GARE D’ASSALTO – LA TISCALI DI SORU, EUROPARLAMENTARE E SEGRETARIO DEL PD SARDO, È IN VANTAGGIO NELLA GARA PER OFFRIRE INTERNET ALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – MA LA CONSIP È IN IMBARAZZO PERCHÈ HA OFFERTO UN RIBASSO-MONSTRE DELL’89%

Giorgio Meletti per il “Fatto quotidiano”

 

CONSIP CONSIP

Il fatto più appariscente è che il governo, attraverso la Consip – la società che cura gli acquisti centralizzati per lo Stato – sta per affidare i servizi telefonici e Internet di tutta la pubblica amministrazione per i prossimi sette anni al segretario del Pd della Sardegna, Renato Soru. Eppure non è questo l'aspetto più assurdo della gara per il cosiddetto Spc (servizio pubblico di connettività) che sarà chiusa nelle prossime settimane.

 

Renato Soru Renato Soru

La vicenda illumina una singolare concezione della spending review: anziché puntare a comprare meglio spendendo meno, la gara Consip darà a molte pubbliche amministrazioni una connessione alla rete Internet peggiore di quella avuta finora. E paradossalmente si è deciso di destinare il risparmio ottenuto (1,5-2 miliardi di euro) agli investimenti pubblici sulla banda larga: due passi indietro subito per farne uno avanti fra sette anni.

 

LA BANDA POCO LARGA, NEI REQUISITI DEL BANDO

La Consip ha lanciato l'anno scorso la gara per dare telefonia e Internet a tutte le amministrazioni pubbliche centrali e locali. Il bando è stato scritto in modo generoso. Per esempio si chiede banda larga su fibra ottica solo per i 20 capoluoghi di regione, nel resto d'Italia ci sarà la connessione a 4 megabit, che ormai farebbe schifo a un liceale, figurarsi a un ospedale. “Ma se avessimo chiesto 30 mega per tutto il Paese non ci sarebbe stato nessun operatore in grado di partecipare”, si difende il numero uno di Consip Domenico Casalino.

 

TiscaliTiscali

Il criterio di gara è la migliore offerta economica. Il 13 maggio scorso sono state aperte le buste e la migliore offerta è risultata quella di Tiscali, la società cagliaritana di Soru. Cifre da sogno, direbbe Briatore: 265 milioni per dare telefonia e Internet a tutta la pubblica amministrazione centrale e locale per sette anni. La base d'asta era 2,4 miliardi, il ribasso dunque dell'89 per cento. L’offerta di Telecom Italia, quarta classificata, è stata di 746 milioni, il triplo di Tiscali.

 

LA BORSA HA CAPITO CHE LA POLITICA CONTA

TELECOM ITALIA jpegTELECOM ITALIA jpeg

A questo punto il contribuente avrebbe tutto il diritto di pensare che nel mercato telefonico costi e prezzi si calcolino tirando i dadi. Il meccanismo di gara prevede che al vincitore vada il 52 per cento della fornitura, e ai tre che lo seguono in graduatoria tre lotti pari al 16 per cento ciascuno. Al secondo posto c'è British Telecom Italia che ha offerto 423 milioni, al terzo Fastweb con 715 milioni. Ciò significa che Fastweb e Telecom, se vincesse Tiscali, dovrebbero fornire il servizio a un terzo del miglior prezzo che avevano ritenuto di sostenere. Oppure rinunciare e mandare la gara deserta, perché il regolamento esclude il vincitore unico.

 

logo Fastweblogo Fastweb

Chi ha l'occhio più lungo su questi intrecci tra politica e affari è la Borsa. Dopo l'apertura delle buste, il 13 maggio, il titolo Tiscali è crollato, perdendo in due giorni circa il 7 per cento. L’azienda di Soru naviga da sempre in cattive acque. Il suo fatturato è 72 volte inferiore a quello che Telecom Italia fa nel solo mercato domestico, e nel 2013 ha investito 25 milioni di euro, un centoventesimo dei 3 miliardi messi in campo da Telecom Italia, ma anche un ventiduesimo dei 565 milioni spesi da Fastweb.

