DE GREGORI SE LE CANTA E SE LE SUONA - GRILLO? NON MI INTERESSA NÉ IL COMICO NÉ IL BANDITORE - SONO DI SINISTRA, MA NON LE APPARTENGO: MAI FATTO CANZONI POLITICHE - BERLUSCONI PUÒ FARE IL BENE DI TUTTI.
Andrea Scarpa per "Vanity Fair" in edicola domani (estratto)
Dopo due anni Francesco De Gregori è tornato con un disco nuovo, Per brevità chiamato artista, e parole nuove: a Vanity Fair che gli dedica la copertina in edicola dal 28 maggio, dice la sua sul nostro governo e sugli equivoci politici che spesso lo hanno accompagnato lungo la sua carriera.
Vecchia questione: è poesia la sua?
"Molti si riempiono la bocca con questa parola, senza sapere che cosa voglia dire, e - sbagliando - l'accostano al mio lavoro. Sarebbe più giusto descrivere il mio modo di fare canzoni come parte della letteratura del mondo di oggi, al pari di cinema, teatro e romanzi".
Altri equivoci sul suo conto?
"Tanti. Quello della politica è di sicuro il più delicato. Sono di sinistra e l'ho sempre detto, però in più occasioni ci sono state appropriazioni indebite, fraintendimenti e collocazioni che non mi sono piaciute. Sono stato arruolato per forza in qualcosa che non sentivo mio. E poi, sia chiaro: sulla storia e la realtà ho scritto spesso, ma vere e proprie canzoni politiche non ne ho mai fatte".
È ancora di sinistra?
"Sono di sinistra, ma non le appartengo. Voglio avere la libertà di poter verificare sempre le mie scelte e quelle degli altri. Quando cambierò idea, lo dirò. O forse no. Sono fatti miei".
Che cosa pensa del fenomeno Grillo?
"Non lo dico con cattiveria, ma né il comico né il banditore mi hanno mai incuriosito. L'antipolitica ha sempre attraversato le democrazie, non vedo niente di nuovo in quello che fa".
Nel 2005 disse che la Costituzione è il kamasutra della democrazia: come li vede i prossimi anni?
"Berlusconi ha una solida maggioranza e speriamo che la usi per modernizzare il Paese. Se ci riuscisse, non farebbe una politica di destra o di sinistra, ma soltanto il bene di tutti. In quest'ottica la Costituzione è un arnese utile e ancora valido, che in parte può essere anche modificato. I tempi sono cambiati".
In Viva l'Italia, nel 1979 cantava di un'«Italia che resiste»: oggi li scriverebbe quei versi?
"Allora ero molto più manicheo: da una parte i buoni, dall'altra i cattivi. Oggi non vedo queste due Italie così contrapposte. Mi piace pensare a un unico Paese che, insieme, può trovare un modo per migliorare le cose".
Che rapporto ha con la fede?
"Non sono ateo. Non mi riconosco in nessuna religione rivelata, ma non posso credere che tutto sia materia e basta. Che tutto finisca qui".
C'è qualche occasione che si pente di aver perso?
"No. Sarei incontentabile. Ho avuto la doppia fortuna di avere talento e poterlo dimostrare. Molti, artisti quanto me, e più di me, non hanno avuto questo lusso. Io stesso, se fossi nato cinque anni prima, o dopo, chissà che cosa avrei fatto".
Dagospia 27 Maggio 2008
Dopo due anni Francesco De Gregori è tornato con un disco nuovo, Per brevità chiamato artista, e parole nuove: a Vanity Fair che gli dedica la copertina in edicola dal 28 maggio, dice la sua sul nostro governo e sugli equivoci politici che spesso lo hanno accompagnato lungo la sua carriera.
Vecchia questione: è poesia la sua?
"Molti si riempiono la bocca con questa parola, senza sapere che cosa voglia dire, e - sbagliando - l'accostano al mio lavoro. Sarebbe più giusto descrivere il mio modo di fare canzoni come parte della letteratura del mondo di oggi, al pari di cinema, teatro e romanzi".
Altri equivoci sul suo conto?
"Tanti. Quello della politica è di sicuro il più delicato. Sono di sinistra e l'ho sempre detto, però in più occasioni ci sono state appropriazioni indebite, fraintendimenti e collocazioni che non mi sono piaciute. Sono stato arruolato per forza in qualcosa che non sentivo mio. E poi, sia chiaro: sulla storia e la realtà ho scritto spesso, ma vere e proprie canzoni politiche non ne ho mai fatte".
È ancora di sinistra?
"Sono di sinistra, ma non le appartengo. Voglio avere la libertà di poter verificare sempre le mie scelte e quelle degli altri. Quando cambierò idea, lo dirò. O forse no. Sono fatti miei".
Che cosa pensa del fenomeno Grillo?
"Non lo dico con cattiveria, ma né il comico né il banditore mi hanno mai incuriosito. L'antipolitica ha sempre attraversato le democrazie, non vedo niente di nuovo in quello che fa".
Nel 2005 disse che la Costituzione è il kamasutra della democrazia: come li vede i prossimi anni?
"Berlusconi ha una solida maggioranza e speriamo che la usi per modernizzare il Paese. Se ci riuscisse, non farebbe una politica di destra o di sinistra, ma soltanto il bene di tutti. In quest'ottica la Costituzione è un arnese utile e ancora valido, che in parte può essere anche modificato. I tempi sono cambiati".
In Viva l'Italia, nel 1979 cantava di un'«Italia che resiste»: oggi li scriverebbe quei versi?
"Allora ero molto più manicheo: da una parte i buoni, dall'altra i cattivi. Oggi non vedo queste due Italie così contrapposte. Mi piace pensare a un unico Paese che, insieme, può trovare un modo per migliorare le cose".
Che rapporto ha con la fede?
"Non sono ateo. Non mi riconosco in nessuna religione rivelata, ma non posso credere che tutto sia materia e basta. Che tutto finisca qui".
C'è qualche occasione che si pente di aver perso?
"No. Sarei incontentabile. Ho avuto la doppia fortuna di avere talento e poterlo dimostrare. Molti, artisti quanto me, e più di me, non hanno avuto questo lusso. Io stesso, se fossi nato cinque anni prima, o dopo, chissà che cosa avrei fatto".
Dagospia 27 Maggio 2008