ECCE TRANS - PARLA LUXURIA: GLI ONOREVOLI GAY SONO TANTI E MOLTI SI CONFESSAVANO CON ME - LA MIA PRIMA VOLTA FU UN CASO DI PEDOFILIA, AVEVO TREDICI ANNI - DIO C'È, NE HO AVUTO DIMOSTRAZIONI PRATICHE.

Barbara Romano per "Libero"

AAA Luxuria cercasi. Che fine ha fatto la transgender del Parlamento italiano? Non avendola più vista né sentita, siamo andati a cercarla al Pigneto, quartiere pop della Roma alla vaccinara, dove abita in una palazzina anni Cinquanta senza ascensore. Per fortuna al primo piano. Il solito dubbio (uomo o donna?) lo risolve la voce al citofono: «Chi cerca, Wladimir? Non è ancora arrivato».

Per Maria Antonella, l'amica con cui convive da 15 anni, Luxuria è inequivocabilmente maschio. Ma "lui", che parla di sé come una "lei", non si sente né donna né uomo: semplicemente trans. Come denota il look bisex con il quale, poco dopo, si presenta: occhiali a mosca, pantajazz neri e kaftano porpora en pendant con le espadrillas e gli orecchini: «La sola cosa rossa che è rimasta», sospira alludendo alla débacle della sinistra alle elezioni.

Bisex come la sua stanza, tutta rosa-celeste: dalla specchiera da camerino alla credenza della nonna con dentro un set di bicchieri, su cui troneggia la sua consolle da deejay: un ricordo dei bei tempi andati di "Muccassassina", la discoteca più trasgressiva delle notti romane. Icona del suo santuario trans, un cuore azzurro incastonato in uno rosa che sanguina una goccia blu.

Luxuria, l'avevamo data per dispersa.
«Non sono sparita, e nonostante la trombatura noto che l'attenzione nei miei confronti non è calata. Ho partecipato ad alcune trasmissioni, ieri ho fatto un'iniziativa contro l'omofobia a Firenze, oggi sono con uno spettacolo al teatro sociale di Como e il prossimo weekend sarò in turnée in Sardegna con un recital musicale intitolato "Stasera ve le canto", con canzoni e parti autobiografiche in cui interagisco con il pubblico».

E cosa farà da "trombata"?
«Poiché ho vissuto più di 40 anni fuori dal Parlamento, e non avevo mai pensato di andarci, continuerò a fare quello che facevo prima del 2006. Io provengo dal movimento Lesbo Gay Trans e dal mondo dello spettacolo, e lì torno. A volte la militanza e lo spettacolo sono coincidenti, perché si può fare anche spettacolo militante».

Ok, ma come si guadagnerà la pagnotta?
«Mi dedicherò un po' di più al mio lato artistico, facendo spettacoli e partecipazioni televisive».

Rispolvererà le piume da drag queen?
«Anche quando ero parlamentare nel weekend facevo uno spettacolo, "Si sdrai per favore", in cui indossavo una parrucca. Io avevo fatto una distinzione dei ruoli e in Parlamento non andavo con le piume, ma in tailleur».

E adesso che la distinzione tra l'onorevole Wladimiro Guadagno e Luxuria non c'è più, come vestirà?
«Nella quotidianità, casual, come oggi. Elegante, quando sarò ospite a un dibattito. Ma se vado in discoteca, ovviamente indosso le paillettes».

Continuerà a occuparsi di politica?
«Continuerò a partecipare a dibattiti politici e culturali in cui sarà gradita la mia presenza».

Le è dispiaciuto non essere rieletta?
«Sarei un'ipocrita se dicessi che mi è indifferente».

Cosa l'ha delusa dell'esperienza parlamentare?
«La delusione più grande per me è stata quando, dopo il Family day, Prodi derubricò la questione delle unioni civili dai 12 punti programmatici. Ma questo è stato pagato in termini elettorali».

A voi della Sinistra arcobaleno è andata peggio: gli elettori vi hanno proprio cacciato dal Parlamento. Qualche erroruccio l'avrete fatto.
«Ci sono delle concause. Paghiamo la nostra eccessiva lealtà al governo e il richiamo al voto utile».

