andrea orlando

“ALCUNI DEL CENTROSINISTRA PARLANO DELLE PERIFERIE COME SE FOSSERO GLI ARISTOCRATICI DEL ‘700 IN PARTENZA PER IL GRAND TOUR” – ANDREA ORLANDO FA "L'ULTIMO COMUNISTA" E BASTONA I DEM CHE PENSANO AL MONDO CON I CONFINI DELLA ZTL: "A LA SPEZIA ABITO ANCORA NELLA CASA POPOLARE DI MIO NONNO" (PECCATO CHE, COME DAGORIVELATO, VIVA A ROMA 5 GIORNI SU 7 IN UN BELL'APPARTAMENTO IN CENTRO) – POI AMMETTE: "HO UN NARCISISMO TEMPERATO" - LA PASSIONE PER ORIETTA BERTI….

Tommaso Labate per 7- Corriere della Sera - https://www.corriere.it/sette/politica/21_luglio_20/andrea-orlando-ascolto-orietta-berti-abito-casa-popolare-mio-nonno-5d5048ce-e586-11eb-b02e-abf05f14a13d.shtml

 

andrea orlando

«Credo che dipenda da una forte attrazione verso il kitsch», dice a un certo punto Andrea Orlando parlando dei suoi gusti musicali, che sembrano eterni figli di una vecchia musicassetta impolverata dalla custodia rigata, di quelle musicassette che giacciono dimenticate nell’angolo di una soffitta.

 

L’albero politico-genealogico del ministro del Lavoro, che a vent’ anni ha fatto in tempo a essere eletto al consiglio comunale di La Spezia sotto le insegne del Partito comunista italiano, lo inchioderebbe all’ascolto perenne di un cantautorato rigorosamente impegnato. E invece no, nelle sue orecchie è tutto un Massimo Ranieri e Claudio Villa, Orietta Berti (quella d’epoca, senza Fedez) e Iva Zanicchi.

 

«E senza dubbio, su tutto, la musica melodica napoletana. Sergio Bruni, Mario Abbate, Roberto Murolo, scendendo fino alle rivisitazioni più contemporanee, ai cosiddetti neomelodici o le rancheras messicane», sottolinea. E aggiunge: «Sono i suoni che mi arrivavano da bambino dagli altri appartamenti delle case popolari in cui sono cresciuto».

 

andrea orlando d alema

Da almeno dieci anni, Orlando è un personaggio di primo piano della politica italiana, prima fila del Partito democratico, ministro dell’Ambiente, della Giustizia, del Lavoro.

Questa è la sua prima intervista, diciamo così, sentimentale.

 

È nato in una casa popolare, dicevamo.

«Non solo nato. Tuttora vivo a La Spezia in quelle che una volta si chiamavano le “case Fanfani”, dal nome del ministro del Lavoro che portò alla realizzazione dell’edilizia popolare. Sì, certo, avrei avuto la possibilità di comprare un’altra casa. Ma non l’ho fatto».

Il ministro del Lavoro del 2021 che vive in una delle case costruite a seguito di una legge promossa dal ministro del Lavoro della fine degli anni Quaranta. La chiusura di un cerchio.

andrea orlando zingaretti

«Era la casa in cui mio nonno viveva e che poi ha riscattato. Sono rimasto lì, non per vezzo o per chissà cosa. Se sei nato in periferia, sai benissimo che la periferia non è un’esperienza esotica, come la raccontano alcuni. È una cosa normale, che va trattata come una cosa normale. E che è cambiata moltissimo in questi anni».

 

«Ripartiamo dalle periferie» si sente dire di continuo, nel centrosinistra.

«Una frase che a volte mi sembra contenere delle venature di classismo. Alcuni dicono “ascoltiamo le periferie” con lo stesso approccio con cui gli aristocratici del Settecento partivano per il Grand Tour».

 

La sua biografia politica è sovrapponibile a quella di tantissimi comunisti italiani del Novecento. Con una differenza: lei è arrivato a fare il ministro; loro, dal 1948 al 1996, no.

andrea orlando ministro del lavoro foto di bacco

«Vengo da quella scuola. Una scuola in cui ti insegnavano la disciplina, le forme, il rispetto per gli altri, anche per gli avversari. Una tradizione fatta anche di guerre personali, sia chiaro. Ma in cui il narcisismo dei singoli veniva tenuto sotto controllo».

Lei non è narcisista?

«Ho un narcisismo temperato».

Il suo esordio?

«Eletto nel consiglio comunale di La Spezia a vent’anni. Appena arrivato, il capogruppo mi dice: “Adesso te ne stai zitto e buono per almeno sei mesi. Guarda e impara”».

