giorgia meloni francesco acquaroli antonio tajani matteo salvini donald trump

DAGOREPORT: A CHE PUNTO È L'ARMATA BRANCA-MELONI? TORNATA SCORNATA DAL G7 MENO UNO (TRUMP SE NE FOTTE DI LEI E DELL'EUROPA), I PROBLEMI REALI BUSSANO ALLA PORTA DI PALAZZO CHIGI. A PARTIRE DALL'ECONOMIA: LA GUERRA IN MEDIORIENTE POTREBBE FAR SCHIZZARE IL PREZZO DEL PETROLIO, E CONSEGUENTE AUMENTO DI OGNI PRODOTTO - AGGIUNGERE LA LOTTA CONTINUA CON SALVINI, LA PIEGA AMARA DEI SONDAGGI NEI CONFRONTI DEL GOVERNO E LA POSSIBILE SCONFITTA NELLE MARCHE DEL SUO FEDELISSIMO ACQUAROLI: IL PD CON MATTEO RICCI E' IN VANTAGGIO DI 5 PUNTI E LA STATISTA DELLA GARBATELLA È TENTATA DI ANTICIPARE IL VOTO NELLE MARCHE A SETTEMBRE – SULLE ALTRE QUATTRO REGIONI, LA FIAMMA E' INDECISA SUL TERZO MANDATO CHE FAREBBE FELICE ZAIA IN VENETO, DESTABILIZZANDO IL PD IN CAMPANIA. MA IERI, PRESSATO DA VANNACCI, SALVINI HA PRESO A PRETESTO IL "NO" DI TAJANI, PER SFANCULARE VELOCEMENTE (E SENZA VASELINA) I SUOI GOVERNATORI, ZAIA E FEDRIGA - IL ''NO'' DI TAJANI ERA TRATTABILE: L'OBIETTIVO E' LA FUTURA PRESIDENZA DELLA REGIONE LOMBARDIA (IL CANDIDATO ''COPERTO'' DI FORZA ITALIA È..)

giorgia meloni g7 kananaskis canada 2

DAGOREPORT

Fra un ghigno e un'occhiataccia, sotto la cofana bionda di Giorgia Meloni si affollano nervosismi e preoccupazioni. La Statista dei Due Mondi (Garbatella e Colle Oppio) è tornata sconfortata dal G7 in Canada.

 

Lei, che si vantava di essere la “pontiera” tra Usa e Ue, è stata ridimensionata nei fatti, e sembra sempre più una “portiera”: apre e chiude le porte, precipitandosi a farsi  fotografare accanto ai leader, come una Paolini della politica.

 

EMMANUEL MACRON - MARK CARNEY DONALD TRUMP - G7 KAnanaskis CANADA

Premier di un paese gravato da un debito pubblico enorme, che ha nella maggioranza un partito come la Lega, schieratissimo con i "patrioti" anti-Europa, il suo passato camaleontismo geopolitico non la rende del tutto "affidabile" agli occhi dei Macron e dei Merz (il Consiglio Europeo ancora attende dal governo di Roma la ratifica del nuovo Mes per la salvaguardia del sistema bancario; unico stato mancante dei 27 dell'Unione).

 

Lo si è visto tra le montagne di Kananaskis, al G7 più pazzo della storia. Anzi, sarebbe più corretto chiamarlo G6, visto che Trump se n’è andato dopo qualche ora per riunirsi con il suo staff alla Casa Bianca e meditare se bombardare l’Iran. Ennesima prova di quanto il Caligola della Casa Bianca se ne fotta dell'Europa.

 

merz netanyahu

Un summit dove l’incolpevole padrone di casa, il premier canadese, Mark Carney, ha dovuto assistere a sparate, colpi bassi, dispettucci che dimostrano l’infimo livello a cui è arrivata la politica mondiale.

 

Il livello di follia politica del presidente degli Stati Uniti deve ospitare un virus contagioso perché si sono aggiunti anche i leader, di solito diplomaticamente impeccabili, Merz e Macron. Il cancelliere crucco, con l'infame uscita su Israele che in Iran fa “il lavoro sporco per tutti noi”, ha fatto sobbalzare mezzo mondo a partire dall’opposizione tedesca, che l’ha invitato a “pulire i cessi”, per capire cosa sia davvero un lavoro sporco.

 

meloni trump g7 canada

Il galletto francese, con un commento poco opportuno sulla partenza anticipata di Trump (ha detto che sarebbe andato via prima  per “negoziare un cessate il fuoco tra Iran e Israele”), si è visto dare del cojone dal tycoon: “Emmanuel non ha capito niente, sbaglia sempre!”.

