andrea delogu

AMORI E BOLLORI DELLA 43ENNE ANDREA DELOGU, DALL’EX FRANCESCO MONTANARI, “IL LIBANESE” DI “ROMANZO CRIMINALE (“QUANDO È FINITA, HO CAPITO CHE NON ERA QUELLO CHE DESIDERAVO”) AL TOY BOY LUIGI BRUNO, DI 16 ANNI PIU’ GIOVANE: “MI HA CONQUISTATA PERCHÉ, DAVANTI ALLE MIE RESISTENZE, NON HA MOLLATO UN SECONDO”. PECCATO CHE SEMBREREBBE CHE I DUE SI SIANO LASCIATI. I BEN INFORMATI DICONO CHE LUI ABBIA PRESO UN APPARTAMENTO DA SOLO...

Candida Morvillo per corriere.it - Estratti 

 

andrea delogu

Sui pensili della cucina, sono appiccicate tante polaroid. Sono i selfie che Andrea Delogu scatta ogni volta che un amico arriva a cena, inatteso. Si riconoscono l’amica del cuore Ema Stokholma, con cui ha fatto programmi tv e radio, Marco Giusti e il gruppo di «Stracult», condotto per sei edizioni su Raidue, naturalmente il fidanzato top model Luigi Bruno, ma le foto sono decine...

 

Lei spiega: «So fare solo cucina di fortuna, ma anche se sono da sola, preparo sempre almeno per due, non si sa mai». Ha appena condotto il «Tim Summer Hits» con Carlo Conti su Raiuno; da fine luglio, girerà una commedia romantica; poi, riprende «la Porta Magica», su Raidue. Vacanze poche, umore però a mille. Dice: «Non pensavo mai di arrivare a 43 anni e avere quello che ho». 

 

 

«Nella vita, ho imparato una cosa sola: a raccontare storie... E ora ho una trasmissione quotidiana in tv in cui racconto storie di gente comune mostrando che la vita è sempre straordinaria: basta saperla raccontare. Chi viene da me lo fa magari per ballare col suo ballerino preferito o per cambiare look, ma ogni volta si emoziona per il fatto di potersi raccontare più che per il regalo che riceve. E io penso: ammazza, che figata, sto raccontando la storia di qualcuno rendendolo felice». 

 

Un’altra cosa bella? 

andrea delogu francesco montanari

«L’amore per mia sorella, che ha nove anni più di me, ed è figlia solo di mamma, l’amore per mio fratello che ha 26 anni meno di me ed è figlio solo di papà, e l’amore fra loro due che non hanno genitori in comune ma hanno in comune solo me. Siamo i satelliti l’uno dell’altro e veder crescere mio fratello mi dà fiducia nel futuro perché è migliore di me quando avevo la sua età». 

 

Com’era lei da adolescente? 

«Per me l’adolescenza è stato un cavolo di incubo. Poi, ho ricordi bellissimi, ma che fatica». 

 

Ne «La collina», romanzo best seller ispirato alla sua infanzia a San Patrignano, ha scritto: «Ho la certezza che nella vita non potrà esserci un impossibile». Come arriva questa certezza? 

«Quando da bambina andavo a scuola, vedevo ragazzi e ragazze che aspettavano di entrare in comunità. Erano a pezzi, disperati. Restavano alla sbarra per giorni, perché Vincenzo Muccioli faceva entrare solo quelli davvero motivati. Poi, per anni, quei ragazzi li rivedevo ogni giorno. Erano vivi, stavano bene e avevano superato la morte, perché l’eroina era la morte e tutti si erano arresi: lo Stato, le famiglie. Crescendo accanto a loro sono cresciuta con la certezza che ci si rialza sempre». 

 

A lei quando è servito dirsi che niente è impossibile? 

andrea delogu luigi bruno

«La prima volta, quando siamo usciti da lì: i miei genitori erano entrati ragazzini e sono usciti che erano un uomo e una donna, non abituati al mondo di fuori, all’uso dei soldi. Io non sapevo che per strada ci fossero pericoli, che si poteva avere paura di chi incontri.

 

Poi, il primo amore mi ha lasciato, il primo lavoro l’ho perso, abbiamo chiesto un prestito in banca per pagare l’affitto. Però, alla fine, sto qua ed è stato figo. E, alla fine, i momenti difficili sono uguali per tutti: ognuno ha un dolore diverso, ma quel dolore ci fa assomigliare l’uno all’altro». 

 

Quando ha deciso che voleva lavorare nello spettacolo? 

«A 14 anni, ero coi miei dietro il palco di una festa di piazza a Rimini e bisognava avvisare che Cristina D’Avena non sarebbe arrivata. Ho detto: lo faccio io. Mi sono buttata sul palco e la gente, in una frazione di secondo, stava attenta a sentire cosa dicevo. Ho pensato: cavolo, mi stanno ascoltando. Mi sono sentita vista e ho iniziato a propormi per presentare sagre, fiere. Non ho mai avuto un Piano B. 

