renzi berlusconi napolitano presepe

ALTRO CHE “MANINA”, LA NORMA SALVA-BANANA L’HA VOLUTA RENZI A BRACCETTO CON IL QUIRINABILE PADOAN - E ORA PER NASCONDERE L’INCIUCIONE COL BANANA, I RENZIANI SI ATTEGGIANO A COGLIONCELLI: “CI E’ SFUGGITA”, “LEGGEREZZA SPAZIALE”

Antonella Baccaro Marco Galluzzo per Corriere.it

 

matteo renzi pier carlo padoanmatteo renzi pier carlo padoan

La tesi della «manina», del fantasma di Palazzo Chigi, del giallo del rimpallo di responsabilità fra ministero dell’Economia e staff del premier, si rincorre per tutto il giorno. Ma alla fine è lo stesso Renzi a metterla a tacere. A chi lo chiama, a chi chiede spiegazioni, nel pomeriggio, il capo del governo dice che non c’è alcun mistero, che la norma incriminata l’ha voluta lui, è stata condivisa con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, discussa con gli altri ministri, che fa parte dello spirito del provvedimento.


Nel governo, più o meno nelle stesse ore, c’è chi dice che si è trattato di «una leggerezza spaziale». C’è chi aggiunge, con una punta di imbarazzo, anche a Palazzo Chigi, che semplicemente, la norma, «ci è sfuggita».

 

silvio berlusconisilvio berlusconi

Ovviamente nessun ci fa una grande figura: un Consiglio dei ministri composto da politici e tecnici ha discusso di una norma su un reato delicato, sensibile, controverso, su cui il Cavaliere ha ricevuto una condanna appena nel 2013 e nessuno si è accorto di nulla. Nessuno ha avuto nulla da obiettare. Una versione per certi tratti verosimile, visto che in quella stessa riunione fu dedicato molto più tempo al Jobs act. Ma resta «la leggerezza», tanto macroscopica da infuocare il clima politico, e alla fine l’ammissione della stessa.


Questione chiusa? Mica tanto. La tensione provocata dalle polemiche sorte intorno alla norma che, secondo alcune interpretazioni, regalerebbe a Berlusconi l’agognato rientro a pieno titolo nella gara elettorale, ha alimentato per tutto il giorno veleni e sospetti che emergono, qua e là, nelle versioni alcune concordanti, altre meno, sulla genesi della norma e sul suo obiettivo. Basta riavvolgere il nastro.

 

La prima scena si svolge al ministero dell’Economia, dove il lavoro preparatorio sul decreto si è concluso il giorno prima del Consiglio dei ministri della vigilia di Natale. Sui giornali c’erano già state polemiche su alcune bozze circolate del decreto fiscale, ma avevano riguardato l’innalzamento della soglia di punibilità della dichiarazione infedele da 50 mila a 150 mila euro. Della famigerata soglia del 3%, quella al di sotto del quale si guadagnerebbe l’impunità, nessuno aveva mai sentito parlare.

Luigi 
Casero
Luigi Casero


«Fino al 23 dicembre mattina quella norma non c’era - conferma il sottosegretario Enrico Zanetti -. Il 24 io non c’ero, il 25 e 26 mi sono dedicato alla famiglia, ma poi il giorno dopo sono andato a leggermi il testo del decreto direttamente sul sito web del governo». E lì si è accorto della novità, sollevando l problema. Il viceministro Luigi Casero concorda: «Neanche io ho sentito mai parlare di una soglia del 3% prima di vedere il testo uscito dal Consiglio dei ministri, quando ormai ero tornato a Milano. Del resto non è stata l’unica novità: ce ne sono almeno 3 o 4 rispetto alla versione che avevamo licenziato».


Padoan ieri non ha parlato, né il suo portavoce ha fornito spiegazioni sulla dinamica della vicenda. Alla domanda se il ministro difenda o meno la norma incriminata, si è limitato a rispondere che «non c’è una posizione nel merito della norma ma una disponibilità a valutare gli effetti della sua applicazione».