 

Ha imparato subito?

«La prima volta che ho preso la parola, tanti mesi dopo l’elezione, è stata su una variazione di bilancio. Ci ho messo tre giorni interi a preparare un intervento di nemmeno cinque minuti».

Da quando ha compiuto 43 anni, tolto il governo gialloverde, lei è stato sempre ministro.

«La prima volta, nel 2013, presidente del Consiglio Enrico Letta, fu la più inaspettata».

andrea orlando foto di bacco(7)

 

Giurò al Quirinale con una cravatta rossa.

«Quella cravatta ha una storia che dice molto di come la forma, in politica, è anche sostanza. Nel 2006, il giorno in cui avremmo eletto Giorgio Napolitano presidente della Repubblica, ero un deputato ai primissimi giorni di legislatura. Mi si sbrindella la vecchia cravatta che indossavo ed entro in Aula con giacca e camicia, alla Camera si può fare.

 

Ugo Sposetti, all’ora tesoriere dei Ds, mi vede e mi dice: “Stai per votare per il presidente della Repubblica, esci da qua e vai subito a comprarti una cravatta”. L’ho fatto. Con quella stessa cravatta, sette anni dopo, avrei giurato per la prima volta da ministro dell’Ambiente. Davanti a me, guarda caso, il presidente Napolitano».

 

La politica che dimentica le forme spesso sembra lontana dalla gente comune. 

andrea orlando

«Dell’esperienza da ministro dell’Ambiente, tra mille cose, mi tornano in mente un’assemblea pubblica nella chiesa di Caivano, nella terra dei fuochi; oppure la prima volta che sono andato a Taranto dopo l’apertura della prima inchiesta sull’Ilva, cosa che un ministro della Repubblica non faceva da tempo.

 

Da esperienze come queste ho capito una cosa fondamentale. Quando le persone hanno un problema grandissimo, non è vero che ne pretendono immediatamente la soluzione. Ma guardano a fondo quanto tu te ne interessi, quanto ti prendi carico di quel problema là. Ci sono state situazioni in cui la politica e le istituzioni hanno dato l’impressione di fregarsene. Magari sbagliata, ma l’hanno data».

 

sandro gozi goffredo bettini andrea orlando

Quanto trema la mano a un ministro del Lavoro in questo momento delicato?

«Lo sa perché mi sono battuto tanto per il blocco dei licenziamenti e, poi, per un superamento di quel blocco che fosse graduale e non immediato per tutti? Perché ci sono cose che i dati, le tabelle degli economisti e le statistiche non fanno vedere. Prenda il primo tragitto di uno che ha perso il lavoro».

 

Quale tragitto?

«Il primo tragitto della lavoratrice o del lavoratore licenziato dall’azienda a casa. Pensi a una donna o a un uomo che hanno appena saputo di aver perso il lavoro e che adesso devono andare a casa a comunicarlo alla famiglia. All’angoscia di una situazione drammatica si aggiunge l’ansia di come dirlo. Sono cose che non stanno in nessuna tabella, in nessuna statistica, non stanno scritte da nessuna parte. Eppure ci sono».

ANDREA ORLANDO MATTEO RENZI

 

Le fa paura l’autunno prossimo?

«In una situazione di profondi cambiamenti e di radicali trasformazioni, come quella a cui ci ha portati la pandemia, un ministro del Lavoro ha il dovere di essere accompagnato dalle paure dei lavoratori e ha l’obbligo di agire di conseguenza. La crisi apre tantissime opportunità, come ogni crisi. Ma nel breve periodo, di fronte all’enormità dei cambiamenti che abbiamo di fronte, nessuno dev’essere lasciato da solo nell’affrontarli».

 

Senza la cerniera dei partiti tradizionali, il vuoto tra le istituzioni e il singolo cittadino a volte sembra grande quando un oceano in tempesta.

andrea orlando

«Io credo ancora nella funzione dei partiti, ovviamente aggiornata alle tecnologie e ai tempi che corrono. Organizzare la partecipazione non può essere un lavoretto improvvisato dal primo che passa. Richiede studio e dedizione».

 

Avrebbe fatto meglio senza quel capogruppo in consiglio comunale che l’ha tenuta zitto per mesi?

«No, avrei fatto peggio. Mi è capitato di tornare in un consiglio comunale. I nuovi saranno anche più veloci di com’eravamo noi. Ma quelle forme ormai sparite, mi creda, erano sostanza».

 

 

andrea orlando foto di bacco(5)

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”