DIVIETO D’OPINIONE – SPARISCE LA GALERA MA LA DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA RESTA UN REATO PENALE – MENTRE CON IL VILIPENDIO DEL CAPO DELLO STATO SI RISCHIANO 5 ANNI DI GALERA

Mattia Feltri per “la Stampa

 

giorgio napolitanogiorgio napolitanoFRANCESCO STORACE E MAURIZIO GASPARRI SELFIE FRANCESCO STORACE E MAURIZIO GASPARRI SELFIE

Quest’oggi - chissà se ce la fanno - in aula al Senato dovrebbe arrivare la nuova legge sulla diffamazione. Doveva arrivare ieri, e ieri doveva arrivare anche la sentenza su Francesco Storace, a processo per vilipendio del capo dello Stato - definito «indegno» sette anni fa - e sebbene nel frattempo i due si siano stretti la mano: Storace ha porto le scuse e Giorgio Napolitano le ha accettate.

 

La legge sulla diffamazione è slittata per i soliti problemi tecnici ma non è questo il punto: il punto è l’accordo, sufficientemente ampio per abolire la detenzione in carcere; tuttavia la diffamazione continuerà a essere un reato penale, con pena calcolata in multa, il che impedirà ai giornalisti - unico caso fra i professionisti italiani - di sottoscrivere un’assicurazione: siccome il reato è un dolo, e non un errore, la polizza non esiste. Ma, al di là di faccende tecniche e implicazioni pratiche, è interessante constatare che per l’ordinamento italiano le cose scritte continueranno a costituire materiale per le procure e i tribunali, invece che per un giudice civile che infligga sanzioni anche severe: risarcimenti economici, sospensioni dalla professione, arretramenti di carriera.

 
In Italia va ancora così: le diffamazioni non sono per forza reati di opinione, ma capita che lo siano. Mentre era senz’altro un’opinione quella di Storace sul presidente della Repubblica, e rivista oggi - che si distribuiscono a mezzo stampa accuse di intelligenza con la mafia, golpismo, ambizioni dittatoriali - fastidiosa ma nemmeno troppo ardita. Ora si alzano qua e là, da destra e sinistra, parlamentari di puntualissima indignazione che propongono la fine del reato di vilipendio. Si è atteso, come sempre, il giorno del processo, poi rinviato di due mesi che dovranno servire per sistemare la questione in Parlamento.

 

fila di giornalisti al buffetfila di giornalisti al buffet

Infatti Storace ha anticipato che rinuncerà alla condizionale, se gli fosse concessa, e che espierà l’eventuale condanna in galera: è un tema di civiltà e o lo si pone così o sarà trascurato per qualche altro lustro. 


Non è stupefacente che accada in un paese culturalmente portato a considerare le opinioni altrui il frutto di corruzione o devianza. Una decina di giorni fa, al Circo Massimo, quattro attivisti del Movimento cinque stelle sono saliti sul palco - una specie di occupazione flash - per chiedere un minimo di trasparenza e qualche regoletta nella vita di partito. Ieri sono stati espulsi dal Movimento, giusto in applicazione dell’unica regola conosciuta: chi non ci sta va fuori dai piedi, come disse tempo fa Beppe Grillo impegnando termini più popolari.

 

L’aspetto affascinante della cacciata sta nella motivazione: «Hanno disatteso ai loro compiti di responsabili della sicurezza del palco occupando il palco stesso». Ma il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, ha parlato di «reato di opinione». Lui, che qualche opinione sull’organizzazione del movimento ce l’ha, e non l’ha potuta esprimere perché, un impiccio o l’altro, nella tre giorni romana non gli è misteriosamente riuscito di parlare.

Giornalisti Giornalisti

 

Le opinioni sono scandalose. Sono frutto di tradimento, parto di prezzolati. E non è che in Forza Italia o nel partito democratico si vada tanto meglio: lì è stato recuperato il centralismo democratico, e cioè in Parlamento si vota tutti allo stesso modo, e chi disubbidisce va punito. Il vicesegretario del Pd, Debora Serracchiani, arrivò a sostenere la novità filosofica secondo cui l’abolizione del Senato - cioè la più importante riforma della storia repubblicana - non rientrava nei casi di coscienza del parlamentare.

 

 Intanto in Forza Italia si continuano a regolare i rapporti interni secondo criteri di gratitudine, per cui chi si mette contro il capo non è il titolare di un’idea ma un irriconoscente. E in questo ambito di maturità che si arrivò a discutere del reato di negazionismo, con pene carcerarie per chi, per esempio, sostiene che l’Olocausto non c’è mai stato: una tesi piuttosto odiosa, ma la libertà di opinione dovrebbe esistere proprio per tutelare le opinioni più idiote, altrimenti non si capisce a che. Poi la legge non si fece: chi dice che le Torri Gemelle la ha buttate giù George W. Bush deve finire in cella? Per fortuna non furono capaci di venirne a capo.

 

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