SIAE QUEL CHE SIA, LA POLTRONA È MIA - LO CHIAMANO MISTER SIAE, IL LETTIANO GAETANO BLANDINI, MESSO A CAPO DELLA SOCIETA’ PER IL DIRITTO D’AUTORE - CON UN BUCO DA 800 MLN €, LA SIAE È INCAPACE DI GESTIRE I PRIVILEGI ACQUISITI: IMMOBILI CEDUTI A PARENTI E AMICI SENZA RISCUOTERE L’AFFITTO, CONGEDI STRAPAGATI, MONTE FERIE DA VACANZIERI PERENNI, MALATTIE CONTINUE E COLOSSI TV CHE NON SALDANO - BLANDINI PRENDE MEZZO MILIONE DI EURO, MA PER I PENSIONATI SIAE NON ESCONO FUORI NEMMENO 615 € AL MESE…

Malcom Pagani per il "Fatto quotidiano"

Suo padre, segretario di Mario Scelba, il democristiano che recitò da premier, inventò la celere e manganellò il "culturame", forse sperava in qualcosa di diverso. Invece Gaetano Blandini, 50 anni, figlio di madre greca, uno che da ragazzo maneggiava la lingua di Omero meglio dell'italiano e traduceva relazioni su Atene e dintorni per la Presidenza del Consiglio non disprezzate dai servizi segreti di casa nostra, è precipitato nell'Odissea della Siae. A capo della società degli autori e degli editori, commissariata all'alba della primavera del 2011 per manifesta incapacità di regolarizzare un debito di 800 milioni con gli associati, sopravvivere all'avvento di Mauro Masi e alle regole del mercato.

Così nell'aumento smisurato del numero dei componenti degli organi di controllo, degli stipendi e delle prebende offerte ai soliti noti, la Siae si è comportata come la Costa Concordia. Si è avvicinata a riva ed è naufragata. Per risanarla dopo le dimissioni dell'ex presidente Giorgio Assumma e più in là della nomina onorifica del commissario straordinario Gianluigi Rondi, 91 anni, il carrozzone ha pensato a un nocchiero ambizioso. Gaetano Blandini, intimo di Gianni Letta e allievo di Carmelo Rocca , padre padrone dello spettacolo anni 80, conosciuto quando Blandini trafficava per ore nelle sale polverose della commissione censura.

Come il Blandini di oggi, il Rocca di ieri, inimitabile accentratore di cariche, faticava a delegare. Riuscì a essere presidente della commissione che erogava i fondi di garanzia e a capo della sezione credito della Bnl che li pagava. Un capolavoro equilibristico di cui Blandini ha fatto tesoro dopo essersi esercitato nella gavetta.

Se nella Repubblica fondata sul lavoro i ruoli sono interscambiabili, per sillogismo, sono invertibili anche le poltrone. Così dopo la non rimpianta esperienza di Gianni Profita al ministero dei Beni culturali come direttore generale della sezione cinema dal 2002 al 2004, Blandini gli subentra e Profita va a occupare alla Siae la stessa sedia sulla quale ora balla Blandini.

Il padre della legge sul cinema ("Bland", come lo chiamano, è tra i massimi esperti legislativi del settore), il dirigente trasversalmente apprezzato da produttori ed esercenti (sue intuizioni i finanziamenti a Gomorra e Il Divo), lo spregiudicato grand commis che gestiva decine di milioni di euro l'anno colto al telefono con l'amico Balducci e con Diego Anemone: "Senti oggi abbiamo approvato... Sono stati bravi; si sono spicciati... digli che adesso devono essere altrettanto bravi a spicciarsi con la banca", il tutto e il niente, compresa la frequentazione della cricca, di questi anni confusi.

Chi ha fatto certamente in fretta, oltre a Blandini, è il suo amico Salvatore Nastasi detto "Salvo", 38 anni. Al ministero erano inseparabili. Nastasi che con l'attuale dg della Siae divide la pinguedine, la riservatezza (dicono che Blandini esca solo per correre a vedere l'amata Lazio), i rapporti filiali con "Zio" Gianni Letta e la disinvoltura, è rimasto lì, nella stessa veste (capo di Gabinetto) già indossata ai tempi delle avventure paranepotistiche dell'ex ministro Bondi e consorte Repetti.

Blandini è invece emigrato alla Siae e rispetto all'epoca delle passeggiate sulla Croisette, lo descrivono più accigliato. Lo consola lo stipendio, quasi mezzo milione di euro, circa tre volte in più di quanto percepito da celebrato Dg del cinema, lo inquietano le nubi sull'istituto. Mancano i soldi per i fondi pensioni, 87 milioni ora congelati da Rondi per riconoscere 615 euro da destinare a poco più di 1000 ex associati (ora nullatenenti). Situazione immutata nonostante Vincenzo Vita (Pd) avesse proposto un emendamento "inizialmente fatto proprio dai relatori del decreto sulle liberalizzazioni e poi espunto dal testo per il no del Mibac".