 

La sua offerta stracciata somiglia troppo all’attacco agli Stati Uniti del ducato di Grand Fenwick (“Il ruggito del topo”, 1959) per essere presa sul serio. Scommettendo sulla esclusione di Tiscali dalla gara come “offerta anomala” gli investitori corrono a vendere le azioni che avevano comprato poco prima. Infatti nella settimana di febbraio che ha portato Matteo Renzi a palazzo Chigi, la pur zoppicante Tiscali del suo capocorrente in Sardegna ha messo a segno una crescita dell'80 per cento, con volumi scambiati 10-12 volte la media.

 

merkel renzi napolitanomerkel renzi napolitano

Dal picco di 0,795 euro toccato il 25 febbraio, giorno in cui Renzi ha ottenuto la fiducia dal Parlamento, il titolo è così tornato a vegetare intorno a quota 0,4 euro. Poi, lo scorso 24 novembre, il nuovo sussulto. Di colpo, senza motivo apparente, Tiscali guadagna in Borsa in pochi giorni il 30 per cento. E ancora ieri la società di Soru è volta, chiudendo la giornata con un +3,17 per cento.

 

Dopo l'apertura delle buste del 13 maggio e conseguente crollo in Borsa, Soru ha messo a segno due colpacci. Il primo è stata l’elezione all’europarlamento, il 25 maggio, festeggiata con l'annuncio “adesso sono Merkel e Renzi i due leader d'Europa”. Il secondo, il 26 ottobre scorso, è stata l'incoronazione a segretario regionale del Pd, per la quale non è stato d'ostacolo il processo in corso per evasione fiscale (ma per i renziani sardi, come insegna il caso del sottosegretario Francesca Barracciu, le disavventure giudiziarie non intralciano bensì agevolano la carriera politica).

Merkel indica la via a Putin con dietro Renzi.Merkel indica la via a Putin con dietro Renzi.

 

LA RIUNIONE PER CONVINCERE CHE L’OFFERTA È SOSTENIBILE

Soru, che negli anni in cui fu governatore della Sardegna (2004-2009) ha formalmente lasciato la guida di Tiscali, non trova imbarazzante concorrere a pubblici appalti da europarlamentare e segretario regionale del partito di governo. E così adesso l’imbarazzo è tutto della Consip e di Casalino, che dovrebbe escludere dalla gara Spc l’amico del premier mentre è in scadenza e alla ricerca di una nuova poltrona.

 

Finora ha preso tempo, spendendo sei mesi in richieste di documentazione a Tiscali per verificare la sostenibilità economica dell'offerta. La prossima settimana ci sarà la riunione decisiva con la società di Soru. Tiscali dovrà convincerlo di poter offrire telefonia e Internet a tutta la pubblica amministrazione a un terzo del prezzo proposto da Telecom Italia. Purtroppo per Casalino, e per tutti gli italiani, la strada della spending review è lastricata di buone relazioni.

Ultimi Dagoreport

giovambattista giovanbattista fazzolari vitti

FLASH – ROMA VINCE SEMPRE: IL SOTTOSEGRETARIO FAZZOLARI, DA SEMPRE RISERVATISSIMO E RESTÌO A FREQUENTARE I SALOTTI, ORA VIENE PIZZICATO DA DAGOSPIA NEL “SALOTTO” DI PIAZZA SAN LORENZO IN LUCINA, SPAPARANZATO AI TAVOLI DI “VITTI”, DOVE POLITICI, GIORNALISTI E POTENTONI AMANO ATTOVAGLIARSI (DENIS VERDINI FACEVA LE RIUNIONI LI' E CLAUDIO LOTITO AMA GOZZOVIGLIARE DA QUELLE PARTI, SPILUCCANDO NEI PIATTI ALTRUI) – ANCHE “FAZZO” È ENTRATO NELLA ROMANELLA POLITICA DE “FAMOSE DU’ SPAGHI”: L’EX DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA DELLA REGIONE LAZIO CHIACCHIERA CON UN CANUTO SIGNORE DI CUI VORREMMO TANTO CONOSCERE L’IDENTITÀ. I DAGO-LETTORI POSSONO SBIZZARIRSI: HANNO QUALCHE SUGGERIMENTO PER NOI?

