SINISTRA SINISTRATA DOPO LA NAZI-GAFFE DEL PIGNETO - MACALUSO: "NON È COSÌ CHE IL PD TROVERÀ UN'IDENTITÀ" - ODE DEL "FOGLIO" A "REPUBBLICA": LEZIONE DI GIORNALISMO - UN NERO TRA I GLI AUTORI DEL RAID.
1 - MACALUSO: «ERRORE CAVALCARE QUESTA STORIA, NON È COSÌ CHE IL PD TROVERÀ LA SUA IDENTITÀ».
N.B.M. per "Il Messaggero
«Ma non è che siccome sei in difficoltà ti butti su tutti gli episodi strani, non è che siccome hai un partito come il Pd dall'identità indefinita ti metti a cavalcare tutte le tigri. Bisogna pensare ai cittadini, alle loro esigenze, non a strumentalizzzare». Emanuele Macaluso, coscienza critica e inquieta della sinistra, ha riflettuto molto su quanto è avvenuto al Pigneto e le sue conclusioni sono molto critiche, condividendo solo in parte le preoccupazioni su un «certo clima» che si starebbe instaurando dopo la vittoria della destra nel Paese e nella Capitale.
Senatore Macaluso, al Pigneto d'un colpo sono scomparse le svastiche per lasciare il posto a Che Guevara. E tutte le denunce della sinistra sono finite in fumo?
«Svastiche? Guevara? Ma di che stiamo parlando? Mica vogliamo buttarla in politica».
E dove ci buttiamo, allora?
«Qui siamo in presenza di personaggi e di settori che faccio fatica a definire politici dove tutto si confonde, persone senza storia, le cui azioni non hanno certo un retaggio culturale, non affondano certo in qualche esperienza o insegnamento storici. In una situazione confusa e dai contorni poco chiari e definiti, tutto si confonde. C'è uno squadrismo rosso e un razzismo diciamo così interclassista. E il comune denominatore è la mancanza di storia, di un minimo di cultura condivisa».
Fatto sta che chi aveva subito denunciato aggressioni squadristiche di destra ora si trova spiazzato.
«E certo, sarebbe strano il contrario. Prima ancora di sapere bene le cose, solo sulla base di sentito dire e, peggio, andando dietro a tesi pre-costituite, si è avallata la tesi dell'aggressione di destra. Invece di cercare di capire come sono andate realmente le cose, subito si è dato un colore politico per inquadrarlo in un contesto pre-determinato».
E perché si sarebbe proceduto così?
«Io la vedo così: c'è un partito, il Pd, dai contorni ancora indefiniti, un Partito democratico che non ha una identità salda se mai l'avrà, e che in questo contesto crede di uscire dalle difficoltà cercando di esasperare una data situazione, sperando di far emergere una posizione, un contorno, una identità che però, alla fine, non si capisce lo stesso che cosa sia, dove sia».
Quel Che Guevara tatuato sull'aggressore confesso l'ha colpita, dica la verità.
«C'è un estremismo che si tinge di sinistra che ha come caratteristica la violenza. E adesso, in spirito con i tempi, si tinge pure di razzismo. Chiedo: avrebbe agito allo stesso modo, il reo confesso assalitore in questione, se il negozio fosse stato gestito da italiani? Emerge che c'è un certo tipo di sinistra o sedicente tale che oggi si tinge finanche di razzismo».
A sinistra si parla da giorni di un «certo clima» creatosi con la vittoria elettorale delle destre.
«Che le destre abbiano vissuto la vittoria come una rivincita, specialmente a Roma, mi pare evidente, c'è tutto un mondo nostalgico che dice "finalmente in Campidoglio, la sinistra l'abbiamo battuta, ora diamole il colpo di grazia", come anche gli episodi all'università dimostrerebbero. Attendo però ancora una qualche analisi seria del risultato elettorale, che spieghi ad esempio come è potuto accadere che due anni fa Veltroni vincesse con il 67 per cento e Alemanno stava al 33, e ora si è ribaltato tutto».
