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SUPER SHOW DA SUPERBOWL: TRIONFANO I PATRIOTS ALL’ULTIMO RESPIRO, TOM BRADY NELLA LEGGENDA (MA IL VERO EROE É IL NERO BUTLER) - APOTEOSI POP CON KATY PERRY, LENNY KRAVITZ E MISSY ELLIOT: QUI IL VIDEO INTEGRALE

VIDEO - LO SHOW DI KATY PERRY (INTEGRALE) NELL’INTERVALLO DEL SUPERBOWL

 

 

 

1. SUPERBOWL AI NEW ENGLAND PATRIOTS

Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera

 

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Al termine di una partita incertissima fino a due minuti dalla fine, anche il maxigavettone liberatorio che celebra la quarta vittoria dei “Patriots” che hanno appena strappato il “Super Bowl” dalle mani dei Seattle “Seahawks” è sponsorizzato: la cascata d’acqua che piove sui condottieri della squadra del New England - il “coach” Bill Belichick e il “quarterback” Tom Brady, protagonisti di tutti i trionfi di questo secolo – viene da un grande secchio che ha la forma di un bottiglione di Gatorade.

 

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Molti critici accusano questo sport di essere intrinsecamente violento e di avere un sottofondo razzista, coi giocatori-armadio afroamericani mandati al massacro per la gloria di allenatori e registi bianchi e la gioia di un pubblico anch’esso in gran parte bianco. Accusa ingiusta perché il football, nato come forma di ribellione delle élite studentesche dei “college” della East Coast, è veramente lo sport che unisce tutti gli americani: il “Super Bowl” è una festa nazionale che coinvolge e travolge tutti.

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E ieri il vero eroe è stato un nero: Malcom Butler che, intercettando miracolosamente sull’ultimo metro di campo un lancio degli avversari, ha impedito ai “falchi” di ottenere il “touchdown” decisivo.

 

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Ieri l’America si è fermata: tutti gli occhi puntati sullo stadio dell’Università di Phoeix in Arizona. A New York per tutto il giorno si sono viste solo persone che uscivano dai supermercati carichi di cartoni di birra, quantità industriali di “guacamole”, “chicken wings”, carni varie, pizze e altro ancora. Poi alle 6, mezz’ora prima del fischio d’inizio, strade deserte, come nella notte del “coprifuoco” per la temuta bufera di neve.

 

Vedo la partita con un gruppo di amici italiani e americani (tifo diviso ma non equamente: prevalgono i “fan” di Seattle) in casa di Aldo Uva, ex dirigente di una multinazionale svizzera appena diventato top-manager della Ferrero. Al di la delle vetrate scintilla, lontana, la “skyline” di Manhattan. Pochi minuti e l’Empire State Building prende i colori rossi e blu dei “Patriots” che vanno in vantaggio. Ma Seattle recupera e il grattacielo simbolo di New York diventa verde e blu: i colori dei “Seahawks”. Si va al riposo in parità, 14 a 14.

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È il momento trionfale dei “commercial”: quasi 5 milioni di dollari per pubblicizzare in 30 secondi birre Budweiser e batterie supplementari degli iPhone. E anche due prodotti italiani: “Renegade”, la Jeep “made in Melfi” e la Fiat 500X che, nello “spot”, è resa più grossa, curvilinea e seducente dell’originale da una pillola di Viagra inopinatamente finita nel serbatoio.

 

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Comincia l’intermezzo di Katy Perry: un “recital” nella quale la cantante presenta in appena 13 minuti i suoi grandi successi, da “Roar” a “Firework”, in un trionfo di effetti speciali, palme finte, squali danzanti, fuochi d’artificio, cannoni sparafuoco. Lorenzo Jovanotti, assorto, annota mentalmente tutti i dettagli.

 

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Tra qualche mese toccherà a lui riempire stadi in Italia, da San Siro all’Olimpico: “Questo del “Super Bowl” è sempre lo spettacolo musicale più tecnologicamente avanzato: lo osserviamo con grande attenzione, dà molti spunti. Anche se le condizioni sono diverse: loro fanno esplodere tutto in una notte, noi dobbiamo ripetere le cose sera dopo sera, nella tournée”. Si riprende e i “Seahawks” scattano avanti. L’Empire sicuramente celebra ma non si vede più: su New York è scesa una nuvola carica di neve.

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I giocatori di Seattle sembrano più freschi, i lanci del “quarterback” Russell Wilson sono più precisi. Seattle conduce 24 a 14, ma nel quarto tempo il vecchio Tom Brady, eletto poi Super Bowl Most Valued Player, guida ancora una volta i suoi, com’è successo già più volte in campionato, alla riscossa: i Patrioti riescono a rimontare una situazione che sembrava compromessa.

 

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A due minuti e mezzo dalla fine conducono 28 a 24, ma la palla è ai “Seahawk” che conquistano rapidamente terreno. Arrivano a un passo dalla linea del “touchdown” e per loro sembra fatta. Ma Wilson si fa intercettare da Butler l’ultimo passaggio. Palla persa e vittoria del New England. Sugli spalti il pubblico, tra i quali tante star dello spettacolo, da Paul McCartney a John Travolta, applaude.

