DISORDINE PUBBLICO – I SINDACATI DELLE FORZE DELL’ORDINE MINACCIANO IL PRIMO SCIOPERO DI SEMPRE CONTRO IL BLOCCO DEI SALARI – “RISCHIAMO LA VITA PER 1.400 EURO AL MESE” – RENZIE CAMBIERÀ VERSO?

1. “FORZE DELL’ORDINE IN RIVOLTA CONTRO IL BLOCCO DEI SALARI: “SARÀ SCIOPERO GENERALE”

V.Co. per “La Repubblica

 

Matteo RenziMatteo Renzi

Sciopero generale unitario di polizia e forze dell’ordine contro il blocco del contratto degli statali, partito nel 2010 e prorogato anche per il 2015. «Per la prima volta nella storia della Repubblica siamo costretti a dichiarare lo sciopero generale — scrivono in una nota i sindacati di categoria — verificata la totale chiusura del governo ad ascoltare le nostre esigenze per garantire sicurezza, soccorso pubblico e difesa del Paese». Le diverse sigle si vedranno oggi per decidere il da farsi. E intanto incassano una prima apertura di Palazzo Chigi. «Riceverò personalmente gli uomini in divisa, ma non accetto ricatti», fa sapere in serata il premier Renzi, in contatto continuo con il ministro dell’Interno Alfano.

 

polizia carabinieripolizia carabinieri

«Volentieri apriamo un tavolo di discussione su tutto con le forze di sicurezza che sono fondamentali per la vita dell’Italia», prosegue il presidente del Consiglio. «Ma siamo l’unico Paese che ha cinque forze di polizia. Non tocchiamo lo stipendio né il posto di lavoro di nessuno. Ne riparleremo nella legge di Stabilità».

 

Il governo cerca poi di sminuire la notizia del blocco degli stipendi pubblici, ricordando che era già previsto nel Def, il Documento di economia e finanza. E dunque «non c’è niente di nuovo». Dimenticando però di precisare che quella notizia è stata già smentita due volte, in aprile dal ministero dell’Economia e il mese scorso da Renzi stesso. Per poi essere a sorpresa confermata mercoledì dal ministro della pubblica amministrazione Marianna Madia.

polizia carabinieripolizia carabinieri

 

«Certo, con il 43% dei giovani disoccupati — insiste Renzi — minacciare lo sciopero è ingiusto». Chiusura incendiaria, dunque, di una giornata già rovente, iniziata con il tweet della Madia in cui si fa un parallelo tra il bonus da 80 euro e il mancato rinnovo contrattuale. Il bonus va «a un lavoratore pubblico su quattro», digita la Madia. Come a dire: hanno già quello. E dunque viene «prima chi guadagna meno, usciamo tutti insieme dalla crisi».

 

Frase che scatena i sindacati. «Il blocco dei contratti è incomprensibile», tuona Susanna Camusso, leader Cgil. «Si continua a colpire i soliti noti senza toccare altri interessi». «Pensate che tre milioni di lavoratori possano accettare questa condizione a lungo?», incalza Luigi Angeletti, segretario Uil. «La stragrande maggioranza non è d’accordo e avrà il diritto di dirlo: questo è l’autunno che ci aspetta». «Questa mannaia è uno scandalo intollerabile — esplode Raffaele Bonanni, segretario Cisl — ci mobiliteremo in tutta Italia».

 

 

2. “RISCHIAMO LA VITA PER 1.400 EURO AL MESE, ORA BASTA UMILIAZIONI”

Alberto Custodero per “La Repubblica

 

volanti guardi di finanzavolanti guardi di finanza

«Un poliziotto, in stato di indigenza, è stato costretto a dormire in macchina». Franco Maccari, segretario del Coisp, racconta la vita in diretta dello “sbirro” costretto alla povertà. «È un “agente scelto” di Milano, 20 anni di anzianità, 1400 di stipendio, il salario bloccato d 5 anni, l’impossibilità di fare un secondo lavoro. Dopo la separazione, è rimasto senza casa, assegnata alla moglie e ai figli, e con mezzo stipendio. Abbiamo dovuto soccorrerlo. E trovargli una stanza di emergenza».

