1. TRENT’ANNI DOPO, NELLO STESSO STADIO CHE VIDE NILS LIEDHOLM SOLLEVATO IN ARIA DA DIECIMILA BRACCIA IN TRASFERTA, È ANCORA ROMA CAPOCCIA. CONTRO OGNI PRONOSTICO, IN UN MERCOLEDÌ INQUINATO DA GRAVI ERRORI ARBITRALI SU MOLTI CAMPI, PER LA PRIMA VOLA IN QUASI NOVE DECENNI DI STORIA LA SQUADRA DI RUDI GARCIA VINCE LA QUINTA PARTITA CONSECUTIVA DALL’INIZIO DELLA STAGIONE E, COMPLICE UN SASSUOLO CHE COLPISCE IN TESTA IL NAPOLI, VOLA IN VETTA ALLA CLASSIFICA 2. TU CHIAMALO SE VUOI, AIUTINO: LA JUVE CHIAVA IL CHIEVO CON IL SOLITO ARBITRO 3. IN ATTESA, STASERA, DI UNA SUPER INTER-FIORENTINA, MILAN, SPROFONDO ROSSONERO

DAGOREPORT

Trent'anni dopo, nello stesso stadio che vide Nils Liedholm sollevato in aria da diecimila braccia in trasferta, è ancora Roma capoccia. Contro ogni pronostico, in un mercoledì inquinato da gravi errori arbitrali su molti campi, per la prima vola in quasi nove decenni di storia la squadra di Rudi Garcia vince la quinta partita consecutiva dall'inizio della stagione e, complice il Sassuolo che non t'aspetti, vola in testa alla classifica.

Nel primo quarto d'ora il turno settimanale sembra raccontare altro. Un copione scontato. Al San Paolo, sotto gli occhi di un'arena piena come ai tempi di Maradona, di fronte all'ultima della graduatoria, gravata dal recente 0-7 interno come l'Inter, i napoletani preparano il pallottoliere. Dzemaili infatti, mentre la Roma rischia al Ferraris con la Samp, punisce il rientro in serie A dell'ex portiere del Siena Gianluca Pegolo (il terzo in cinque gare per il Sassuolo, grande protagonista) con un tiro dei suoi da fuori area. È il quarto d'ora e le difficoltà sembrano tutte sulle spalle della Roma.

Però a quel punto, mentre il campo pare dar ragione alla disillusa ironia dei tifosi emiliani: «Oggi si disputa una partita storica, non si giocherà mai più» e il tecnico Di Francesco pregusta l'amaro sapore dell'esonero, la cenerentola del campionato trova il suo principe in Simone Zaza. Un ragazzone di grande talento, improbabile capigliatura da mohicano e proprietà Juventus che l'anno scorso, ad Ascoli, segnava reti a carrettate.

Ricomincia da ieri, con una girata da posizione impossibile su assist di Kurtic che sorprende Cannavaro, brucia Reina, sigla l'1 a 1 e rimette le cose in parità. Non tutti i turn over riescono col buco, ma tre partite in una settimana consigliano le grandi a piegarsi alla rotazione, Benitez ad applicarla in toto, Garcia a scegliere Borriello per Totti e Antonio Conte (a Verona con il Chievo) a dimenticare inizialmente i nomi di Vidal e Tevez.

A Genova intanto si fa male un titolare come Maicon e si vede soprattutto la Sampdoria, frenata con Gabbiadini da un grande De Sanctis. Si va al riposo con le prime appaiate a 13 punti. Nella ripresa, a Napoli va in scena una partita pazza e disordinata in cui ai miracoli di Pegolo si susseguono le occasioni in contropiede di un ottimo Sassuolo ispirato da Kurtic.

Mentre le radioline irradiano la notizia della prima espulsione italiana di Garcia e poi, in coincidenza con la mossa Totti, lo scacco matto della Roma con Benatia (gol incredibile da slalomista in caduta dopo un'ora di gioco) a Napoli vedono il Sassuolo sfiorare il colpo della vita (grande Reina su Laribi) e cominciano a disperare di poter trovare in coda il golletto utile a dimenticare una prova modesta. Ma il gol non arriva, la Roma raddoppia con Gervinho innescato da Totti e così a fare festa è solo la squadra che nel secondo tempo invece di rallentare, accelera.