 

In campo cascata di coriandoli, trionfo di fuochi e la coppa creata dalla gioielleria Tiffany - un trofeo che porta un nome italiano, quello del leggendario “coach” Vince Lombardi – viene alzata dal proprietario della squadra, Robert Kraft: uno che non ha mai risparmiato retorica patriottica sin dalla prima vittoria, poco dopo l’attacco terrorista alle Torri gemelle del settembre 2001. Anche se poi una volta Kraft spiegò la sua scelta di investire centinaia di milioni di dollari in un team di football in tutt’altro modo: “Soffrivo della sindrome che si manifesta con un deficit di attenzione: ho comprato i “Patriots” per concentrarmi su qualcosa”.

 

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2. SUPER BOWL

Andrea Salvadore per il suo blog, www.americanatvblog.com

 

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Il football in televisione e’ la ragione per cui esiste ancora la televisione in diretta. Gli ascolti hanno drogato la televisione generalista che e’ passata dal mettere in onda partite non solo la domenica ma il lunedì e poi il sabato e il giovedì. Oltre 30 prime serate televisive su 33 sono in genere i massimi ascolti televisivi degli ultimi anni.

 

Sara’ sempre cosi ? Ci sono indicatori tra i millennials, le nuove generazioni, che vanno in altre direzioni. Gia’ oggi il calcio e’ lo sport praticato numero uno nelle high schools, le scuole secondarie. Quello che regge e’ la grande metafora americana del football che e’ scuola di violenza, coraggio, integrazione, competizione piu’ di ogni altro sport. Una guerra domestica, legale, “scuola di vita”, come abbiamo visto in una delle piu’ belle serie televisive di sempre che racconta l’America come nessuna altra, Friday Night Lights.

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La televisione e’ arrivata perfettamente a contenere questo gioco, questo business. Le pause sono perfette per la pubblicità in una misura che il calcio sogna. E il gigante ipertrofico e’ arrivato quest’anno a vendere tutti gli spot al prezzo record di 4.5 milioni per i 30 secondi ( aumento di 500mila dollari all’anno e per chi non ci arriva si vendono i 15 secondi alla meta’ ).

 

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100, 120 milioni di americani davanti alla tv. Noi facciamo questo pieno con Sanremo. Si anche qua ci sono le canzonette a meta’ tempo ma tra i due shows c’e’ una differenza storica, antropologica. Che vedi quando gli aerei della US Force passano sullo stadio durante l’inno.

 

Tom Brady e Marshawn Lynch sono le due stars. Brady cerca la quarta vittoria, a 37 anni. Marshawn Lynch ha vinto l’anno scorso. Il football e’ un gioco complesso, raffinato, perfetto per gli slow motion televisivi, a dispetto di una apparente semplicita’. Anche per gli spot  che si susseguono a mitraglia. Il primo touchdown dei Patriots arriva seguito da quattro commercials. E capisci perche’ si dice che il vero format tv e’ la pubblicita’, con qualche intermezzo di football.  La tv inquadra Travolta, Paul McCartney e altri tra il pubblico.

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Lynch pareggia per Seattle . E’ un camion lanciato a cento all’ora. Dopo il pareggio arriva il commercial alla Breaking Bad e non ci sta male.

 

Poi, il nuovo touchdown di Boston. E il nuovo pareggio di Seattle arriva all’ultimo secondo. E’ una partita bella, anche per chi non ama il football.

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Arriviamo allo show di Katy Perry di meta’ partita. Con Lenny Kravitz. Difficile il paragone con quelli passati. Grandioso come altri ma piu’ di altri sta meglio dentro una partita di football. Non e’ una presenza altra, lei, sexy come la ragazza della porta accanto ( certo, dipende sempre di che porta si parla ). Non uno show che distrae dalla partita ma fa da intervallo. Come dovrebbe essere.

 

L’anno scorso Seattle stravinse e non ci fu partita. Stasera e’ combattuta e dovrebbe significare piu’ ascolto tv. Nella seconda meta’ continua cosi’.

Il proprietario dei Seattle Hawks e’ Paul Allen, cofondatore di Microsoft, che lascio’ prestissimo la corporation con un mucchio di soldi che gli hanno permesso di fare filantropia e giocare, come un bambino. Ogni tanto fa capolino sugli spalti, beccato da una telecamera.

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Alla fine, succede come in uno spot che abbiamo visto stasera. Che Dio e’ nero. E si chiama Marshawn Lynch. Ma non gli hanno passato l’ultima palla e ha vinto Boston e quel fighetto di Tom Brady. Con rissa finale.

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In attesa del verdetto finale sui palloni sgonfiati ma ormai il Super Bowl e’ andato a Boston. Purtroppo.

 

PS Ad un’altra volta quello di cui bisognerebbe veramente discutere a proposito del football. La violenza domestica di alcuni giocatori e quanti tra loro finiscono la loro carriera con danni cerebrali.

 

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