2 - BRAVA REP. - UNA LEZIONE DI GIORNALISMO SULLA LEGGENDA NERA DEL PIGNETO. NON È LA PRIMA.
Da "Il Foglio"
Brava bravissima Rep. E per la quarta volta in pochi mesi. A suo tempo avevamo lodato il giornale di Ezio Mauro per il realismo freddo con il quale ha affrontato la caccia alle streghe di Rignano. Poi altri battimani per l'asciutta rapidità con cui ha disinnescato la campagna forsennata sul sedicente blitz della polizia in un ospedale napoletano per fare luce su un aborto troppo facile, mo¬tivato dalla sindrome di Klinefelter. Quindi un altro riconoscimento per il racconto dedicato sine ira ac studio al suicidio del ginecologo genovese indagato per la violazione della legge 194, mentre i lupi del conformismo gareggiavano nel dare la colpa di un'inchiesta già vecchiotta alla fresca moratoria internazionale contro l'aborto.
Adesso è la volta della leggenda nera del Pigneto, demistificata ieri su Repubblica da un sontuoso articolo nel quale Carlo Bonini fa emergere la verità borgatara, esasperata e al limite un po' rossa dell'aggressione subita dagli extracomunitari del quartiere. Due giorni fa il Foglio aveva chiuso il primo suo editoriale evocando un contegno sano dei mezzi d'informazione davanti al tentativo di far passare un regolamento di conti per l'epifenomeno naturale del razzismo organizzato e strisciante sopraggiunto con il nuovo potere romano.
"Ogni slealtà umana e giornalistica potrebbe avere lo stesso effetto di una bastonata", avevamo scritto e il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano ha voluto utilizzare proprio queste parole mentre riferiva in Parlamento sull'accaduto. Senza il bisogno di leggere il Foglio o di ascoltare Mantovano, i giornalisti di Rep. hanno risposto nel modo più limpido e professionale all'esigenza di verità. Non s'è trattato di fare un piacere alla destra, ma di un omaggio al principio di realtà. Ed è un sintomo di buona salute per il giornalismo tutto, quando un grande quotidiano decide di rompere una volta in più il cerchio della pigrizia ideologica o della tentazione vendicativa alimentata dai vinti. Il fatto che siano rimasti quasi soltanto Furio Colombo e Lidia Ravera - ieri, sull'Unità - a baloccarsi con la santa teppa fascista (che esiste ma non c'entra col Pigneto), o con fantasiosi spettri totalitari, segnala che nella coscienza pubblica si è prodotto un cambiamento faticoso ma solido, forse irreversibile.
3 - I RAGAZZI DEL RAID AL PIGNETO "CON NOI ANCHE UN NERO".
(Adnkronos) - «C'è un ragazzo con la pelle nera nel raid di sabato al Pigneto. Il 'nerò ha un nome e un cognome. È un ragazzo di colore che ha meno di trent'anni. È cresciuto tra il Pigneto e il Prenestino. Lavora. E sabato, a quanto pare, non c'è stato bisogno di convincerlo ad unirsi al resto dei mazzieri». Lo riporta il quotiano 'La Repubblicà. «Se lo sentissi - afferma un amico del ragazzo - non diresti mai che è un africano. È uno de noi. Parla romano e magna romano come noi. Per questo è venuto con noi. Come bisogna spiegarlo ancora che la razza non c'entra? Ho visto che oggi la politica sta continuando a parlà, a parlà. Stanno sempre a parlà. Non basta quello che ha detto Dario? Allora, forza, mettici pure questa. C'era uno de colore a menà. Si dice così, no? De colore. E sai perchè? Lui al Pigneto è sempre stato rispettato. Nessuno l'ha mai fatto sentire di serie B. Questa è casa sua come è casa mia. E siccome stanno facendo lo schifo in casa nostra, a lui è salito il veleno come è salito a noi. Sai che gliene frega a lui del colore della pelle? Niente. A lui gliene frega ancora meno che a noi visto che è nero. Lui si è rotto il cazzo come noi. Punto e basta».
