IL FURBETTO BERSANIANO! ARRIVA LA PRESCRIZIONE PER PENATI E IL SISTEMA SESTO: AVEVA GARANTITO CHE AVREBBE RINUNCIATO, MA AL MOMENTO CLOU NON SI È PRESENTATO IN AULA

1 - LE PROMESSE TRADITE
Liana Milella per "La Repubblica"


Dire che Filippo Penati è un gran furbetto è fargli un complimento. Sulla rinuncia alla prescrizione aveva assunto un impegno, giudiziario, politico, morale. Lui, uomo in vista nel Pd, fino a essere il braccio destro di Bersani, aveva dato la sua parola. Aveva garantito che non si sarebbe avvalso della legge Severino, una legge profondamente sbagliata, che ha scisso il reato di concussione e ne ha "figliato" uno assai più debole, la corruzione per induzione, meno punito e quindi più rapidamente prescrivibile.

Una modifica che ha diviso il Pd e che ha attirato sospetti su chi era favorevole. Quando la legge è stata approvata, se ne sono compresi subito i frutti avvelenati. S'è fatto il conto dei processi che sarebbero saltati ed è venuto a galla il caso Penati. È così serpeggiato il dubbio che la modifica della prescrizione potesse portare anche il suo nome. Penati, già sotto processo, ha subito gridato che l'accusa era infondata, perché lui, al momento giusto, avrebbe pronunciato la magica parola "io rinuncio".

Invece, quando il giorno giusto è arrivato, quando il giudice ha chiesto se Penati rinunciava alla prescrizione, l'ex presidente della Provincia di Milano non c'era. Ormai è tardi, ma con Penati prescritto, resta una macchia anche sul Pd. Possono lavarla il premier Renzi e il Guardasigilli Orlando con le prime due leggi da fare, il passo indietro sulla legge Severino e l'orologio della prescrizione fermato quando parte l'azione penale. Altrimenti è inutile vantare la collaborazione di magistrati come Gratteri o Cantone.

2 - PRESCRIZIONE PER PENATI: DICEVA CHE AVREBBE RINUNCIATO
Sandro De Riccardis per "La Repubblica"


La conferma, inevitabile, è arrivata ieri. La sesta sezione penale della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui Filippo Penati chiedeva di annullare la sentenza di prescrizione del Tribunale di Monza, pronunciata lo scorso 22 maggio. Quel giorno, l'ex presidente Pd della Provincia di Milano ed ex braccio destro di Pierluigi Bersani, non si presentò in aula per rinunciare alla prescrizione e «difendersi nel processo», come ripeteva spesso nelle interviste, e i giudici non hanno potuto far altro che dichiarare l'estinzione del reato.

Anche il procuratore generale Giuseppe Volpe, ieri, nel chiedere di «rigettare la richiesta del ricorrente», ha ricordato quell'udienza, l'unico luogo in cui il politico avrebbe dovuto dichiarare di volere il processo. «Anche nel momento clou - ha ricordato Volpe - quando si doveva dichiarare cosa manifestare al tribunale, la difesa non ha espresso la sua decisione». Così la Suprema Corte si è limitata a condannare Penati al pagamento delle spese processuali.

«Celebrare il processo mi avrebbe consentito di difendermi e dimostrare la mia innocenza - ha commentato ieri Penati - Contro di me ci sono solo menzogne, e io non intendo fermarmi. Non rinuncio comunque a dimostrare la mia totale estraneità ai fatti che mi sono stati contestati». Ma il tempo processuale è ormai scaduto, ponendo fine a uno dei filoni d'inchiesta dei pm di Monza, Walter Mapelli e Franca Macchia, che indagano sul "Sistema Sesto": i presunti appalti truccati e le tangenti relativi alla riqualificazione delle ex aree industriali Falck e Marelli a Sesto San Giovanni, comune a nord di Milano.

Già il "decreto anticorruzione" dell'allora ministro della Giustizia, Paola Severino, aveva abbattuto i tempi di prescrizione per la concussione, salvando Penati ma anche gli uomini delle coop rosse indagati a Monza. Poi, lo scorso 22 maggio, Penati non si è presentato in udienza. Quando il presidente del tribunale, Letizia Brambilla, ha chiesto al suo legale, Matteo Calori, se il politico intendesse presentarsi per dichiarare un'eventuale rinuncia, l'avvocato tentò di contattare l'ex presidente,senza riuscirci.