giampaolo rossi rai report sigfrido ranucci giovanbattista fazzolari francesco lollobrigida filini

DAGOREPORT – RAI DELLE MIE BRAME: CHIAMATO A RAPPORTO L'AD GIAMPAOLO ROSSI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI DOVE SI E' TROVATO DAVANTI, COL DITO ACCUSATORIO, I PLENIPOTENZIARI RAI DEI TRE PARTITI DI MAGGIORANZA: GASPARRI (FI), MORELLI (LEGA) E FILINI (FDI) CHE, IN CORO, GLI HANNO COMANDATO DI TELE-RAFFORZARE LA LINEA DEL GOVERNO - IL PIÙ DURO È STATO IL SOTTOPANZA DI FAZZOLARI. FILINI SPRIZZAVA FIELE PER L’INCHIESTA DI “REPORT” SUI FINANZIAMENTI DI LOLLOBRIGIDA ALLA SAGRA DEL FUNGO PORCINO - ROSSI, DELLE LORO LAMENTELE, SE NE FOTTE: QUANDO VUOLE, IL FILOSOFO CHE SPIEGAVA TOLKIEN A GIORGIA NELLE GROTTE DI COLLE OPPIO, PRENDE IL TELEFONINO E PARLA DIRETTAMENTE CON LA PREMIER MELONI... - VIDEO

giorgia meloni daria perrotta giancarlo giorgetti

FLASH – GIORGIA MELONI HA DETTO A BRUTTO MUSO AL RAGIONERE GENERALE DELLO STATO, DARIA PERROTTA: “QUESTO È UN ESECUTIVO POLITICO E NON TECNICO”. IL CENTRODESTRA HA GIÀ SILURATO IL DG DEL TESORO, ALESSANDRO RIVERA, HA LIQUIDATO L’EX RAGIONIERE BIAGIO MAZZOTTA E HA ACCOMPAGNATO ALL’USCITA IL DIRETTORE DELLE PARTECIPATE, MARCELLO SALA. ORA SE LA PRENDE ANCHE CON LA FEDELISSIMA DI GIANCARLO GIORGETTI, CHE NON È CERTO UNA PERICOLOSA COMUNISTA, NÉ UNA OSTILE “MANDARINA” IN QUOTA “DEEP STATE”. A DESTRA COSA PRETENDONO DA MEF E RAGIONERIA? CHE SIANO USI A OBBEDIR TACENDO? DAVANTI AI TRISTI NUMERI, NON CI SONO IDEOLOGIE O OPINIONI…

donald trump volodymyr zelensky donald trump nobel pace

DAGOREPORT – DONALD TRUMP È OSSESSIONATO DAL NOBEL PER LA PACE: LE BOMBE DI NETANYAHU SU GAZA E I MISSILI DI PUTIN SULL’UCRAINA SONO GLI UNICI OSTACOLI CHE HA DI FRONTE – CON “BIBI” È STATO CHIARO: LA PAZIENZA STA FINENDO, LA TREGUA NON SI PUÒ ROMPERE E NON CI SONO PIANI B, COME HA RICORDATO AL PREMIER ISRAELIANO MARCO RUBIO (IN GRANDE ASCESA ALLA CASA BIANCA A DANNO DI VANCE) – DOMANI L’ACCORDO CON XI JINPING SU DAZI, TIKTOK, SOIA E NVIDIA (E STI CAZZI DI TAIWAN). IL PRESIDENTE CINESE SI CONVINCERÀ ANCHE A FARE PRESSIONE SUL SUO BURATTINO PUTIN? SE NON LO FARÀ LUI, CI PENSERÀ L’ECONOMIA RUSSA AL COLLASSO…