Dagospia 30 Maggio 2008
N.B.M. per "Il Messaggero
«Ma non è che siccome sei in difficoltà ti butti su tutti gli episodi strani, non è che siccome hai un partito come il Pd dall'identità indefinita ti metti a cavalcare tutte le tigri. Bisogna pensare ai cittadini, alle loro esigenze, non a strumentalizzzare». Emanuele Macaluso, coscienza critica e inquieta della sinistra, ha riflettuto molto su quanto è avvenuto al Pigneto e le sue conclusioni sono molto critiche, condividendo solo in parte le preoccupazioni su un «certo clima» che si starebbe instaurando dopo la vittoria della destra nel Paese e nella Capitale.
Senatore Macaluso, al Pigneto d'un colpo sono scomparse le svastiche per lasciare il posto a Che Guevara. E tutte le denunce della sinistra sono finite in fumo?
«Svastiche? Guevara? Ma di che stiamo parlando? Mica vogliamo buttarla in politica».
E dove ci buttiamo, allora?
«Qui siamo in presenza di personaggi e di settori che faccio fatica a definire politici dove tutto si confonde, persone senza storia, le cui azioni non hanno certo un retaggio culturale, non affondano certo in qualche esperienza o insegnamento storici. In una situazione confusa e dai contorni poco chiari e definiti, tutto si confonde. C'è uno squadrismo rosso e un razzismo diciamo così interclassista. E il comune denominatore è la mancanza di storia, di un minimo di cultura condivisa».
Fatto sta che chi aveva subito denunciato aggressioni squadristiche di destra ora si trova spiazzato.
«E certo, sarebbe strano il contrario. Prima ancora di sapere bene le cose, solo sulla base di sentito dire e, peggio, andando dietro a tesi pre-costituite, si è avallata la tesi dell'aggressione di destra. Invece di cercare di capire come sono andate realmente le cose, subito si è dato un colore politico per inquadrarlo in un contesto pre-determinato».
E perché si sarebbe proceduto così?
«Io la vedo così: c'è un partito, il Pd, dai contorni ancora indefiniti, un Partito democratico che non ha una identità salda se mai l'avrà, e che in questo contesto crede di uscire dalle difficoltà cercando di esasperare una data situazione, sperando di far emergere una posizione, un contorno, una identità che però, alla fine, non si capisce lo stesso che cosa sia, dove sia».
Quel Che Guevara tatuato sull'aggressore confesso l'ha colpita, dica la verità.
«C'è un estremismo che si tinge di sinistra che ha come caratteristica la violenza. E adesso, in spirito con i tempi, si tinge pure di razzismo. Chiedo: avrebbe agito allo stesso modo, il reo confesso assalitore in questione, se il negozio fosse stato gestito da italiani? Emerge che c'è un certo tipo di sinistra o sedicente tale che oggi si tinge finanche di razzismo».
A sinistra si parla da giorni di un «certo clima» creatosi con la vittoria elettorale delle destre.
«Che le destre abbiano vissuto la vittoria come una rivincita, specialmente a Roma, mi pare evidente, c'è tutto un mondo nostalgico che dice "finalmente in Campidoglio, la sinistra l'abbiamo battuta, ora diamole il colpo di grazia", come anche gli episodi all'università dimostrerebbero. Attendo però ancora una qualche analisi seria del risultato elettorale, che spieghi ad esempio come è potuto accadere che due anni fa Veltroni vincesse con il 67 per cento e Alemanno stava al 33, e ora si è ribaltato tutto».
2 - BRAVA REP. - UNA LEZIONE DI GIORNALISMO SULLA LEGGENDA NERA DEL PIGNETO. NON È LA PRIMA.
