TERRORISMO, SENZA RIMPIANTI - VALERIO MORUCCI, IL BRIGATISTA CHE PARTECIPÒ ALLA STRAGE DI VIA FANI E TELEFONÒ DICENDO DOVE SI TROVAVA IL CADAVERE DI MORO, DICE A “LE MONDE” DI “NON AVERE RIMPIANTI” - AI FRANCESI CHE ANCORA SI BEVONO LE GESTA DELLE BR HA CONSEGNATO PERLE COME “ERAVAMO IN GUERRA CONTRO LO STATO, ALL’EPOCA L’OMICIDIO MORO AVEVA UN SENSO”. E FU PURE SCARCERATO PRIMA PERCHÉ SI DISSOCIÒ DALLA LOTTA ARMATA…

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Stefano Montefiori per il "Corriere della Sera"

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Valerio Morucci, il «postino» del sequestro Moro, l'uomo che partecipò alla strage di via Fani e telefonò, il 9 maggio del 1978, al professor Franco Tritto per spiegare dove andare a cercare la Renault 4 con il cadavere del presidente della Dc, su Le Monde dice di «adorare Parigi» e di non provare «né rimpianti né rimorsi». Si definisce oggi un «democratico partecipativo fautore di un'autogestione locale».

Sotto il titolo «Valerio Morucci, brigatista "senza rimorsi"», nella pagina dedicata agli approfondimenti del quotidiano parigino del pomeriggio appare una grande foto scattata il 14 settembre scorso a Roma, a uno dei tavolini di piazza Vittorio. Morucci guarda l'obiettivo senza particolari espressioni. È quella formula, «senza rimorsi», che ricorre nell'articolo, a fare impressione.

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Valerio Morucci fu condannato più volte all'ergastolo ma, dissociatosi dalle Br dopo l'arresto nel 1979, beneficiò delle riduzioni di pena. È uscito dal carcere nel 1994, oggi ha 62 anni, lavora a Roma come tecnico informatico per un'agenzia di viaggi e scrive su «Theorema - Rivista italiana di sicurezza, geopolitica e intelligence». L'articolo è pubblicato in occasione del documentario tv «Ils étaient les Brigades rouges», in onda stasera. E Morucci, peraltro non nuovo anche in Italia all'autoindulgenza («La peggio gioventù», Rizzoli 2004), ripete, sicuro, la solita versione.

Aldo MoroAldo Moro

«L'affare Moro resta un vero trauma rispetto a quello che è successo prima e dopo - dice Morucci -. Eppure, continuo a pensare che all'epoca aveva un senso. L'Italia viveva una situazione prerivoluzionaria e la lotta armata era una risposta strategica al potere della Democrazia cristiana e dei fascisti. Eravamo in guerra contro lo Stato». E ancora: «Non è mai facile sparare a un uomo per ucciderlo. Ero cosciente che anche io potevo morire nel corso dell'attacco». È la consueta, delirante ricostruzione degli anni di piombo che affascina ancora qualche francese (vedi il caso Battisti) e scandalizza gran parte degli italiani.

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