Secondo lei, Fausto Bertinotti e Pecoraro Scanio non hanno nessuna responsabilità?
«Sicuramente il presidente della Camera, rispetto a Veltroni, dava più un'idea di continuità con il governo Prodi. Ci ha penalizzato anche il fatto che Bertinotti si sia dichiarato leader della Sinistra arcobaleno solo per la campagna elettorale».

Avreste dovuto scegliere un altro candidato premier?
«La risposta degli elettori è fin troppo eloquente».

Quale leader potrebbe risollevare la sinistra?
«Io stimo Nichi Vendola da tantissimo tempo. È un leader molto carismatico. Poi, è una persona capace di placare gli animi e risolvere una certa tendenza alla resa dei conti che serpeggia a sinistra».

Più di Paolo Ferrero?
«Sono due personaggi di primo livello. Ma io sceglierei Vendola».

Ora che tutto è finito, tornerà a "Muccassassina"?
«Mucca è una creatura che ho visto nascere, ma che adesso cammina tranquillamente con le sue gambe. Il nuovo direttore artistico, Diego Longobardi, fa benissimo il suo lavoro».

C'è tornata di recente?
«Spesso, ma come spettatrice. Mi sono molto divertita, ma non ho in progetto di rifare la direttrice artistica né del circolo "Mario Mieli" né di "Muccassassina". Certo, continuerò a mantenere il rapporto con il movimento Lgbt che ho sempre avuto. Il 7 giugno parteciperò al Gay Pride di Roma, il 28 giugno a quello di Bologna e, ad agosto, all'Europride di Stoccolma, come l'anno scorso ho partecipato ai due Pride più scomodi: quello di Mosca...».

Dove a lei e al radicale Marco Cappato le hanno date di santa ragione.
«Ho temuto che mi rompessero il naso appena rifatto. Poi sono stata al Gay Pride di Istanbul».

Il Gay Pride in Italia l'ha inventato lei.
«Il Gay Pride è la creatura di una trans, Silvia Rivera, che il 28 giugno del '69 si ribellò alla polizia che era entrata nello "Stonewall", locale storico di New York, per schedare gli omosessuali e i trans. Da lì, il movimento si estese nel mondo. In Italia io sentivo questa mancanza, e nel '94, a una riunione del Circolo "Mario Mieli" proposi un Pride a Roma».

Come andò?
«Ci fu l'adesione dell'Arcigay e la prima volta vennero 20mila persone. Poi si è esteso alle principali città italiane».

A "Muccassassina" lei ha fatto la gavetta partendo da door queen: il drag queen buttafuori.
«La mia presenza alla porta serviva a sbarrare il passo ai malintenzionati, ma era anche il biglietto di presentazione del locale».

Vero che uno dei primi locali di "Muccassassina", il "Castello", era una sede del Vaticano?
«Era una chiesa, fu sconsacrata, divenne un cinema a luci rosse. E tuttora è di proprietà del Vaticano».

La Santa Sede lo sa?
«Non so se il Vaticano conosce il destino delle sue varie proprietà immobiliari o se faccia finta di non saperlo. Fatto sta che questo posto, da cinema a luci rosse è diventato una discoteca - "Muccassassina" e poi la sede dell'ufficio stampa del Giubileo».

"Muccassassina" è stato anche il suo trampolino di lancio nel cinema.
«Sì, perché Mucca era un luogo molto frequentato da personaggi noti del mondo dello spettacolo».

Chi fu il suo talent scout ?
«Carmine Amoroso, un regista che mi volle per un suo film, "Come mi vuoi", con Enrico Lo Verso, Monica Bellucci e Vincent Cassel».

Si era parlato di un suo film con Pedro Almodovar.
«Magari! L'ho conosciuto alla prima di "Tutto su mia madre"».

Lo farebbe un film con lui?
«Di corsa! Pure le pulizie di casa gli farei ad Almodovar».

Non sarà consolatorio, ma intanto è approdata al Costanzo Show.
«Sono molto grata a Maurizio Costanzo, che mi ha cambiato la vita».

Sfido, è stato lui a sdoganarla.
«Questo è secondario. Lui invitò me e mia madre a una delle sue trasmissioni, e per la prima volta noi due affrontammo il nodo della mia transessualità. Quell'esperienza migliorò moltissimo il mio rapporto con i miei genitori».

