PAGANO PER BRICIOLE DOPO AVER SCASSATO IL MONDO - LA SUPERMULTA DI 13 MILIARDI DI DOLLARI A JP MORGAN NON CHIUDE LO SCANDALO DEI MUTUI “SUBPRIME”

Paolo Mastrolilli per "La Stampa"

La colossale multa che la banca americana Jp Morgan sembra intenzionata a pagare al dipartimento della Giustizia, 13 miliardi di dollari, risolve diversi problemi, ma lascia anche parecchi interrogativi aperti. Basterà a chiudere lo scandalo dei mutui, che aveva generato la crisi del 2008? Costerà la testa al presidente e amministratore della banca, Jamie Dimon? Calmerà il pubblico, o spingerà il governo a perseguire altri istituti di credito con la stessa determinazione?

L'antefatto è noto da circa cinque anni, cioé dal fallimento di Lehman Brothers, che ha innescato la recessione globale più grave dai tempi della Grande Depressione. Jp Morgan, insieme ad altre banche, aveva giocato in maniera troppo spregiudicata con la concessione dei mutui subprime, e la vendita di prodotti finanziari insicuri legati a questi prestiti.

Per anni il segretario alla Giustizia Eric Holder ha cercato di risolvere questo problema, punendo il più grande istituto di credito americano senza destabilizzarlo. Il risultato del lungo negoziato è l'intesa affiorata sabato, secondo cui Jp Morgan sarebbe pronta a pagare 13 miliardi di dollari, divisi fra 9 miliardi di multe, e 4 destinati ai proprietari di case danneggiati dalle sue politiche.

E' la più grande punizione mai inflitta ad una compagnia americana: tanto per fare un confronto, la BP ha pagato «solo» 4,5 miliardi per l'inondazione di petrolio nel Golfo del Messico, provocata dall'esplosione di una sua piattaforma. Se l'accordo verrà confermato, però, i suoi effetti sono ancora incerti, e potrebbero lasciare tutti scontenti.

Il governo spera che il pubblico veda la multa come la giusta punizione attesa da tempo, e smetta di rimproverare all'amministrazione Obama di aver avuto la mano leggera contro le banche responsabili della crisi. Dopo tanti anni di frustrazioni, però, il risultato potrebbe essere quello inverso. Così il colpo dato a Jp Morgan diventerebbe solo un precedente, da replicare con tutti gli altri istituti coinvolti. Uno sviluppo che impegnerebbe ancora il governo in complicate trattative, con il rischio di frenare il credito e quindi la timida ripresa in corso.

Jp Morgan spera di chiudere questo capitolo legale, che nel terzo trimestre dell'anno le è costato il primo quarto in rosso della gestione Dimon. Ma potrebbe trattarsi di un desiderio effimero. L'accordo col dipartimento della Giustizia, infatti, copre la banca dalle cause civili, ma non da quelle penali, che restano aperte in California e potrebbero ancora portare in prigione qualche manager.

Dimon, poi, non sa bene che fine farà. L'amministratore e presidente di Jp Morgan è stato colpito non solo da questo scandalo, ma anche da quello delle perdite provocate in Gran Bretagna dall'operatore incosciente «London Whale», e dalle assunzioni nepotiste fatte in Cina per assicurarsi l'appoggio di politici e dirigenti corrotti. Ha perso parecchia credibilità, soprattutto a Washington, dove un tempo era vicino allo stesso presidente Obama.

Finora è sopravvissuto ai tentativi di farlo fuori, e conserva ancora la maggioranza in consiglio, perché gli azionisti lo considerano sempre il dirigente più attrezzato per gestire una realtà così intricata. L'anno prossimo però potrebbe subire una nuova offensiva, quanto meno per togliergli il doppio titolo di amministratore e presidente.

Per il governo tutto dipenderà dalla possibilità di centrare il triplo obiettivo di calmare l'opinione pubblica, spingere le banche a comportamenti meno rischiosi, ma evitare di destabilizzare un istituto fondamentale per l'economia Usa.

 

 

JAMIE DIMONJAMIE DIMON jpegJAMIE DIMON da Huffington PostJAMIE DIMON DI JP MORGANJPMORGAN jp morgan

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