Da "Il Foglio"
Brava bravissima Rep. E per la quarta volta in pochi mesi. A suo tempo avevamo lodato il giornale di Ezio Mauro per il realismo freddo con il quale ha affrontato la caccia alle streghe di Rignano. Poi altri battimani per l'asciutta rapidità con cui ha disinnescato la campagna forsennata sul sedicente blitz della polizia in un ospedale napoletano per fare luce su un aborto troppo facile, mo¬tivato dalla sindrome di Klinefelter. Quindi un altro riconoscimento per il racconto dedicato sine ira ac studio al suicidio del ginecologo genovese indagato per la violazione della legge 194, mentre i lupi del conformismo gareggiavano nel dare la colpa di un'inchiesta già vecchiotta alla fresca moratoria internazionale contro l'aborto.
Adesso è la volta della leggenda nera del Pigneto, demistificata ieri su Repubblica da un sontuoso articolo nel quale Carlo Bonini fa emergere la verità borgatara, esasperata e al limite un po' rossa dell'aggressione subita dagli extracomunitari del quartiere. Due giorni fa il Foglio aveva chiuso il primo suo editoriale evocando un contegno sano dei mezzi d'informazione davanti al tentativo di far passare un regolamento di conti per l'epifenomeno naturale del razzismo organizzato e strisciante sopraggiunto con il nuovo potere romano.
"Ogni slealtà umana e giornalistica potrebbe avere lo stesso effetto di una bastonata", avevamo scritto e il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano ha voluto utilizzare proprio queste parole mentre riferiva in Parlamento sull'accaduto. Senza il bisogno di leggere il Foglio o di ascoltare Mantovano, i giornalisti di Rep. hanno risposto nel modo più limpido e professionale all'esigenza di verità. Non s'è trattato di fare un piacere alla destra, ma di un omaggio al principio di realtà. Ed è un sintomo di buona salute per il giornalismo tutto, quando un grande quotidiano decide di rompere una volta in più il cerchio della pigrizia ideologica o della tentazione vendicativa alimentata dai vinti. Il fatto che siano rimasti quasi soltanto Furio Colombo e Lidia Ravera - ieri, sull'Unità - a baloccarsi con la santa teppa fascista (che esiste ma non c'entra col Pigneto), o con fantasiosi spettri totalitari, segnala che nella coscienza pubblica si è prodotto un cambiamento faticoso ma solido, forse irreversibile.
3 - I RAGAZZI DEL RAID AL PIGNETO "CON NOI ANCHE UN NERO".
(Adnkronos) - «C'è un ragazzo con la pelle nera nel raid di sabato al Pigneto. Il 'nerò ha un nome e un cognome. È un ragazzo di colore che ha meno di trent'anni. È cresciuto tra il Pigneto e il Prenestino. Lavora. E sabato, a quanto pare, non c'è stato bisogno di convincerlo ad unirsi al resto dei mazzieri». Lo riporta il quotiano 'La Repubblicà. «Se lo sentissi - afferma un amico del ragazzo - non diresti mai che è un africano. È uno de noi. Parla romano e magna romano come noi. Per questo è venuto con noi. Come bisogna spiegarlo ancora che la razza non c'entra? Ho visto che oggi la politica sta continuando a parlà, a parlà. Stanno sempre a parlà. Non basta quello che ha detto Dario? Allora, forza, mettici pure questa. C'era uno de colore a menà. Si dice così, no? De colore. E sai perchè? Lui al Pigneto è sempre stato rispettato. Nessuno l'ha mai fatto sentire di serie B. Questa è casa sua come è casa mia. E siccome stanno facendo lo schifo in casa nostra, a lui è salito il veleno come è salito a noi. Sai che gliene frega a lui del colore della pelle? Niente. A lui gliene frega ancora meno che a noi visto che è nero. Lui si è rotto il cazzo come noi. Punto e basta».
Dagospia 30 Maggio 2008