sangiuliano gasdia venezi giuli

SULLA SPOLITICA CULTURALE DELLA “DESTRA MALDESTRA” – ALBERTO MATTIOLI: “CI RENDEMMO SUBITO CONTO CHE DA SANGIULIANO C’ERA NULLA DA ASPETTARSI, A PARTE QUALCHE RISATA: E COSÌ È STATO. GIULI AVEVA COMINCIATO BENE, MOSTRANDO UNA CERTA APERTURA E RIVENDICANDO UN PO’ DI AUTONOMIA, MA MI SEMBRA SIA STATO RAPIDAMENTE RICHIAMATO ALL’ORDINE - CHE LA DESTRA ABBIA PIÙ POLTRONE DA DISTRIBUIRE CHE SEDERI PRESENTABILI DA METTERCI SOPRA, È PERÒ UN FATTO, E PER LA VERITÀ NON LIMITATO AL MONDO CULTURALE - IL PROBLEMA NON È TANTO DI DESTRA O SINISTRA, MA DI COMPETENZA. CHE BEATRICE VENEZI NON ABBIA IL CURRICULUM PER POTER FARE IL DIRETTORE MUSICALE DELLA FENICE È PALESE A CHIUNQUE SIA ENTRATO IN QUALSIASI TEATRO D’OPERA - (PERCHE' SULL’ARENA DI VERONA SOVRINTENDE - BENISSIMO - CECILIA GASDIA, DONNA E DI DESTRA, SENZA CHE NESSUNO FACCIA UN PLISSÉ?)’’

alessandro giuli pietrangelo buttafuoco arianna giorgia meloni beatrice venezi nicola colabianchi nazzareno carusi tiziana rocca giulio base

''L’ESSERE STATI A CASA MELONI O DI LA RUSSA NON PUÒ ESSERE L’UNICO O IL PRIMO REQUISITO RICHIESTO PER LE NOMINE CULTURALI’’ - LETTERA A DAGOSPIA DI PIERLUIGI PANZA: “SONO TRA LE ANIME BELLE CHE QUANDO GIORGIA MELONI HA VINTO LE ELEZIONI HA SPERATO CHE, AL POSTO DEL PLURIDECENNALE AMICHETTISMO ROMANO DI SINISTRA SI AVVIASSE UN METODO, DICIAMO SUPER-PARTES, APERTO (MAGARI ANCHE SOLO PER MANCANZA DI CANDIDATI) E TESO A DELINEARE UNA CULTURA LIBERALE LEGATA AL PRIVATO O ALLE CONFINDUSTRIE DEL NORD… POVERO ILLUSO. IL SISTEMA È RIMASTO LO STESSO, APPLICATO CON FEROCE VERIFICA DELL’APPARTENENZA DEL CANDIDATO ALLA DESTRA, MEGLIO SE ROMANA DI COLLE OPPIO, PER GENEALOGIA O PER ADESIONE, MEGLIO SE CON UNA PRESENZA AD ATREJU E CON UN LIBRO DI TOLKIEN SUL COMODINO - LE NOMINE DI GIULI, BUTTAFUOCO, CRESPI, VENEZI, COLABIANCHI, BASE & ROCCA, IL PIANISTA NAZARENO CARUSI E VIA UNA INFINITÀ DI NOMI NEI CDA, NELLE COMMISSIONI (IN QUELLA PER SCEGLIERE I 14 NUOVI DIRETTORI DEI MUSEI C’È SIMONETTA BARTOLINI, NOTA PER AVER SCRITTO "NEL BOSCO DI TOLKIEN, LA FIABA L’EPICA E LA LINGUA")