STELLA CONTRO 5 STELLE - L’AUTORE DELLA “CASTA”, LIBRO FETICCIO DEI GRILLINI, METTE IN FILA TUTTI I FLOP DEL COMICO GENOVESE: “NON SA VINCERE E NON SA PERDERE. IL SUO VIDEO È UNO SFOGO INFELICE”

Gian Antonio Stella per il "Corriere della Sera"

Non sa vincere, non sa perdere. Lo sfogo di Beppe Grillo contro l'Italia di «generazioni di pensionati che forse non hanno voglia di cambiare, di pensare un po' ai loro nipoti, ai loro figli, ma preferiscono stare così», somiglia a una battuta di Corrado Guzzanti: «Se i partiti non rappresentano più gli elettori, cambiamoli ‘sti benedetti elettori».

Ed è uno sfogo, infelicissimo, che conferma: il guru pentastellato, incapace di mettere a frutto il trionfo elettorale del 2013, non sa gestire neppure la sconfitta. Così come molti grillini. Che possono anche consolarsi leggendo nel blog che «Cinzia Ferri è stata eletta sindaco con il M5S nella cittadina di Montelabbate» ma appaiono incapaci di chiedersi: dove abbiamo sbagliato, noi, per perdere in un anno quasi tre milioni di voti?

Tutta colpa di «sedici milioni di elettori per gran parte suore di clausura, preti, beghine e paralitici», urlò il comunista Fausto Gullo dopo la bastonata subita dal Fronte Popolare nel ‘48. «Ma non rompetemi le scatole, sto guardando 90° minuto!», sbuffò Mino Martinazzoli coi cronisti che si assiepavano al cancello di casa sua la sera del crollo della Dc nel ‘94.

«Meglio così. Sono contento d'aver perso Milano. Adesso ho le mani libere. Non potevamo vincere perché a Milano e a Torino ci sono troppi terroni venuti a colonizzare il Nord», barrì Umberto Bossi dopo il disastro alle comunali del ‘97, «Del resto nel ‘93 non fui molto contento di aver conquistato Milano perché questo ci legava le mani. Questi terroni ingrati, pur di non liberare il nord dalla schiavitù di Roma, avrebbero votato anche un pezzo di merda. Quei terroni d'ora in avanti bisognerà guardarli malissimo. Quei magistrati, quegli insegnanti, via, pussa!».

«Sono dei deficienti. Egoisti. Destrorsi. Unti. Razzisti. Evasori. Questa gente non è stupida. E' peggio: ignorante e plebea. Il concetto di fondo è: questi elettori sono tutti delle teste di cazzo», sbraitò Vittorio Sgarbi dopo esser stato silurato in Veneto. «La gente si è sbagliata, erano giusti gli exit poll», sospirò Silvio Berlusconi dopo aver perso una tornata di elezioni amministrative.

«Queste elezioni non contano, era in ballo il sindaco di Pizzighettone!», fece spallucce dopo una debacle alle comunali in cui erano in ballo Bari, Bologna, Firenze, Padova, Bergamo, Mantova, Perugia... Il capopopolo genovese, insomma, è in buona compagnia. E in buona compagnia sarebbe anche se facessimo l'elenco di quanti, dopo una vittoria, hanno esibito tanta boria (suicida) da ricordare quanto scrisse Polibio ne «Le storie» raccontando di Scipione in Spagna: «È più difficile far buon uso della vittoria, che vincere».

Ma ve lo ricordate poco più di un anno fa dopo avere sfondato alle politiche? Il rifiuto di ogni contatto coi giornalisti italiani messi tutti nel mucchio dei «servi del regime» e destinati più tardi ad essere sottoposti a un «processo popolare». Le barricate in casa come le dive hollywoodiane: «Parlo solo con la stampa straniera». Le passeggiate in spiaggia con una specie di tuta spaziale che gli occultava il viso.