 

Circondata da cotanti maschioni con l'embolo fuori dal balcone, la Ducetta è rimasta spiazzata: è stata ripresa mentre esprimeva il suo disappunto, con le solite faccette da film muto, durante un colloquio con Macron e si è fatta fotografare seduta su una panchina con un Trump scojonatissimo, per nulla interessato alle sue chiacchiere in romanesco.

 

GIORGIA MELONI CON LA FIGLIA GINEVRA AL G7 IN CANADA

E così, “Io so’ Giorgia”, insieme alla figlia Ginevra, costretta di nuovo a un noiosissimo viaggio di Stato con la "baby sitter di Stato'' Patrizia Scurti, è tornata a Roma con la consapevolezza che all’estero non tocca palla, fa solo colore.

 

Della ''special relationship'' con Trump, con Musk fuori dalla Casa Bianca, non c’è più traccia.

 

Le cose non vanno meglio in patria. Giorgia Meloni si è impensierita molto scrutando i risultati degli ultimi sondaggi di Ipsos (l’istituto guidato da Nando Pagnoncelli, che danno Fratelli d’Italia al 27,3%. Il calo è lieve (-0,4%), ma i segnali che il "mood" stia cambiando nell’opinione pubblica iniziano ad essere più di coincidenze.

 

Il dato più preoccupante è quello evidenziato da Ilvo Diamanti su “Repubblica”, il 17 maggio: la fiducia nel Governo ha toccato il punto più basso dall’insediamento (è al 35%, 20 punti in meno rispetto all’ottobre 2022).

 

meloni acquaroli

Con la guerra che infiamma il Medioriente, i rischi per l'economia italiana, già minacciata dai dazi americani, potrebbero moltiplicarsi.

 

Una eventuale chiusura dello Stretto di Hormuz da parte dell'Iran provocherebbe un aumento importante dei prezzi energetici, con ripercussioni sul costo di tutti i prodotti. Infatti, da lì transita circa il 30% del petrolio mondiale. 

 

E qui si arriva ai problemi politici. Il primo e più vicino test del governo si chiama regionali: delle cinque regioni chiamate al voto in autunno, i guai più grossi per la premier potrebbero arrivare dalle Marche, dove il meloniano Francesco Acquaroli rischia di non vedere confermata la sua poltrona di governatore.

 

matteo ricci

Ancona è stata una delle prime a cadere nelle mani di Fratelli d’Italia.

 

Cinque anni dopo, grazie a scelte politiche discutibili (una fra tutte, un progressivo indebolimento della sanità pubblica a favore di quella privata), Acquaroli non è più così amato tra i suoi corregionali.

 

A preoccupare Meloni sono alcuni sondaggi riservati che le sono arrivati sulla scrivania, e danno Acquaroli fermo al 45%, mentre il suo avversario, il piddino Matteo Ricci, è in testa col 55%.

 

vincenzo de luca

Il candidato dem, ex sindaco di Pesaro, è lanciatissimo: ha ben governato la sua città ed è un moderato di buon senso.

 

Per una volta, Elly Schlein e compagni hanno trovato un candidato decente, che con il passare del tempo diventa sempre più forte.

 

Il fattore tempo è cruciale: la convinzione (corretta) della “Fiamma tragica” di Palazzo Chigi è che, con l’avanzare delle settimane, Ricci possa guadagnare punti, e liquidare Acquaroli.

 

Così la Thatcher della Garbatella ha riunito i suoi camerati più fedeli, e ha partorito la mossa del cavallo: anticipare il voto nella regione Marche al 20-21 settembre.

 

FULVIO MARTUSCIELLO ANTONIO TAJANI

Così, scorporerebbe quella tornata dalle altre quattro Regioni, due delle quali (Toscana, e Puglia) sono appannaggio dell'opposizione mentre il Veneto e la Campania sono appesi (soprattutto il primo) alla decisione del governo se dare o meno il via in Parlamento al terzo mandato.

 

La questione non vale per le Marche (Acquaroli è al primo mandato). Tramite il nasuto Donzelli, Fratelli d’Italia ha aperto alla ricandidatura dei governatori in carica.

 

L’idea era quella di porgere un ramoscello d’ulivo a Salvini (che potrebbe ricandidare Zaia in Veneto), e al contempo fare uno sgambetto al campo largo in Campania, permettendo la ricandidatura di Vincenzo De Luca, inviso a Schlein e Conte.