Per decenni alla Siae (c'è un'indagine interna in corso, disposta da Blandini stesso) sono stati ceduti a parenti, mogli e fidanzate immobili di proprietà dell'ente con modalità, per così dire, curiose. Caparre di 500 euro per appartamenti valutati mille volte tanto. Possibilità di scegliere comode rate dilatate tra le duecento e le 480 (oltre la vita naturale, alla Siae funzionava così).

Scandali assortiti (congedi strapagati, monte ferie da vacanzieri perenni , malattie continue e persino colossi televisivi nazionali che non saldano dichiarando "notevoli difficoltà economica") complici del dissesto attuale. Se sindacati e sinistra avversano Blandini (sostengono i suoi per l'abbattimento dei privilegi precedenti) la sua gestione ha avuto l'inatteso plauso di un cronista non sospetto, Gian Antonio Stella, capace di notare che il nuovo corso, se non altro, ha abbattuto del 30 per cento i congedi giornalieri (reiterati) dei dipendenti cagionevoli.

Quasi una metafora della Siae, ormai vecchia e incapace di riconoscere i diritti acquisiti per inseguire una sostenibilità economica che non coincide più con l'anarchica ironia di Beppe Grillo: "Sono l'unico iscritto che si fa le cassette da solo". Oggi l'avvenire fugge dietro le spalle, il passato è una terra straniera e la solitudine degli associati, meno matematica di un numero primo.

 

GAETANO BLANDINISIAESEDE SIAEGIAN LUIGI RONDI GIANNI LETTA GIAN ANTONIO STELLA PH MARIO CASTIGLIONI

Ultimi Dagoreport

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…

sergio mattarella guido crosetto galeazzo bignami adolfo urso giorgia meloni

FLASH! - SULLA QUESTIONE GAROFANI-BELPIETRO, RIMBOMBA IL SILENZIO ASSORDANTE DI GUIDO CROSETTO. CHE LA LINEA DEL MINISTRO DELLA DIFESA E COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA SIA PIÙ IN SINTONIA CON IL COLLE CHE CON I CAMERATI DI “PA-FAZZO” CHIGI DI VIA DELLA SCROFA, NON È UNA NOVITÀ. D’ALTRONDE, NEL 2022 FU MATTARELLA A VOLERE CROSETTO ALLA DIFESA, DOPO AVER BOCCIATO IL NOME DI ADOLFO URSO PROPOSTO DA MELONI. ED È SEMPRE STATO CONSIDERATO UN “INTERLOCUTORE” DEL COLLE, TANT’È CHE GUIDONE SMISE DI PARTECIPARE  AI CONSIGLIO DEI MINISTRI POICHÉ TUTTI DAVANTI A LUI TENEVANO LA BOCCUCCIA CHIUSA…

maurizio belpietro giorgia meloni galeazzo bignami francesco saverio garofani sergio mattarella

GIORGIA MELONI NON ARRETRA! DOPO L'INCONTRO AL QUIRINALE CON MATTARELLA, LA DUCETTA HA RIBADITO LA VERSIONE DEL CAMERATA GALEAZZO BIGNAMI: “RAMMARICO PER LE PAROLE ISTITUZIONALMENTE E POLITICAMENTE INOPPORTUNE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI” – AL CONSIGLIERE DI MATTARELLA SARÀ SFUGGITA UNA PAROLA DI TROPPO, MA DA UNA BANALE OSSERVAZIONE POLITICA SUL CENTROSINISTRA AL GOLPE QUIRINALIZIO, CI PASSA UN OCEANO – PERCHÉ BELPIETRO NON PUBBLICA L'AUDIO IN CUI GAROFANI EVOCAVA UN “PROVVIDENZIALE SCOSSONE” (AMMESSO CHE LO "SCOSSONE" NON SI RIFERISSE AL CENTROSINISTRA)? SE LO FACESSE, LA QUESTIONE SAREBBE CHIUSA: PER GAROFANI SAREBBE DIFFICILE RESTARE AL SUO POSTO – IL QUIRINALE AVEVA FATTO SAPERE CHE DOPO L’INCONTRO CI SAREBBE STATO UN COMUNICATO. PER ORA L’HA FATTO LA MELONI: CI SARÀ UN’ALTRA NOTA DAL COLLE? - BIGNAMI INSISTE: "CI HA SORPRESO LA REAZIONE SCOMPOSTA DEL PD, GAROFANI HA CONFERMATO I CONTENUTI E NON HO VISTO PIATTI VOLARE DAL QUIRINALE..."