«Penati non verrà, non posso dire altro sulla sua volontà» rispose Calori, che non aveva una procura per pronunciarsi sulla prescrizione. Evaporarono così i tre capi d'imputazione sulle presunte tangenti per le Falck e le Marelli di Sesto, dove Penati è stato sindaco dal 1994 al 2001, il filone più corposo dell'inchiesta di Monza.

È invece ancora in corso il processo per i finanziamenti ricevuti dalla fondazione di Penati, "Fare Metropoli"; per l'appalto per i lavori della terza corsia della A7; e per la finta compravendita di un immobile tra i Gavio e il grande accusatore di Penati, l'imprenditore Piero Di Caterina, con una caparra da due milioni che per i pm serviva a «restituire i prestiti» in contanti che Di Caterina aveva fatto negli anni al politico.

 

penati bersani bersani penati FIDUCIA RENZI ALLA CAMERA FOTO LAPRESSE FIDUCIA RENZI ALLA CAMERA FOTO LAPRESSE LE TORRI DEL PARCO A SESTO SAN GIOVANNIPIERO DI CATERINAPaola Severino con il marito Paolo di Benedetto e Daniela Memmo

Ultimi Dagoreport

2025scala la russa

DAGOREPORT - LA DOMANDA CHE SERPEGGIAVA NEL FOYER DELLA SCALA, IERI SERA, ERA: “E ‘GNAZIO? DOVE STA LA RUSSA?”. COME MAI LA SECONDA CARICA DELLO STATO NON HA OCCUPATO LA POLTRONA DEL PALCO REALE, DOVE SI È SEMPRE DISTINTO NELLO STRAZIARE L’INNO DI MAMELI CON I SUOI SICULI ACUTI? IL PRESIDENTE DEL SENATO, TRA LA PRIMA DELLA SCALA SANTA E IL FESTIVAL DI SAN ATREJU, HA PREFERITO ATTOVAGLIARSI AL RISTORANTE “EL CAMINETO”, DIMORA DELLA SODALE SANTANCHÈ A CORTINA D’AMPEZZO...

john elkann theodore kyriakou repubblica

DAGOREPORT - DOMANI, FINALMENTE, GLI EMISSARI DI JOHN ELKANN SI DEGNERANNO DI INCONTRARE I CDR DI “REPUBBLICA” E “LA STAMPA” PER CHIARIRE LO STATO DELLA VENDITA DEL GRUPPO GEDI AL GRUPPO ANTENNA DI THEODORE KYRIAKOU. PER IL MAGNATE GRECO, I QUOTIDIANI SONO SOLO UN ANTIPASTO: IL SUO VERO OBIETTIVO SAREBBE ACQUISIRE UN'EMITTENTE TELEVISIVA - YAKI NON VEDE L'ORA DI LIQUIDARE IL GRUPPO EDITORIALE, PER FARE SEMPRE PIÙ AFFARI CON EXOR: LA CARTA RAPPRESENTA NEMMENO L'UN PER CENTO DELLA HOLDING, NON DÀ ALCUN GUADAGNO MA SOLO ROTTURE DI COJONI (E LA LINEA ANTI-TRUMP DEI DUE QUOTIDIANI È UNA ROGNA PER IL SEMPRE PIÙ AMERICANO JOHN) - KYRIAKOU HA SUBITO INIZIATO CON IL PIEDINO SBAGLIATO LA CAMPAGNA D’ITALIA: AVREBBE SCELTO COME ADVISOR NIENTEMENO CHE MIRJA CARTIA D’ASERO, EX AD DEL “SOLE 24 ORE” - RETTIFICA! CARTIA D'ASERO: "NON SONO ADVISOR DI ANTENNA O DI KYRIAKOU E NON MI OCCUPO DI EDITORIA DALL'USCITA DAL 'SOLE'"