 

luca zaia matteo salvini massimiliano fedriga attilio fontana

Ma quei geni della Fiamma, dall'alto dei loro risultati elettorali, hanno le loro buone ragioni di rivendicare una regione del Nord (se Forza Italia governa il Piemonte, la Lega con l'8% ha il Veneto, il Friuli Venezia Giulia e sopratutto la Lombardia), non hanno però considerato che il centrodestra non ha nessun candidato all’altezza dello Sceriffo di Salerno (l’unico poteva essere il forzista Fulvio Martusciello, fatto fuori dallo Huawei-gate a Bruxelles). Permettere la ricandidatura di De Luca si tradurrebbe in una sconfitta bruciante. Conviene?

 

All’opposto, in Veneto, Luca Zaia andrebbe dritto verso il quarto mandato (ne ha già fatti tre, per merito di una legge regionale che non prevedeva ancora il limite a due, ora modificata).

 

ROBERTO VANNACCI A TREVISO

Ma ieri Salvini, pressato dall'arroganza di Vannacci, ha colto al volo il "no" di Tajani al terzo mandato, e ha sfanculato velocemente (e senza vaselina) i suoi governatori, Zaia e Fedriga.

 

La pietra tombale è giunta con la nota di un fedelissimo del Capitano, Stefano Locatelli, responsabile enti locali del Carroccio: "Prendiamo atto con grande rammarico che Forza Italia non intende ragionare sul terzo mandato, e di certo sono irricevibili scambi con cittadinanza facile o ius scholae. A questo punto, auspichiamo che il centrodestra scelga al più presto i candidati migliori".

 

giorgia meloni antonio tajani matteo salvini

Dire che la base leghista del Nord è incazzata con Salvini è un eufemismo. Gli addetti ai livori segnalano infatti l’attivismo di Roberto Vannacci in Veneto (è andato a Treviso a sparare a zero proprio contro il terzo mandato e ai suoi camerati assicura che lui prenderà più voti di Meloni), e Salvini lo teme al punto di fregarsene di Zaia perché il generale ha in tasca 2-3% dei voti della Lega.

 

Se Meloni e camerati sono indecisi in tema di terzo mandato (avrebbero ottime chance di conquistare il Veneto e destabilizzerebbero il Pd-M5S-Avs in Campania), dietro la secca contrarietà di Antonio Tajani sono molti che sentono puzza di bruciato.

 

LETIZIA MORATTI ANTONIO TAJANI

In soldoni, il no del “Mago Otelma” ciociaro diventerebbe all’istante sì se Giorgia Meloni si impegnasse a concedere a Forza Italia la Regione Lombardia, tra due anni. 

 

Tajani avrebbe già in tasca il “suo” nome: Ettore Prandini, il presidente di Coldiretti, che con il declino matrimoniale del ministro dell'Agricoltura,  Francesco Lollobrigida, ha mollato i Fratelli d'Italia per avvicinarsi agli azzurri.

 

Raccontano i ficcanaso di Milano che galeotto fu un incontro di qualche tempo fa tra il segretario generale e deus ex machina della Coldiretti, Vincenzo Gesmundo, e Marina Berlusconi: fatto sta che la  potentissima associazione agricola (1,6 milioni di associati), già in rotta con il Governo e terrorizzata per le mattane daziste trumpiane di Giorgia Meloni, si è spostata verso il centro.

 

ettore prandini foto mezzelani gmt018

La richiesta della Lombardia da parte di Antonio Tajani è anche un modo per neutralizzare i possibili sfidanti interni al partito: è per questo che non vuole per Forza Italia il sindaco di Milano, carica per cui si è subito fatta avanti l'immarcescibile Letizia Moratti, per nulla amata dall'ex monarchico.

 

Ma prima di immaginarsi un Prandini al Pirellone, Tajani dovrà fare i conti con Ignazio La Russa che ha già sponsorizzato a Palazzo Marino il nome di Maurizio Lupi di "Noi Moderati".

 

Come Dago-dixit, i veri dominus di Fratelli d’Italia a Milano sono il presidente del Senato e il fratello, Romano. Con loro sta facendo i conti anche Giorgia Meloni, che sta meditando molto attentamente il da farsi in Lombardia, dove il suo fedelissimo Carlo Fidanza è un candidato che finirebbe come un sol boccone tra le fauci dei La Russa Bros.

SALUTO ROMANO - MEME BY EMILIANO CARLI

 

La Ducetta avrebbe in mente di candidare fra due anni, alla scadenza del mandato di Giuseppe Sala, sempre il solito Fidanza come sindaco a misura Duomo, ma sa benissimo che alla fine, a comandare, sarebbero sempre i Fratelli di 'Gnazio. A quel punto, forse, è meglio rinunciare alla Lombardia e prendersi subito il Veneto...

carlo fidanzafrancesco lollobrigida ettore prandini

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