 

Come l’”agente scelto” di Milano, ce ne sono tanti, tra le forze dell’ordine. La guardia di finanza ha addirittura creato un sistema di welfare interno per soccorrere chi non ce la fa ad arrivare alla fine del mese. A farne le spese anche un leader sindacale come Giuseppe Tiani, del Siap. «Sono stato promosso da ispettore capo a ispettore superiore. Mi hanno “rapinato” 200 euro al mese su uno stipendio, dopo 29 anni di servizio, di 1800. Noi rischiamo la vita per pochi soldi al mese. Facciamo straordinari che non ci pagano, prendiamo le botte degli immigrati».
 

steward stadiosteward stadio

Le divise sono in subbuglio e «chiedono le dimissioni dei ministri della Difesa Roberta Pinotti e dell’Interno Angelino Alfano». A farle infuriare è stato l’ulteriore proroga del blocco dei tetti salariali previsto da una legge dell’ultimo governo Berlusconi che avrebbe dovuto congelare i salari solo per il triennio 2010-13. «Poi, però — si lamenta Tiani — il blocco è stato prorogato per il 2014 e ora il ministro Madia lo ha annunciato per il 2015. Ciò che era provvisorio, sta diventando perpetuo».

 

Maccari risponde a Renzi, che accusa i poliziotti di fare ricatti. «Noi non chiediamo — spiega — il rinnovo del contratto, fermo dal 2009. Ma lo sblocco dei tetti salariali, ovvero quel meccanismo perverso per il quale non possiamo guadagnare più dell’anno precedente. Questo vuol dire che se uno viene promosso, guadagna come quando aveva il grado inferiore».

 

Dal 2010, da quando è entrata in vigore la norma, 125 dirigenti superiori (questori o dirigenti di compartimento), hanno assunto l’incarico, le responsabilità, gli oneri, ma con lo stipendio che avevano prima. Tra queste vittime del blocco che non percepiscono lo stipendio adeguato al loro attuale incarico, anche funzionari che oggi fanno i questori a Crotone, L’Aquila, Isernia, Arezzo, Siracusa, Catanzaro, Cagliari, Genova, Perugia, Cosenza, Matera, Pistoia, Reggio Emilia e Varese.
 

poliziapolizia

«Dal 2010 — rincara la dose Lorena La Spina, segretario dei Funzionari — al comparto sicurezza sono stati tagliati 5 miliardi di euro, 3,2 dei quali riguardano i nostri stipendi». Lo sciopero, va detto, è vietato per legge agli uomini in divisa e con le stellette. Ma fatta la legge, trovato l’inganno. Lo spiega Felice Romano, leader del Siulp. «Vero. Non possiamo fare sciopero. Ma è nostro diritto, però, applicare il contratto. E noi chiederemo di applicarlo alla lettera, senza più concedere deroghe». Così, si bloccherà la giustizia.

 

Ecco un esempio che spiega come e perché. «Da Reggio Calabria - dice Romano - parte un pullman con 50 migranti e 4 poliziotti diretti al Nord, un viaggio a volte di 18, 20 ore. Visto che Renzi e Madia sostengono che noi siamo statali come tutti gli altri, ci comporteremo da tali. Anziché fare il viaggio tutto in una volta, allo scadere del nostro orario, dopo sei ore, ci fermeremo. E quindi, il viaggio di un giorno durerà due o tre. Con costi alle stelle perché bisognerà dare alloggio ai poliziotti. Ma anche ai 50 migranti ».

polizia stadiopolizia stadio

 

Questo «no agli orari in deroga», come viene chiamato tecnicamente, è già scattato in mezza Italia, da Aosta a Varese, Verona, Vicenza, Genova, Bologna Brindisi Catania, Napoli Pavia e altre città. In questo modo sarà paralizzata la gestione dell’ordine pubblico. «Partita di calcio? — chiosa Felice Romano — manifestazione No-Tav? Black bloc infiltrati nei cortei? Dopo sei ore, qualunque cosa succeda, fine del servizio: tutti a casa».
«I nostri uomini — denuncia Daniele Tissone, Cgil — non ne possono più. E l’indifferenza del presidente del Consiglio dimostra profonda ingratitudine nei confronti di chi serve il Paese».

 

«Ci fanno fare migliaia di ore di straordinari — sostiene Filippo Girella, dell’Ugl — ma lo straordinario ci viene riconosciuto la metà di quanto guadagna una colf, 7 euro e 50 centesimi. Siamo costretti a subire situazioni impietose, come il poliziotto che dopo l’operazione Mare Nostrum è stato trovato positivo alla Tbc. Dobbiamo gestire il fenomeno degli immigrati senza presidi sanitari adeguati per proteggerci da eventuali contagi. Di fatto siamo diventati mano d’opera a basso costo per garantire un minimo di presidio del territorio. Ma non è questa la nostra mansione di forze dell’ordine».

 

Insieme ai poliziotti, protestano, compatti, anche i militari delle quattro forze armate, Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri, più la guardia di finanza. «Quello che certamente non credevamo — dichiara Alessandro Rumore, del Cocer dell’Arma — è che venisse negata dai politici la riconoscenza a chi, per poco più di 1300 euro al mese, è disposto a sacrificare la propria vita per il Paese».

 

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