TU CHIAMALO SE VUOI, AIUTINO.

Il Chievo invece viene letteralmente derubato. Va in vantaggio con la Juve grazie a Thereau e a un regalo di Buffon. Poi, pur subendo come è ovvio, imbriglia i bianconeri per un tempo e quando dopo il pari di carambolesco di Quagliarella trova la forza di rimettere la freccia con Paloschi (ancora malissimo Buffon) vede il sogno infrangersi nella topica arbitrale.

Accade infatti che il signor De Marco ingannato da un guardalinee, fischi un inesistente fuorigioco ai veronesi e alteri la gara rendendola nervosissima. Il conseguente 1-2 è un autogol alla Niccolai di Bernardini, mentre le polemiche in mondovisione sulla sudditanza psicologica e sul "regalino" dureranno ben oltre i titoli di coda e la rabbia di Paloschi (trattenuto) a tutto schermo al momento del fischio finale. La squadra di Conte sente la pressione.

Ma è la più abituata a sopportarla, ieri sera, sul Napoli, ha guadagnato due punti, ha probabilmente la rosa più forte e prima di recitare funerali del tutto fuori luogo sarà bene aspettare. I pericoli si chiamano ansia da prestazione e paradossalmente, panchina troppo lunga. In ogni caso la Juve si trova di nuovo in trincea. Non accadeva da almeno due anni, ma questa volta, le avversarie partecipano.

MILAN, SPROFONDO ROSSONERO.

A Bologna, un Milan in difficoltà all'avvio, trova il gol con Poli dopo un quarto d'ora e domina fallendo più volte (Matri da censura, in più occasioni) il raddoppio. Poi arriva il pari a sorpresa del promesso sposo interista Diego Laxalt (parcheggiato in prestito dall'astuta dirigenza guidata da Branca) e i problemi del Milan (difesa drammatica) si trasformano in psicodramma all'inizio della ripresa quando ancora Laxalt segna di testa il 2-1 e poi l'argentino Cristaldo all'esordio o quasi, in torsione imita Beppe Savoldi per il 3-1. Questa volta Allegri trema davvero.

La classifica è atroce, il suo capo ha appena finito di devastare il governo del nipote del suo più caro amico e anche Max non si sente tanto bene. Tira fuori difensori per mettere punte e maledice Curci, il portiere del Bologna che si ostina a respingere ogni velleità di rimonta. Poi accade che in pieno recupero, con Galliani terreo in tribuna, Robinho trovi in mischia il secondo gol e Ignazio Abate, figlio d'arte del portiere interista Beniamino, diventi a sua volta beniamino di un poverissimo diavolo trovando sottorete il 3-3.

Il Bologna vede sfumare un successo certo sull'incredibile traversa di Diamanti al centesimo minuto. Allegri e il Milan come già accaduto a Torino si tramutano in "Oracle" e risorgono dal baratro sventolando, se non una rosa all'altezza, almeno il carattere. Non è tutto. Non è poco.

IL RESTO DEL GRUPPO.

In attesa di una super Inter-Fiorentina, tutto il resto. Archiviati il successo dell'Udinese sul Genoa per 1-0 e le sacrosante lamentele di Guidolin «Si è rotto qualcosa ocn il pubblico, forse qualcuno pensava di poter vincere lo scudetto», si assiste a un ingannevole 2-2 tra Toro e Verona (doppietta di Cerci giunto a 5 gol, meglio il Toro nel complesso in attesa del derby con la Juve), a uno scintillante 4-3 tra Parma e Atalanta in cui i Cassano di giornata si chiamano Parolo e Mesbah (bergamaschi nei guai) e a un pari (1-1) tra Livorno e Cagliari in cui a potersi lamentare sono soprattutto i sardi ancora costretti all'allucinante campionato giocato tutto fuori dall'isola.

La Lazio dimentica il derby affossando il Catania con Hernanes, Ederson e Lulic. Tre a uno netto e occhio alla traballante panca di Maran. Insieme a Delio Rossi, tra i più precari timonieri del mazzo. È un brutto mestiere. Ma qualcuno dovrà pur subentare.

 

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