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1. PER LA ROMA DI GARCIA UN PAREGGIACCIO CON QUESTO DERELITTO E ASSATANATO PARMA CHE VALE TRE SCONFITTE. PERCHÉ QUESTA JUVENTUS CONFERMA DI NON ESSERE PIÙ LA MACCHINA DEFINITIVA DI CONTE. MESSA SOTTO PER LUNGHI TRATTI DAL CESENA 2. TANTO PER AGGIUNGERE INUTILI CONFERME SULLA POCHEZZA DEL CAMPIONATO NOSTRANO: CE LE VEDETE REAL MADRID E BARCELLONA CHE PAREGGIANO CON L’ULTIMA E LA PENULTIMA?

Giancarlo Dotto per Dagospia

 

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Chi allena il Real, il Barcellona o il Chelsea fa un altro mestiere. Il miglior allenatore del pianeta è oggi, di gran lunga, Roberto Donadoni. Stranisce che non sia lui sulla panca che gli spetta, quella del Milan. A tribolare, invece, nella cayenna di Parma, più pallido e consunto di un mozzicone dimenticato acceso.

 

Ha messo insieme una sporchissima dozzina, scarti e avanzi raccattati un po’ ovunque, gente che si sveglia la notte invocando un bonifico bancario, e ne ha fatto una squadra credibile, capace di battersi alla morte per strappare il punto più inutile della storia.

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Donadoni fa sembrare un calciatore anche Belfodil. Tutto dire.

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Per la Roma di Garcia, questo derelitto e assatanato Parma è l’ennesima reincarnazione del suo archetipico Lecce, la frana emotiva di una squadra mai all’altezza del suo nome quando si tratta di esserlo. Un pareggio che vale tre sconfitte. Rudi Garcia la butta sul trend africano. Un soprassalto di positivismo mentale. Intuizione smentita dal campo.

 

La lunga assenza ha trasformato Gervinho nella Madonna. Tutti lo invocano. Lui per primo ha creduto di essere tornato. Non è così. E’ rimasto nella gigantesca baldoria dei suoi avi. Il Doumbia visto in giallorosso sembra la brutta copia di Destro (che, feroce, segna da rossonero), troppo brutto per essere vero. Ma il sospetto è che sia vero.

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Il resto, una squadra lenta, macchinosa, che non ha feeling alcuno con la porta. Concitazione uguale imprecisione. Tesori perduti. Troppi. Dietro Benatia e Castan. In mezzo Strootman. Pjanic se n’è andato da un pezzo chissà dove. De Rossi e Keita non sono sovrapponibili. L’uno o l’altro. Nainggolan è il più vivo, l’unico con Florenzi e Verde, ma non è giocatore garciano, nel senso del tocco massimo due e fraseggio palla a terra. Lui, giocatore di strappi e allunghi, palla al piede.

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Rischia di diventare un rimpianto mostruoso questo pareggiaccio, a fine campionato. Da non dormirci da qui al 2020. Perché questa Juventus conferma di non essere più la macchina definitiva di Conte. Messa sotto per lunghi tratti dal Cesena nel secondo tempo. Tanto per aggiungere inutili conferme sulla pochezza del campionato nostrano: ce le vedete Real e Barcellona che pareggiano in sequenza con l’ultima e la penultima?

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Detto che Mancini sta pazientemente tessendo la sua Inter, dopo averla smazzarrizzata pezzo a pezzo (e ritrovato un valore assoluto come Guarin), il Napoli si conferma una creatura imperfetta. Rafa Benitez se ne andrà così, lasciando il boccone prelibato nella strozza, che non sale e non scende. Lui ha il maledetto complesso del demiurgo. Fa e disfa la sua squadra come i bambini ciccioni e un po’ autistici nella loro stanza dei giochi.

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Uno proprio bravo è Vincenzo Montella. La sua squadra sa sempre cos’è e chi è. A domanda risponde. Cuadrado al Chelsea è una delle più geniali operazioni di mercato di sempre. Squadra rinforzata e cassa rimpolpata. 

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