caniggia maradona

"MESSI IN CAMPO È IMPRESSIONANTE. MA MARADONA E PELÉ SONO SOPRA TUTTI..." - PARLA L'ARGENTINO CANIGGIA, EX ROMA - "DIEGO NON AVEVA BISOGNO DI DROGARSI PER GIOCARE MEGLIO. CAZZO, VIVERE COME LUI ERA IMPOSSIBILE. ERA UN MERAVIGLIOSO HIJO DE PUTA, MA AVEVA CUORE, ANIMA, GENEROSITÀ. LA SUA MORTE? SO DELLE COSE, LE TENGO PER ME" - IL GOL A ITALIA '90 CONTRO L'ITALIA: “NON FU COLPA DI ZENGA, IL PALLONE SAREBBE ENTRATO ANCHE SE LUI NON FOSSE USCITO” - VIDEO

 

 

Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport

 

 

  Squilla il mio cellulare. Assolutamente inatteso, è Walter Zenga da Dubai. Non ci posso credere: proprio mentre davanti a me, per un’intervista, c’è Caniggia, eletto trentadue anni fa suo e nostro “carnefice mondiale”. La sorpresa da singolare e fortunata coincidenza si moltiplica per tre. Le risate si inseguono e dopo un primo scambio di battute mediate dal sottoscritto Claudio mi chiede di passargli il telefonino. Il volume è sufficientemente alto, la voce di Walter mi arriva.

CANIGGIA

 

La “charla”, la chiacchierata, scivola subito sull’erba del San Paolo, semifinale di Italia 90. Alla fine, loro dentro e noi fuori. «Non fu colpa tua, Walt, il pallone sarebbe entrato comunque» dice Caniggia. «Avrei segnato anche se tu fossi rimasto in porta, mandai il pallone dalla parte opposta, ci sarebbe voluto Superman per parare». «E poi avevo Ferri davanti», aggiunge Walter. «Ti difenderò alla morte», la chiosa dell’argentino. Tra i due si insinua una nota sentimental-familiare. «Claudio, ho appena inviato sul whatsapp di Ivan la foto di mio figlio, il più piccolo, ti somiglia tantissimo, un caniggino, ha dieci anni e gioca a calcio». In effetti... Il tema dei figli apre la pagina più amara che dolce dei matrimoni e dei divorzi, uno dei due è primatista italiano. Anche di autoironia.  

 

 

La telefonata si chiude con la promessa di un incontro a Doha. Caniggia è in gran forma, pura energia, di nuovo centrale, ha voglia di raccontarsi e raccontare la serenità riconquistata a fatica.  

 

CANIGGIA

Si finisce inevitabilmente a parlare del suo Maradona proprio nel giorno in cui il ricordo si fa più triste, intenso, struggente. «Oggi è il 25 novembre, mi era passato di mente. Incredibile. Qualcuno, non ricordo chi, ha detto che Diego è l’assente più presente... Venni a sapere della sua morte leggendo un quotidiano online. Mi trovavo in Messico con la mia ragazza, a Tulum. C’era la pandemia e il Messico era l’unico Paese in cui si viaggiava liberamente. All’inizio pensai alla solita voce puntualmente smentita: Diego sta male, è in coma, è morto, no, non è ancora morto. Poi mi sono reso conto che era tutto maledettamente vero. Ci eravamo sentiti due mesi prima, non voglio peccare di presunzione, ma penso di essere stato il compagno di squadra più vicino a lui. Quando allenava il Gimnasia andavo spesso a trovarlo. Proprio un bellissimo rapporto. Due Mondiali insieme, nel ’90 ero il più giovane con Fabbri, che però giocò solo la prima partita. E poi il ’94 negli Stati Uniti. Nel ’95 di nuovo insieme al Boca Juniors, il secondo anno con Bilardo».  

CANIGGIA

 

Non ho mai dimenticato quella lunga notte a Dallas, Claudio. Primo luglio ’94, Diego è stato squalificato per positività dopo la seconda partita. Il vostro hotel è blindato, la polizia texana non lascia passare nessuno. Riesco incredibilmente a entrare grazie all’intraprendenza di “Mortadella”, un tifoso della Roma che frequentava i calciatori, grande amico di Moriero. Non c’è più da anni. Saliamo al piano, tu mi vieni incontro un po’ sorpreso di vedermi lì e ci mettiamo a parlare, racconti di lui. Bussiamo alla sua porta, non apre, urla che l’hanno tradito. 

 

«Era distrutto, ero riuscito a entrare nella sua camera per abbracciarlo. Poche, pochissime parole. Diego piangeva, anch’io piangevo. Si sentiva tradito, fisicamente era al top, a Boston si era allenato due volte al giorno. Aveva preso quel prodotto pensando che fossero vitamine. Per essere chiaro, Diego non aveva bisogno di drogarsi per giocare meglio. L’anno prima in Australia, per lo spareggio, io non c’ero, si era presentato dimagritissimo, lo seguiva Daniel, fisico da culturista. In precedenza si era parlato di uno specialista cinese, non ricordo bene».  