 

Cioè? «Il principio discusso in Consiglio dei ministri va salvato: è opinione diffusa che così come sono oggi le norme consentono a quelli “bravi a evadere” di sfuggire, mentre vengono colpiti comportamenti di rilevanza minore».

Enrico Zanetti sottosegretario al Ministero dell'Economia e delle FinanzeEnrico Zanetti sottosegretario al Ministero dell'Economia e delle Finanze

 

Proprio di questo si sarebbe parlato in un Consiglio dei ministri che i presenti, a dire il vero, ricordano più per l’animata discussione sul Jobs act. Un ministro, che in Consiglio c’era, rammenta che Padoan presentò il testo del decreto ma che Renzi aprì una discussione su alcuni punti per aumentare, in alcuni casi, e diminuire, in altri, le sanzioni. Si parlò delle ricadute della norma del 3% su Berlusconi? Il ministro giura di no.


Alla fine il testo rimaneggiato ottenne l’approvazione «salvo intese» per consentire agli uffici di verificare le compatibilità normative della nuova versione. Cosa che si sarebbe fatta al termine del Consiglio, finito alle 15.45, nel pomeriggio del 24, a Palazzo Chigi, dove l’ufficio legislativo guidato da Antonella Manzione stese la versione definitiva insieme a esponenti del ministero della Giustizia e dell’Economia e non si sa se c’era anche qualcuno del gabinetto di Renzi.


Il testo del decreto appare sul sito del governo già il 24 sera. L’attenzione si sposta dunque sul gabinetto che ha steso il testo finale: qualcuno dei tecnici era più consapevole degli altri delle possibili ricadute della norma? Sul punto resta il mistero. Certo, il rimpallo delle prime ore viene in qualche modo depotenziato dall’assunzione di responsabilità del premier.

Antonella  Manzione Antonella Manzione

 

Il testo del Mef è stato cambiato, Palazzo Chigi vi ha apportato almeno quattro o cinque modifiche, «ma Padoan le ha condivise tutte», e poi «è del tutto normale che in sede di approvazione un testo venga in qualche modo modificato per essere migliorato».


Se ai suoi uffici dice di respingere qualsiasi insinuazione «strampalata» di scambi con l’ex premier, se in tv va a spiegare che il provvedimento sarà fermato, rivisto e inviato alle Camere solo dopo l’elezione del capo dello Stato, per fugare ogni dubbio di «inciucio», a chi gli parla nella giornata, in sostanza il capo del governo ammette che è stato fatto un errore, che ci si trova di fronte a una svista, per quanto macroscopica. Basterà a fugare tutte le ombre?

 

Ultimi Dagoreport

gaza giorgia meloni donald trumpm benjamin netanyahu

QUANTO A LUNGO PUÒ ANDARE AVANTI IL TRASFORMISMO CHIAGNE E FOTTI DI GIORGIA MELONI DECLINATO IN SALSA ISRAELO-PALESTINESE? - L’ITALIA HA DATO IL SUO VOTO FAVOREVOLE AL RICONOSCIMENTO DI "DUE POPOLI, DUE STATI" ALL'ASSEMBLEA DELL'ONU DEL 22 SETTEMBRE - MA, FRA UNA SETTIMANA, SU INIZIATIVA DI FRANCIA E ARABIA SAUDITA, IL CONSIGLIO DELL'ONU E' CHIAMATO A VOTARE IL RICONOSCIMENTO DELLO STATO PALESTINESE: CHE FARA' LA "GIORGIA DEI DUE MONDI"? - FRANCIA, AUSTRALIA, BELGIO, CANADA, FINLANDIA, MALTA, PORTOGALLO E REGNO UNITO ENTRERANNO A FAR PARTE DEI 147 STATI DEI 193 MEMBRI DELL’ONU CHE RICONOSCONO LA PALESTINA - DIMENTICANDO PER UN MOMENTO LE STRAGI DI GAZA, LA PREMIER VOTERA' CONTRO O SI ASTERRA' PER COMPIACERE TRUMP E L’AMICO NETANYAHU? TROVERA' IL CORAGGIO DI UNIRSI AL RESTO DEL MONDO, VATICANO COMPRESO? AH, SAPERLO...