 

Volevo fare questo e mi sono buttata. Ho avuto i miei contentini, mi hanno preso come Letteronza a “Mai dire domenica”, ho fatto “Match Music” e l’hanno chiuso dopo un anno, nel mentre, ho fatto la vocalist, poi le prime cose sui social, poi sono arrivati Renzo Arbore, Marco Giusti. È stato tutto un bastone e carota: quando pensavo che era finita, arrivava un’altra occasione.  Ho fatto la gavetta e ne sono contenta: non mi fa paura niente». 

andrea delogu ema stokholma

 

L’incontro con Arbore come avviene? 

«Mi vedeva su Twitter e mi contattò per dei tutorial nel suo canale web. Era prima che facessi “Stracult”, in tempi non sospetti. A “Indietro tutta! 30 e l’ode” mi volle anche se la rete voleva un’altra. 

Facemmo il 20 per cento di share, un record. Anche per “Stracult” avevano chiesto a Giusti di prendere un’altra, ma lui insistette. Mi disse: ti scelgo, ma mi abbandonerai. 

E io, da sbruffona che sono: mi chiameranno, ma resterò. 

Infatti, nel mentre, ho fatto “Parla con lei”, “Dance dance dance”, la radio e il film Divorzio a Las Vegas . Una promessa è una promessa». 

 

Com’è che una dislessica fa teatro, radio, tv, cinema? 

«Ho scoperto di esserlo a 24 o 25 anni, guardando youtube. A scuola, avevo sofferto tantissimo e lì ho affinato l’arte dell’intrattenimento: sapevo poco, ma ero brava a buttare fumo negli occhi. Ora, ci rido su, non capivo come facessero gli altri a imparare le tabelline o a leggere tanti libri, tornavo a casa sfinita. Ora, ho capito che il mio cervello funziona solo in modo diverso e ho imparato a usarlo meglio». 

ema stokholma andrea delogu

 

Su Instagram – regno dell’immagine — fa una cosa controcorrente: pubblica parole. 

«Sono pazza dell’etimologia della lingua italiana. Per molto tempo, le parole non le avevo. Quando ho incontrato Franca Leosini le ho detto: lei quando racconta, incanta, conosce anche parole vetuste. E lei: non sono vetuste, sono italiane. E poi: io non conosco le parole, io le posseggo. Sono ancora qui che la amo». 

 

A «Parla con lei», condotto su Fox Life, la sfida era innamorarsi senza vedersi fisicamente, ma ascoltandosi. Esito dell’esperimento? 

«Fallito: il 99 per cento dei concorrenti ha consumato con qualcuno che aveva scartato». 

 

E lei, in amore, ha prediletto la parola o l’estetica? 

«Crescendo, si cambia: ci sono momenti in cui ho cercato sicurezza o ho voluto dare io protezione, o volevo salvare o volevo essere adorata... Ma mi sono sempre innamorata, ho sempre sofferto, ho il senso del melò italiano: mi metto nella doccia e piango. 

Poi, piano piano, ricomincio. 

 

CARLO CONTI - ANDREA DELOGU - TIM SUMMER HITS

Potrei dirle che il mio compagno, con cui sto da quattro anni, mi ha colpito perché è molto bello e molto giovane, in realtà, mi ha conquistata perché, davanti alle mie resistenze, che ero separata da un anno, non ha mollato un secondo». 

 

Come è nato in teatro «40 e sto»? 

«Dal divorzio». 

 

Con Francesco Montanari, il «libanese» di «Romanzo Criminale». 

«Avevo avuto la mia sceneggiatura standard: il matrimonio, la famiglia... E quando è finita, ho sofferto ma ho capito che non era quello che desideravo, non capivo dove stava andando il mondo e lo chiedevo agli altri, sul palco, accorgendomi che non ero solo io a non capire. Con quello spettacolo ho messo alla mia vita la colonna sonora di Notting Hill invece che di Carmina Burana . Dopo 78 repliche, ho smesso, ma scriverò 50 e sto». 

andrea delogu

 

Il coraggio di raccontarsi l’ha sempre avuto. Prima ancora, aveva raccontato di aver sofferto la depressione. 

«Me la sono portata dietro latente per tanto, ma stavo facendo la gavetta e la necessità di sopravvivere era tale che la depressione se ne stava sopita. Poi, è arrivato il successo, stavo per sposarmi e ho sentito un pezzo rotto dentro di me, ingestibile. Ci è voluta forza per uscirne: quattro o cinque anni di analisi». 

 

Ora che ha finito il «Tim Summer Hits» con Carlo Conti va in vacanza? 

«No, inizio a girare a Roma una commedia brillante, romantica, con Lino Guanciale, di Simone Aleandri e con Ilenia Pastorelli, Claudio Colica e Grazia Schiavo. Al cinema, mi offrono tanti personaggi collaterali, una come me funziona per fare la promozione dopo». 

 

Chiunque altra direbbe che l’hanno presa perché serviva un’eccezionale spalla. 

«Io dico la verità. Poi, reggo bene la camera, ho studiato recitazione per fare la conduttrice». 

 

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