Appunto, affrontiamo il nodo della sua transessualità: lei si sente uomo o donna?
«Io mi sento trans».



Ora è molto più chiaro.
«Le spiego. Ci sono tanti modi di essere trans. C'è chi fa l'operazione genitale e rifiuta il proprio passato. Io, invece, conservo tutte le foto di quando ero bambino, perché non considero la mia origine anagrafica come un passato da cui affrancarmi, né l'essere donna come la terra promessa. Proprio il fatto di ritenere la femminilità un territorio di conquista mi rende diversa dagli uomini e dalle donne».

Ma allora perché parla di sé al femminile?
«Perché il mio percorso è dall'uomo alla donna: mi sento proiettata verso la femminilità».

Perché non ha deciso di compiere col bisturi il passo decisivo verso la sua femminilità?
«Come l'80% dei trans ho deciso di convivere con i miei organi genitali maschili perché mi piace la compresenza dei due generi e allo stesso tempo andare oltre».

Il seno però se l'è rifatto.
«Ho fatto l'intervento al seno perché quando mi vedevo allo specchio sentivo che mi mancava qualcosa. C'ho pensato a lungo perché temevo l'anestesia. Poi mi sono decisa l'anno scorso, a Pasqua, in un momento in cui potevo assentarmi dal Parlamento e potevo permettermelo economicamente, perché io il seno me lo sono pagato con i soldi miei. Ma sono trans anche nel nome: Wladimir Luxuria, perché non voglio che la gente pensi che io sia donna. Non ho neanche cambiato la voce...».

Perché Luxuria?
«È il soprannome che mi aveva dato il mio amico Aldo in palestra, perché gli sembravo lussureggiante. Così, quando dovevo trovarmi un nome d'arte, ho scelto quello. Mi spiace che nel senso comune prevalga l'interpretazione sessuale, mentre io ho sempre associato questo nome alla vegetazione selvaggia e mi piace la connessione etimologica con la luce. Infatti, spesso mi firmo "Lux"».

Ci parli di Wladimiro.
«Ero un bimbo piagnone, facevo disperare mia madre perché non mangiavo nulla e vomitavo tutto. Ero magrissimo. Crescendo sono diventato solare, un compagnone».

I suoi giochi?
«Giocavo con i pupazzetti che uscivano dai formaggini "Mio" inventando delle storie che facevano impazzire le mie sorelle, che mollavo sul più bello dicendo: "Lo scoprirete nella prossima puntata"».

E a scuola?
«Imitavo la prof di matematica facendo divertire i compagni. Mi elessero rappresentante d'istituto. Ho anche fatto il chierichetto».

Luxuria chierichetto?
«Ho sempre avuto un grande trasporto spirituale. Sono profondamente convinta che ci sia qualcosa di superiore. Ne ho avuto proprio delle dimostrazioni pratiche».

In che modo le si è appalesato il Superiore?
«Di recente ho sognato una bara e delle persone che mi impedivano di vedere chi ci fosse dentro. Il giorno successivo mi hanno comunicato che un mio carissimo amico, Cesare Belsito, l'attore con cui facevamo le due sorellastre nello spettacolo "Che fine ha fatto Cenerentola", aveva avuto un infarto. Lì ho avuto la percezione che c'è un oltre».

Quando ha sentito di essere "diverso"?
«Sui 15-16 anni. Ho avuto delle avvisaglie».

Di che tipo?
«Mi piaceva di più stare con le donne, non perché ne fossi attratta sessualmente. Provai pure ad avere un rapporto sessuale con una donna, per capire».

Fu quella la sua prima volta?
«Sì, ma chiudevo gli occhi per immaginare di stare con un uomo. Non c'è cosa peggiore di fare sesso con una persona immaginandone un'altra».

Lei abitava nel profondo Sud, a Foggia. Come reagì la comunità?
«Quando ne parlai per la prima volta in chiesa, a don Giulio, la reazione fu di grande rifiuto. Cambiò del tutto atteggiamento nei miei confronti. La cosa mi fece molto male».