Il raduno «clandestino» dei neo parlamentari a piazzale Flaminio per andare in pullman all'agriturismo «La Quiete» (un nome, un programma politico) per un incontro riservato senza la diretta streaming promessa come prova di trasparenza. La «diretta» imposta a Pierluigi Bersani, sbertucciato da Roberta Lombardi: « Sembra una puntata di Ballarò... Noi non incontriamo le parti sociali perché siamo le parti sociali. Cittadini, lavoratori, cassintegrati, studenti fuori sede... »

E poi l'incontro al Quirinale marcato dalla confidenza di Vito Crimi: «Napolitano è stato attento, non si è addormentato. Beppe è stato capace di tenerlo abbastanza sveglio». E i silenzi complici sui senatori grillini che confidavano di andare a Palazzo Madama con la boccetta di disinfettante per lavarsi nel caso gli scappasse di dar la mano a certi colleghi. E le randellate contro la libertà di coscienza garantita a ogni parlamentare: «Insomma, l'eletto può fare, usando un eufemismo, il cazzo che gli pare». Le espulsioni a raffica di ogni dissidente.

E poi ancora l'avanti e indrè sul Porcellum, prima bollato come la peste che ha consentito ai partiti «di nominare chi volevano» trasformando Camera e Senato «in plotoni di ubbidienti soldatini a comando» ma più tardi accettato pur di andar subito alle elezioni: «Ogni voto un calcio in culo ai parassiti e incapaci che hanno distrutto il Paese. La legge elettorale la cambierà il M5S quando sarà al governo». E gli insulti al Parlamento: «È un simulacro, un monumento ai caduti, la tomba maleodorante della Seconda Repubblica».

E come dimenticare il giorno in cui il Parlamento, per uscire dall'impasse, decise di rieleggere Napolitano? Convocò via web la piazza con toni apocalittici: «Ci sono momenti decisivi nella storia di una Nazione. È in atto un colpo di Stato. Pur di impedire un cambiamento sono disposti a tutto. Sono disperati. Quattro persone: Napolitano, Bersani, Berlusconi e Monti si sono incontrate in un salotto e hanno deciso di mantenere Napolitano al Quirinale, di nominare Amato presidente del Consiglio...»

Ciò detto chiamò tutti all'adunata: «Ho terminato la campagna elettorale in Friuli Venezia Giulia e sto arrivando. Sarò davanti a Montecitorio stasera. Rimarrò per tutto il tempo necessario. Dobbiamo essere milioni. Non lasciatemi solo o con quattro gatti. Di più non posso fare. Qui o si fa la democrazia o si muore come Paese».

Dopodiché, dieci minuti dopo le otto, mandò un post scriptum: «Arriverò a Roma durante la notte e non potrò essere presente in piazza. Domattina organizzeremo un incontro...» Buona notte.

E via così, per mesi e mesi. Insultando tutti. Di urlo in urlo. Fino all'escalation delle ultime settimane. La vivisezione per Dudù e lo «Psiconano». L'evocazione della «peste rossa». La minaccia dei processi di piazza. La lupara bianca per Renzi, «l'ebetino che è andato a dare due linguate a quel culone tedesco della Merkel»... Spiegò un giorno Simon Bolivar, el Libertador del Sud America spagnolo: «L'arte di vincere si impara nelle sconfitte».

Per ora, a Beppe Grillo e a tanti grillini che rovesciano insulti sul blog contro il «popolo di pecoroni» cui nel 78 percento dei casi «va bene il sistema del finanziamento pubblico, della corruzione, della disonestà», non è successo. E non basta un pizzico di auto-ironia sul Maalox...

 

PAOLO BRACALINI ROBERTO FORMIGONI GIAN ANTONIO STELLA PH MARIO CASTIGLIONI GIAN ANTONIO STELLA PH MARIO CASTIGLIONI Gian Antonio Stella beppe grillo a firenze BEPPE GRILLO AL QUIRINALE VITO CRIMI E ROBERTA LOMBARDITAVOLE APPARECCHIATE PER IL PRANZO DEI GRILLINI ALL AGRITURISMO VILLA VALENTE RENZI BERLUSCONI MONTEZEMOLO AL TEATRO REGIO DI PARMA

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…