giorgia meloni vox ursula von der leyen santiago abascal

DAGOREPORT - SE I MEDIA DI CASA NOSTRA, DEL VIDEO-MESSAGGIO DI GIORGIA MELONI ALL'EVENTO MADRILENO DI VOX, HANNO RIPRESO SOLO LA PARTE DEL DISCORSO RIGUARDANTE L’ASSASSINIO DI CHARLIE KIRK, SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO COME MARTIRE DELL’ODIO E DELLA VIOLENZA DELLA SINISTRA, I CAPOCCIONI DI BRUXELLES HANNO SBARRATO GLI OCCHI PER UN ALTRO MOTIVO - CHE CI FACEVA LA MELONI, EX PRESIDENTE DEL GRUPPO DEI CONSERVATORI EUROPEI ALL’EVENTO “EUROPA VIVA 2025” DI VOX, IL PARTITO DI ESTREMA DESTRA SPAGNOLO CHE DAL 2023 È STATO ARRUOLATO DA “PATRIOTI PER L’EUROPA”, L’EUROGRUPPO ANTI-UE CREATO DAL DUCETTO UNGHERESE E FILO-PUTINIANO, VIKTOR ORBAN, DI CUI FA PARTE ANCHE LA LEGA DI SALVINI? - ALLA FACCIA DEL CAMALEONTISMO DELLA “GIORGIA DEI DUE MONDI”, BASCULANTE TRA UN VIAGGETTO E UN ABBRACCIO CON I DEMOCRISTIANI TEDESCHI URSULA VON DER LEYEN E FEDRICH MERZ, A CATALIZZARE L’IRRITAZIONE DEI VERTICI DELL’UNIONE È STATO IL TEMA DELL'EVENTO DI VOX CHE, TRA DIBATTITI SU IMMIGRAZIONE ILLEGALE, LAVORO, CASA E SICUREZZA, SPUTAVA IN FACCIA AI POTERI FORTI DI BRUXELLES - LA MANIFESTAZIONE DI VOX HA DIMOSTRATO, PER L’ENNESIMA VOLTA, L’ISTRIONICA PERSONALITÀ DI COMUNICATRICE DELLA PREMIER ALLA FIAMMA. TALENTO LATITANTE TRA I NUMEROSI GALLI DEL  CENTROSINISTRA... - VIDEO

FLASH! – MENTRE SVANISCE LA MILANO DEI ‘’POTERI FORTI’’ E DEI “SALOTTI BUONI”, FINITI SOTTO IL TALLONE DEI “BARBARI ROMANI”, SI ALZA LA VOCE DEL 92ENNE GIOVANNI BAZOLI - IL GRANDE VECCHIO, CHE INSIEME A GUZZETTI HA RIDISEGNATO IL SISTEMA BANCARIO, HA CONSEGNATO ALLA FELTRINELLI LA SUA AUTOBIOGRAFIA (LA FIGLIA CHIARA, NONCHÉ COMPAGNA DEL SINDACO DI MILANO BEPPE SALA, LAVORA ALLA FONDAZIONE FELTRINELLI) – IL LIBRO PARTE DALLA GUERRA AI NAZIFASCISMO E LA PASSIONE PER ALESSANDRO MANZONI, CONTINUA CON LA CELEBRAZIONE DI NINO ANDREATTA, LE VICENDE DEL BANCO AMBROSIANO, FINO ALLA CREAZIONE DI INTESA SANPAOLO…

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...