I suoi come la presero?
«Non bene, perché subivano le telefonate dei parenti e degli amici che raccontavano come andavo conciata in giro. Io cercavo di fare tutto di nascosto, mi vestivo fuori, ma l'atmosfera era pesantissima. Silenzi gelidi a pranzo. Quando guardavo Boy George alla tv, mio padre s'innervosiva molto. Ora invece sono loro i miei più grandi sostenitori».

La prima volta con un uomo?
«È stato bruttissimo: un caso di pedofilia. Avevo 13 anni, lui invece era anziano».

Un parente?
«No, uno che avevo conosciuto da poco. Ancora adesso non ricordo bene l'atto sessuale. Ricordo solo che dopo m'innamorai perdutamente di lui e non vedevo l'ora di rincontrarlo. Gli diedi un appuntamento, ma lui non venne, perché i pedofili hanno paura. Lo aspettai ore e ore. Questa attesa mi procurò una cicatrice che non si rimarginerà mai più. Questo mio sentirmi usata e abbandonata credo sia il vero punto irrisolto della mia vita».

Ancora oggi?
«Forse il fatto che io oggi non sia fidanzata, che tema molto un rapporto a due e che fugga quando c'è qualcuno che dimostra per me un interesse diverso da quello sessuale, è legato a questa grande paura di rivivere il trauma dell'abbandono».

Non si è fatta mancare niente. Nella sua autobiografia, "Chi ha paura della Muccassassina", lei confessa di aver fatto uso di hashish, ecstasy e di cocaina.
«Io sono una persona con un carattere molto forte. Ho voluto provare, ma per me sarebbe diventato noioso continuare».

Si è anche bucata?
«No, l'eroina non l'ho mai voluta provare perché ho visto troppa gente morire. Anzi, ho l'orgoglio di poter dire di aver aiutato delle persone a uscirne».

Non ha voglia di un figlio?
«Per ora no, anche se sento di aver sviluppato un certo senso di maternità-paternità. Ma non penso di adottarlo o di chiedere a una surrogate mother di farmi un figlio con l'inseminazione».

Anche perché la legge non glielo consentirebbe.
«Ma io credo fortemente che anche una trans sia in grado di allevare un bambino. Conosco persone già sposate, che poi sono diventate trans, alle quali il figlio si rivolge dicendo: "Papà, quanto sei bella"».

Nel suo libro lei critica i «gay in giacca e cravatta che mi fanno venire un nervo per ogni doppia punta della mia parrucca sintetica». Ma anche lei si sta avvicinando sempre di più a quel modello.
«Quella da drag queen è una divisa da spettacolo, ma non è che io vado a fare la spesa con le piume. La maggior parte dei gay, se non te lo dicono, non li riconosceresti neanche».

Franco Grillini, presidente onorario dell'Arcigay, dice che il Parlamento è pieno di omosessuali.
«Altroché».

Ce ne sono così tanti?
«Tanti che sono proprio venuti a dirmelo, perché io sono una tomba, non ho mai fatto outing sull'omo sessualità altrui. Evidentemente percepivano che potevano fidarsi ed ero diventata un po' il confessionale dei gay insospettabili del Parlamento».

Ce ne sono più a destra o a sinistra?
«In tutti e due gli schieramenti. L'orientamento sessuale non dipende dalla fede politica».

Come li ha indotti a confessarsi?
«Nel modo più semplice. Parlando, mi hanno raccontato cosa avevano fatto la notte prima».

Erano stati a letto con uno dello stesso sesso?
«Esatto. Ma c'è stato anche qualche deputato che mi ha confidato di avere il fidanzato».

Addirittura.
«Provi a immaginare una persona chiusa nel suo segreto: non lo sanno in casa, non lo sanno gli amici, non lo sanno i colleghi di partito, nessuno. Magari sta male perché le cose non vanno bene con il suo ragazzo e non ha neanche una valvola di sfogo. Cavolo! Trova me e si confida. Sa quante volte mi è capitato durante la legislatura?».

Quante?
«Tante. Qualcuno si è anche messo a piangere».

In Parlamento ha stanato anche qualche trans?
«No, tranne Mastella e Dini... Ma lì parliamo di un altro tipo di transumanza».


Dagospia 19 Maggio 2008