renzi conte bellanova

L'ULTIMO RIM-PASTO - E SE CAMBIARE IL GOVERNO FOSSE L'UNICA ARMA IN MANO A CONTE PER EVITARE LA CRISI DELLA MAGGIORANZA SUBITO DOPO IL VARO DELLA FINANZIARIA? IL PD VUOLE I DUE VICEPREMIER PER LIMITARE LO STRAPOTERE DEL PREMIER, RENZI VUOLE ELIMINARE LA CABINA DI REGIA SUL RECOVERY FUND. LUI DICE IL CONTRARIO, MA ALLA FINE AVRÀ PURE UN ALTRO MINISTERO

 

1 - TENAGLIA PD-IV SU CONTE «SI È PRESO TROPPI POTERI» E AI GRILLINI: BASTA COI VETI

Marco Conti per “il Messaggero

 

Nessuno lo chiede, i grillini non lo vogliono, ma alla fine il rimpasto di governo sembra essere l'unica arma in mano al premier Giuseppe Conte per tentare di chiudere la verifica ed evitare la crisi della maggioranza subito dopo il varo della legge di Bilancio. Il presidente del Consiglio non scopre però le carte e non vuole inimicarsi pezzi del M5S, ma è difficile che l'exit strategy della verifica, iniziata ieri, possa limitarsi ad una nuova governance del Recovery fund o la stesura di un cronoprogramma che metta in fila le cose da fare.

MATTEO RENZI GIUSEPPE CONTE

 

IL PALO

Eppure il ritocco della squadra di governo anche il Quirinale non lo troverebbe strano. Ma poichè persiste in Sergio Mattarella la convinzione che in piena pandemia sarebbe una iattura per il Paese aprire una vera e propria crisi di governo, sul Colle si spera in piccoli aggiustamenti che non riguardino i dicasteri più importanti. In assenza di ritocchi al governo, per evitare che la crisi si avviti, occorrerebbe almeno un colpo d'ala in modo da evitare da subito l'esercizio provvisorio - visto che la legge di Bilancio è ferma al palo - e che si continui poi a discutere all'infinito di Alitalia, Autostrade, Ilva o che ritorni sul tavolo anche la Tav, come ieri sollecitato dai grillini delle commissioni Trasporti di Camera e Senato.

 

di maio zingaretti conte

Il problema è che il colpo d'ala non si vede all'orizzonte e Conte, malgrado sia molto preoccupato, continua a minimizzare affastellando a palazzo Chigi più veti che nuove idee. In attesa del decisivo incontro di stamane con la delegazione di Italia Viva guidata da Matteo Renzi, ieri il presidente del Consiglio ha ricevuto a palazzo Chigi quella del M5S e del Pd. Dalla folta delegazione grillina, composta dal reggente Crimi, dai ministri Di Maio, Bonafede e Patuanelli e dai capigruppo Licheri e Crippa, Conte ha raccolto una serie di punti che rappresentano il minimo comune denominatore di un Movimento dove ormai si procede in ordine sparso.

 

Oltre a mettere le mani avanti dicendosi «indisponibili» a modifiche nella struttura del governo, Crimi ha elencato le bandiere che non intendono ammainare e che vanno dalla revoca delle concessioni autostradali, al rifinanziamento del Reddito di cittadinanza, passando per il no all'attivazione del Mes, alla legge sul conflitto d'interessi. Dal salario minimo alla legge sulle lobby. Punti noti ma che servono ai grillini per prepararsi all'ondata di richieste di Pd, Iv e Leu.

 

matteo renzi al senato

Con i dem, e forse ancor più oggi con Iv, la musica però cambia e all'elenco dei tanti dossier aperti e mai chiusi si è aggiunto il «problema di metodo» che investe in primis l'inquilino di palazzo Chigi accusato di accentrare su di sé e i suoi stretti collaboratori, un potere eccessivo e mal esercitato. Anche la composizione della delegazione dem risente del diverso giudizio che al Nazareno viene dato all'operato dell'esecutivo-Conte. Con Nicola Zingaretti salgono a palazzo Chigi il capo-delegazione Dario Franceschini, che più di tutti si oppone ad un rimescolamento delle deleghe, il vicesegretario Andrea Orlando - da sempre molto critico - e i capigruppo Delrio e Marcucci a rappresentare l'insofferenza dei parlamentari.

 

La struttura piramidale proposta da Conte per gestire i fondi del Next Generation Ue è stata molto smontata, anche se i renziani spingono affinchè si archivi anche la cabina di regia e si proceda con una unità di missione, alle dipendenze del Mef o di palazzo Chigi, e che risponda al consiglio dei ministri. Ma nella richiesta di «cambio di passo» avanzata più volte da Zingaretti si legge l'esigenza dei dem di voler affiancare il premier, a palazzo Chigi, con uno o più sottosegretari qualora non voglia avere due vice.

