CARI COMPAGNI ANTIAMERICANI, FATE CON COMODO IN FONDO IL PCI È FINITO SOLO 16 ANNI FA - QUANDO MIO PADRE CARLO PONTI DIFESE "BLOW UP" - ARRIVA ANCHE AZOUZ NEL BARNUM TELEVISIVO (GRAZIE MENTANA, PICCOLO VESPA).
1 - CARI COMPAGNI ANTIAMERICANI, FATE CON COMODO.
Ernesto Galli Della Loggia per "Il Corriere della Sera"
A proposito di antiamericanismo Alessandro Portelli sul «Manifesto» invita perentoriamente la sinistra a liberarsi una buona volta «di sensi di colpa esagerati e di frettolose abiure ideologiche». Giusto! Ed era ora che qualcuno certe cose le dicesse. Era forse esagerato accusare a suo tempo Truman di essere un nazista? Gli Usa di ricorrere alla guerra batteriologica?
Dipingere per decenni la Nato come uno strumento bellicista, sostenere che di fronte agli SS 20 sovietici non bisognava muovere un dito, così come non bisognava sloggiare Saddam Hussein dal Kuwait? Esagerato? Andiamo! Anche dare qualche milione di volte un quadro della società americana come della società più spietata, più materialista, più violenta immaginabile, che volete che sia alla fin fine? Quanto alla "frettolosità" delle abiure, vi rendete conto che il Pci è finito solo 16 anni fa, cioè in pratica ieri?
2 - QUANDO MIO PADRE CARLO PONTI DIFESE "BLOW UP".
Alex Ponti per "Chi"
Mi ricorderò sempre la storia che mio padre raccontava su "Blow up" di Michelangelo Antonioni.
Nell'autunno del 1966 "Blow up" fu proiettato per la prima volta per il consiglio di amministrazione della Metro Goldwyn Mayer, la società americana che lo aveva finanziato e che all'epoca era oggetto di un tentativo di scalata in Borsa. Poiché, a causa di una scena ritenuta scabrosa, la Mpaa (Motion Pictures Association of America) aveva negato il visto censura, il consiglio di amministrazione decise all'unanimità di distruggere il film per evitare una pubblicità negativa, che avrebbe potuto favorire la scalata in atto. Mio padre non volle sottostare a questa decisione e chiese al presidente della Metro Goldwyn Mayer, che non aveva potuto partecipare alla riunione, di vedere il film ed esprimere il suo giudizio. Se anche lui avesse deciso di distruggere il negativo, mio padre avrebbe accettato. Il giorno seguente, alle nove del mattino, il presidente si presentò in sala di proiezione insieme con un'anziana signora. Terminata la proiezione, il presidente le chiese: «Cosa ne pensi?». E lei: «Non ho capito niente, ma è un capolavoro». Mio padre gli chiese: «Ma lei chi è?». «È la mia cameriera, il film esce e lo distribuisci tu, senza il leone della Mgm», concluse il presidente.
La sera dell'uscita del film, poco prima del Natale 1966, a New York nevicava copiosamente. La gente, però, senza che fosse stata fatta alcuna pubblicità (la Mgm, infatti, non appariva come la casa distributrice del film), era diligentemente in fila attorno all'isolato.
Il giorno successivo Vincent Canby, il critico cinematografico del "New York Times", fece una recensione superlativa del film decretandone il successo. Dopo aver letto questa recensione, Jack Valente, presidente della Mpaa, chiamò mio padre offrendogli il visto censura precedentemente negato. «Non Io posso accettare. La gente penserebbe che ho tagliato il film!», fu la risposta secca e perentoria.
Considero questi avvenimenti il miglior esempio della creatività, della tenacia e dell'onestà intellettuale di mio padre.
3 - ARRIVA ANCHE AZOUZ NEL BARNUM TELEVISIVO.
Antonio Dipollina per "la Repubblica"
Finisce qui? C´è da dubitarne. Eppure bisognerebbe cogliere l´occasione del "Matrix" dell´altra sera per chiudere il barnum televisivo scatenato (ovviamente, s´intende) sulla strage di Erba. C´era lui, Azouz Marzouk, al centro della scena. Davanti a lui, Mentana ha allestito una sorta di grandinata televisiva che comprendeva il bene, il male, la santificazione e quel certo non so che, ancora in pista, che aleggia sul suo personaggio. Torchiato sotto ogni profilo, vellicato qui e là, poi esposto a trovate che di solito usano altri programmi, ma che stavolta hanno trovato cittadinanza anche a "Matrix": ovvero le interviste alla gente per strada, con telecamera nascosta e volti travisati (ma nemmeno tanto) in modo da squadernare anche il livore di quelli che, anche senza essere Calderoli, dicono che con "quel tunisino" i conti non tornano, che i precedenti eccetera, che quella casa era l´inferno fino a trovare (matematico) quello per strada che si mette a dire: "E dai un giorno, e dai l´altro, poi quelli già non erano gente a posto e figuriamoci con quello che dovevano patire". Un abisso di tristezza.
In tutto questo lui, Azouz, consenziente, con avvocato di rinforzo: cos´abbia davvero in mente non si capisce, a cosa punti nel futuro nemmeno, ma in teoria sarebbe anche una sua dignitosa scelta privata da risolvere con se stesso. Però ad ogni apparizione televisiva in più (e per ribadire cosa, poi? Nulla, per fare televisione, perché glielo chiedono) i margini di scelta dignitosa si ridimensionano, le cose da dire perdono sempre più valore e c´è spazio solo per nuove forzature e nuovo mangime televisivo. Il neo-direttore di Canale 5 ha esaltato la puntata di "Matrix" e al tempo stesso ha chiesto provvedimenti contro i giornalisti che nelle primissime ore avevano indicato Azouz come colpevole: e dire che Mentana stesso aveva mostrato in gigantografia il lancio Ansa di tarda sera con le frasi ben più che sibilline degli inquirenti, non dei giornalisti, contro il tunisino. Appunto, sarebbe quasi ora di chiudere l´intera questione. Grande successo di pubblico, va da sé, ma dall´altra parte Vespa aveva Fassino: e Mentana aveva ironizzato il giorno prima a La 7 spiegando che, quando lo aveva saputo, si era fregato le mani pregustando gli scarsi ascolti del rivale.
Dagospia 17 Gennaio 2007