 

Caniggia adesso ha gli occhi lucidi, prosegue e ho la sensazione che prima o poi piangerà. 

«Dicevano che lui ed io fossimo due incoscienti perché non avevamo paura di niente e nessuno. Avevamo semplicemente tanta fiducia nelle nostre capacità. Io non volevo sapere nulla degli avversari, ne conoscevo forse un paio per squadra, il fatto di ignorarli mi toglieva pressione. A parte Diego, eravamo una nazionale strana, tecnicamente inferiore al Brasile e ad altre. Come si traduce los tumbos in italiano?».  

 

Vicini a cadere.  

MARADONA CANIGGIA

«Ma mentalmente forti al punto da riuscire a risollevarci sempre. L’Argentina di Scaloni non era abituata a perdere, veniva da 36 partite senza sconfitte e stava minacciando il record dell’Italia di Mancini. Noi, al contrario, eravamo stati poco entusiasmanti nelle amichevoli pre-Mondiali, ne ricordo una terribile in Croazia. Prima di Italia ’90 avevamo anche sofferto in coppa America, ’89, pur arrivando in semifinale. Bilardo aveva convinto Valdano a tornare in nazionale. Non lo fece giocare mai. Molti reduci dell’86 erano a pezzi. Ruggeri con la pubalgia, Batista e Burruchaga con problemi fisici. Giusti e Tata Brown, altri due casi.

 

La testa e il cuore, però, erano perfetti. Ho un flash, noi che lasciamo Trigoria per andare a giocare in Israele, se non sbaglio, e Valdano che fa le valigie e se ne torna a Madrid. Il presidente della Roma, Viola, passava ogni giorno per controllare che non demolissimo il suo centro sportivo. E Diego: Siamo indios, non gipsy».  

 

ciarrapico caniggia

Beh, tu un po’ zingaro lo sei sempre stato. Per scelta e vita.  

«Sono nato in un paesino di 7.000 abitanti, Henderson, con la acca come il giocatore del Liverpool. I miei non erano poveri, media borghesia. A quindici anni mi ritrovai a Buenos Aires, nella giungla della capitale. Il River Plate mi aveva trattenuto dopo il provino. Un ragazzino, da solo. Ho imparato a vivere con me stesso, a non temere l’isolamento, dopo quell’esperienza la solitudine non mi ha fatto più paura. Baires non è la Svizzera dove tutto è regolato. Per fortuna avevo una zia da quelle parti. Sono cresciuto sfidando la strada, la vita, gli avversari, mi è costato parecchio».  

 

Una vita di soddisfazioni, ma anche di errori.  

«Mi sono preso qualche rischio e l’ho pagato. Adesso sono più tranquillo. Con Sofia».  

 

Ha 29 anni, 26 meno di te. È più giovane dei tuoi gemelli di 28 e ha un anno in meno del tuo primogenito.  

«Che vive in Spagna. Sofia mi fa sentire bene e giovane». Mentre lo dice si apre a un sorriso largo.  

 

Quell’anno di riposo forzato come lo ricordi?  

caniggia1

«Ma non è l’anno al quale pensi tu. Saltai la stagione ’98-99, avevo litigato con il presidente del Boca, Macri, uno scontro tra due ego, con l’ingegnere avrei dovuto trattenermi. Lui ricchissimo, figlio di italiani, potente, nel 2015 divenne presidente dell’Argentina. Degli altri rischi che mi sono assunto non parlo volentieri, fu solo vita, la mia, tanto nel bene quanto nel male».  

 

Nella tua vita uno spazio se l’è preso anche la Roma.  

«La gente che ho incontrato per strada in questi giorni è stata fantastica. Affettuosissima. Meno di due stagioni alla Roma, una quindicina di partite in tutto, prima Boskov e poi Mazzone. Pensa che nell’87, avevo 19 anni, arrivai fino alla firma del contratto: pronto, era lì, sul tavolo. Il River non voleva riconoscermi il 15% della cessione, mi impuntai e la Roma saltò. Ballavano 800mila dollari, più o meno».  

 

Che idea ti sei fatto della morte di Diego?  

caniggia

«So delle cose, le tengo per me. Posso dirti che idea mi sono fatto della sua esistenza perché lo conoscevo nel profondo. Lui doveva proteggersi, nessuno nasce preparato a vivere una vita così. Dicevano che fosse vittima di questo o quel personaggio, di questa o quella situazione, parlavano a sproposito della sua presunta fragilità. Diego ha sempre deciso cosa fare o non fare, non si è mai fatto imporre nulla da nessuno. Gli piaceva essere riconosciuto dalla gente, non avrebbe tollerato una vita nell’ombra. Cazzo, Ivan, vivere da Maradona era impossibile, ma a lui piaceva. Diego era un meraviglioso hijo de puta, ma aveva cuore, anima, generosità».  