 

ZINGARETTI - CONTE - DI MAIO

Senza contare che al Nazareno ancora attendono il rispetto del patto di legislatura che comprendeva il via libera al taglio dei parlamentari seguito però dalla legge elettorale e da un pacchetto di riforme costituzionali. Purtuttavia non è solo alla delega ai servizi che punta il Nazareno, ma anche ad entrare nei meccanismi che a loro parere ingessano Conte il quale è da sempre molto attento agli umori interni al Movimento e al posizionamento del ministro degli Esteri Di Maio il quale, ieri, si è unito alla delegazione grillina proprio per non dare a Conte ulteriore spazio nel M5S.

 

Ai renziani le contorsioni interne al Movimento poco interessano e oggi alzeranno ancor più la posta senza chiedere rimpasti o posti di governo. Renzi non crede ci sia spazio per elezioni anticipate a febbraio, ma il prezzo che intende far pagare a Conte per restare a palazzo Chigi rischia di essere pesante. Per l'avvocato del popolo e per una parte del M5S.

 

 

2 - M5S E PD A PALAZZO CHIGI I LEADER: NON C'È RIMPASTO VOCI SU UN MINISTERO A IV

Emanuele Buzzi per il “Corriere della Sera

 

Il rimpasto, convitato di pietra negli incontri tra il premier e i partiti di governo, rimane uno spettro che aleggia su Palazzo Chigi. Mezza maggioranza lo cerca, l'altra metà prova a evitarlo, tutti, ma proprio tutti - almeno a parole - lo dribblano. «Discutere di rimpasto è surreale», tagliano corto il reggente M5S Vito Crimi e Luigi Di Maio. «Non ne abbiamo parlato», assicura il segretario dem Nicola Zingaretti. E anche la renziana Maria Elena Boschi ribadisce che per Italia viva «non è assolutamente all'ordine del giorno». Eppure i rumors di palazzo continuano a registrare indiscrezioni come quella che vede Andrea Orlando al Mise e Stefano Patuanelli, attuale ministro dello Sviluppo economico, ai Trasporti e le Infrastrutture.

maria elena boschi a otto e mezzo

 

Trame che puntualmente vengono smentite. Ma le fibrillazioni restano forti. E gli incontri per la verifica dell'esecutivo ne sono la prova. Il premier Giuseppe Conte vede M5S e dem. Vertici che lo tengono impegnato per quasi cinque ore (tre solo con il Movimento). All'uscita parole di incoraggiamento. «Crediamo che l'azione di governo debba andare avanti», dice Zingaretti, che parla di «un incontro utile». Stessa linea per Crimi: «Abbiamo rilanciato sui temi». Mentre Di Maio dice «stop alle polemiche» e spiega: «Abbiamo chiesto rispetto su misure molto importanti come il rinnovo dell'ecobonus, il conflitto di interessi, lo stop alle trivelle e l'abbassamento delle tasse». L'appuntamento decisivo per il governo è oggi alle 13, quando Matteo Renzi con la delegazione di Italia viva incontrerà Conte. Il clima è tutt' altro che sereno.

 

Boschi, intervenendo al Tg4 , non ha risparmiato un'altra stoccata al presidente del Consiglio. «Crediamo che ci siano degli errori nel piano sul Recovery. È giusto scegliere insieme come spendere e non può essere un uomo solo, il premier, a deciderlo». Ma il Movimento è pronto a puntare i piedi sul ruolo di garanzia del premier. «Pronti a difendere anche la cabina sul Recovery fund», dicono i pentastellati, anche se Crimi lascia intravedere qualche spiraglio di concertazione: «Abbiamo parlato naturalmente anche del Recovery fund. Tutti i ministri devono essere messi in condizione di approfondire i progetti presentati».

 

E c'è chi cerca di allontanare lo spettro di un governissimo ricordando che «in ogni caso tutti i governi di cui il Movimento ha fatto parte hanno passato il vaglio della votazione su Rousseau». L'ipotesi di un governissimo resta - per ora - sullo sfondo, mentre tra gli ambienti dell'esecutivo avanza una voce che suona come una ipotesi sul tavolo per conciliare le posizioni.

maria elena boschi ivan scalfarotto teresa bellanova

 

La «mediazione» prevederebbe un doppio passaggio. Il renziano Ivan Scalfarotto, allo stato attuale sottosegretario agli Esteri, potrebbe approdare con alto incarico dirigenziale al Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio con sede a Ginevra. L'eventuale nomina di Scalfarotto al Wto avrebbe poi un effetto domino sull'esecutivo, con ricadute indirette e una sorta di «upgrade» per i renziani. Italia viva infatti - perso un sottosegretario - si vedrebbe assegnare un nuovo ministero nel governo giallorosso. Un'ipotesi però che prima di tutto dovrà trovare il placet di Renzi.

 

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