelle boutique di lusso. Dagli accertamenti della Gendarmeria sarebbe emerso che una somma altrettanto consistente sarebbe uscita dalle casse vaticane e sarebbe stata bonificata a favore della donna.
O meglio: sui conti di società a lei riconducibili e considerate sospette. Circa un milione di euro, quindi. È questa la cifra sulla quale stanno indagando gli inquirenti, che stanno cercando il denaro nelle casse di almeno tre società che sarebbero vicine alla Marogna: una in Slovenia, una in Inghilterra e un'altra, probabilmente, in Germania, visto che una parte del denaro sarebbe stata accreditata su un conto tedesco. Ma sul punto gli accertamenti sono ancora in corso.
L'ARRESTO
La Marogna è stata fermata due giorni fa a Milano dalla Finanza, su richiesta del Vaticano che aveva spiccato un mandato d'arresto internazionale coinvolgendo anche l'Interpol. Il promotore di giustizia Gian Piero Milano e l'aggiunto Alessandro Diddi la accusano di peculato per distrazione di beni e appropriazione indebita aggravata. La Marogna non si sarebbe mossa da sola: nel capo di imputazione c'è scritto che avrebbe agito in concorso con persone allo stato ignote. La donna si era accreditata in Vaticano come esperta di questioni geopolitiche e mediazioni internazionali.
Negli ultimi anni avrebbe acquisito la fiducia dell'ex sostituto della Segreteria di Stato, Angelo Becciu, che ora sostiene di essere stato raggirato. Proprio grazie all'appoggio del cardinale - che in settembre, su richiesta di Papa Bergoglio, si è dimesso da prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e ha rinunciato ai diritti del cardinalato - avrebbe ricevuto dalla Santa Sede il denaro. I bonifici sarebbero stati firmati quando a Becciu era già succeduto come Sostituto agli Affari generali monsignor Edgar Pena Parra, ma sarebbe stato proprio l'ex prefetto per la Congregazione delle Cause dei Santi a chiedere a monsignor Alberto Perlasca, all'epoca a capo dell'ufficio amministrativo della SdS, di onorare gli accordi con la Logsic, la società della Marogna con sede a Lubiana. La causale dei bonifici era sempre la stessa: «Operazioni umanitarie».
Presunte missioni segrete in Asia e Africa, comprese trattative per la liberazione di missionari rapiti. Invece, parte dei soldi sarebbe stata utilizzata per comprare borsette, cosmetici e altri beni di lusso.
L'ESTRADIZIONE
La manager cagliaritana si trova ora nel carcere di San Vittore. A breve dovrà sottoporsi all'interrogatorio di convalida. Poi partirà la procedura per l'estradizione in Vaticano. A pronunciarsi, in una scelta senza precedenti, sarà la Corte d'appello di Milano. Entro cinque giorni dalla decisione sulla convalida dell'arresto e sull'eventuale misura cautelare, la Marogna dovrà essere interrogata dai magistrati della quinta sezione penale d'appello. Nel frattempo, attraverso il Ministero della Giustizia, dovranno arrivare dal Vaticano gli atti dell'indagine a carico della manager.
Edgar Pena Parra CECILIA MAROGNA