 

Messi oggi rischia parecchio.  

«Leo in campo è impressionante. Ma ho sempre detto che Maradona e Pelé sono sopra tutti. (..) Forse questa Argentina è stata sovrastimata».  

 

 

caniggiacaniggia-paul-argentina-wp-777x437caniggia

 

Ultimi Dagoreport

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”

leonardo maria del vecchio - gabriele benedetto - andrea riffeser monti - marco talarico - luigi giacomo mascellaro

DAGOREPORT - ELKANN NON FA IN TEMPO A USCIRE DALLA SCENA CHE, ZAC!, ENTRA DEL VECCHIO JR: DAVVERO, NON SI PUÒ MAI STARE TRANQUILLI IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE - GIÀ L’ACQUISIZIONE DEL 30% DE ‘’IL GIORNALE’’ DA PARTE DEL VIVACISSIMO LEONARDINO DEL VECCHIO, ANTICIPATA IERI DA DAGOSPIA, HA SUSCITATO “OH” DI SORPRESA. BUM! BUM! STAMATTINA SONO SALTATI I BULBI OCULARI DELLA FINANZA E DELLA POLITICA ALL’ANNUNCIO DELL'EREDE DELL VECCHIO DI VOLER ACQUISIRE IL TERZO POLO ITALIANO DELL’INFORMAZIONE, IN MANO ALLA FAMIGLIA RIFFESER MONTI: “LA NAZIONE” (FIRENZE), “IL RESTO DEL CARLINO” (BOLOGNA) E “IL GIORNO” (MILANO) - IN POCHI ANNI DI ATTIVITÀ, LMDV DI DEL VECCHIO HA INVESTITO OLTRE 250 MILIONI IN PIÙ DI 40 OPERAZIONI, SOSTENUTE DA UN FINANZIAMENTO DI 350 MILIONI DA INDOSUEZ (GRUPPO CRÉDIT AGRICOLE) - LA LINEA POLITICA CHE FRULLA NELLA TESTA TRICOLOGICAMENTE FOLTA DELL'INDIAVOLATO LMDV, A QUANTO PARE, NON ESISTE - DEL RESTO, TRA I NUOVI IMPRENDITORI SI ASSISTE A UN RITORNO AD ALTO POTENZIALE ALLO "SPIRITO ANIMALE DEL CAPITALISMO", DOVE IL BUSINESS, ANCHE IL PIU' IRRAZIONALE, OCCUPA IL PRIMO POSTO E LA POLITICA E' SOLO UN DINOSAURO DI BUROCRAZIA…

roberto occhiuto corrente sandokan antonio tajani pier silvio e marina berlusconi 2025occhiuto roscioli

CAFONAL! FORZA ITALIA ''IN LIBERTÀ'' - DALLA CALABRIA, PASSANDO PER ARCORE, ARRIVA LO SFRATTO DEFINITIVO A TAJANI DA ROBERTO OCCHIUTO: “SONO PRONTO A GUIDARE IL PARTITO FONDATO DA SILVIO BERLUSCONI’’ - PARLA IL GOVERNATORE DELLA CALABRIA E, A PARTE L'ACCENTO CALABRO-LESO, SEMBRA DI SENTIRE MARINA & PIER SILVIO: “BASTA GALLEGGIARE INTORNO ALL'8%. MELONI NON È SUFFICIENTE AL CENTRODESTRA. BISOGNA RAFFORZARE L'ALA LIBERALE DELLA COALIZIONE" - A FAR TRABOCCARE LA PAZIENZA DELLA FAMIGLIA BERLUSCONI È STATA LA PROSPETTIVA DI UN CONGRESSO NAZIONALE CHE AVREBBE DATO A TAJANI, GASPARRI E BARELLI IL POTERE DI COMPORRE LE LISTE PER LE POLITICHE NEL 2027. A SPAZZARE VIA LE VELLEITÀ DEI TAJANEI, È ARRIVATA DA MILANO LA MINACCIA DI TOGLIERE DAL SIMBOLO DEL PARTITO IL NOME "BERLUSCONI", CHE VALE OLTRE LA METÀ DELL'8% DI FORZA ITALIA - DA LOTITO A RONZULLI, DALL’EX MELONIANO MANLIO MESSINA A NICOLA PORRO: NELLA NUTRITA TRUPPA CHE SI È PRESENTATA AL CONVEGNO DI OCCHIUTO, SPICCAVA FABIO ROSCIOLI, TESORIERE DI FORZA ITALIA ED EMISSARIO (E LEGALE PERSONALE) DI MARINA E PIER SILVIO...