francesca albanese carlotta vagnoli valeria fonte

DAGOREPORT - COS’HANNO IN COMUNE L’INDECENTE ASSALTO DEI PRO-PAL ALLA REDAZIONE DELLA “STAMPA” E IL "FEMMINISMO" BY CARLOTTA VAGNOLI E VALERIA FONTE? MOLTISSIMO: LA VIOLENZA, L’IDEOLOGIA TOSSICA, L’ACCONDISCENDENZA DI UNA CERTA STAMPA E DI QUEL MONDO EDITORIAL-GIORNALISTICO CHE HA TOLLERATO E SOSTENUTO, CON IMBARAZZANTE CONFORMISMO, QUALUNQUE NEFANDEZZA - E' UNA SVEGLIA PER CHI HA ALLISCIATO E POMPATO ACRITICAMENTE LA GALASSIA MOVIMENTISTA, CONVINTO CHE FOSSE LA PARTE GIUSTA DELLA STORIA - NON ERA NECESSARIO ARRIVARE ALL’IRRUZIONE DEI PRO-PAL E ALL’INCHIESTA DELLA PROCURA DI MONZA SU VAGNOLI-FONTE, PER CAPIRE QUANTA VIOLENZA SI NASCONDESSE DIETRO CERTI “ATTIVISTI” E I LORO METODI...

caltagirone milleri donnet nagel lovaglio giorgetti generali

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DEI “FURBETTI DEL CONCERTINO”? IL PRIMARIO OBIETTIVO DI ESPUGNARE IL “FORZIERE D’ITALIA”, ASSICURAZIONI GENERALI, ATTRAVERSO L’OPERAZIONE MPS-MEDIOBANCA, SI ALLONTANA SEMPRE PIÙ - L’ISCRIZIONE NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI DI LOVAGLIO, CALTAGIRONE E MILLERI HA INTERROTTO LA TRATTATIVA CHE ERA IN CORSO PER CONVINCERE L’AD DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, IL CUI MANDATO SCADE FRA DUE ANNI, A RASSEGNARE LE DIMISSIONI. E L’IPOTESI CHE POSSANO IN CDA SFIDUCIARLO SEMBRA APPARIRE LONTANISSIMA - NEL MIRINO GIUDIZIARIO È FINITO ANCHE IL RUOLO DETERMINANTE DELLE CASSE DI PREVIDENZA, ENPAM (MEDICI), ENASARCO (AGENTI DI COMMERCIO), FORENSE (AVVOCATI), PER LEGGE VIGILATE DAL GOVERNO - ANCHE SE I “CONCERTI OCCULTATI” NON SONO CERTO UNA NOVITÀ PER IL MERCATO, LA SCALATA MEDIOBANCA COLPISCE IN QUANTO È LA PRIMA VOLTA CHE, A SUPPORTO DI PRIVATI, C’È DI MEZZO IL SOSTEGNO DELL'ARMATA BRACAMELONI CHE DOVREBBE OCCUPARSI DELL’INTERESSE PUBBLICO ANZICHÉ RIBALTARE I POTERI DELLA FINANZA ITALIANA...

giorgia meloni matteo salvini vladimir putin

DAGOREPORT - A CHE SERVE QUEL FIGLIO DI PUTIN DI SALVINI? SERVE ECCOME A GIORGIA MELONI PER APPARECCHIARE, AL DI LÀ DELLE FRONTIERE, IL MIRACOLO DEL SUO CAMALEONTISMO - SE, IN CASA, LADY MACBETH DE’ NOANTRI GETTEREBBE QUEL ROMPICAZZO DELLA LEGA OGNI GIORNO DAL BALCONE DI PALAZZO CHIGI, IN POLITICA ESTERA IL COPIONE CAMBIA E IL SUO DISPREZZO SI TRASFORMA IN AMORE - C’È DA VOTARE IN PARLAMENTO IL DECRETO SULLA FORNITURA DI ARMI A KIEV? MANCA SOLO L’ITALIA PER RATIFICARE IL MES PER GARANTIRE I PAESI EUROPEI DAI RISCHI CHE POTREBBERO DERIVARE DALL'UTILIZZO DEGLI ASSET RUSSI CONGELATI? VOILÀ, FIATO ALLE TROMBE! ECCO FARSI AVANTI L’ ANTI-EUROPEISMO DEL ‘’PATRIOTA’’ ORBANIANO SALVINI CHE SI RIVELA UN OTTIMO SCHERMO PER LA MELONA PER PIAGNUCOLARE SULLA SPALLA DI URSULA VON DER LEYEN: ‘’NON È COLPA MIA… PURTROPPO HO UN ALLEATO DI GOVERNO CHE È UN PAZZO IRRIDUCIBILE E NON POSSO CORRERE IL RISCHIO DI FAR CADERE IL GOVERNO…BLA-BLA-BLA…”