ROSALINDA CELENTANO SHOCK: "PER ANNI HANNO DETTO CHE IO E MONICA BELLUCCI STAVAMO INSIEME: MA COME TI PERMETTI? IO NON SONO OMOSESSUALE."

Michela Auriti per Oggi


Senza Alessandra non avremmo mai trovato Rosalinda. Perché Rosalinda non possiede un cellulare e in questo periodo della sua vita neanche una segreteria telefonica. Vive in un piccolo appartamento del centro storico, ridotto all'essenziale: un letto, un tavolino, i suoi quadri. Se ha deciso di non farsi scovare, ci riesce. Però c'è Alessandra, l'amica, l'altra sorella. Lei sa sempre dove rintracciarla.

Appuntamento a Campo de Fiori. Rosalinda Celentano e Alessandra Acciai sono reduci dalla tournée teatrale, che per la prima ha significato il debutto: La formula - Proof (dell'americano David Auburn, già interpretata a Londra da Gwyneth Paltrow) racconta la storia di un matematico geniale e folle, con una figlia che lo è altrettanto. Ma nessuno la comprende, per il mondo ha il marchio della stranezza. Eppure sarà proprio Catherine-Rosalinda, dopo la morte del padre e i tentativi della sorella (la Acciai) di normalizzarla, a consegnare al mondo la formula del secolo.

Alessandra guarda l'amica: «In un certo senso, Catherine ti somiglia. La gente ti vuole folle, ma tu sei una persona normale: ipersensibile, hai la purezza dei bambini e credi nell'amore assoluto». Rosalinda è altissima, esile come un fuso. Ha un segno sulla guancia destra, colpa di un incidente sul palcoscenico. Mangia poco: «Solo quando mi va. Sono una che somatizza tutto nello stomaco». Parla a raffica, secondo dolorosi percorsi mentali: «No, io sono una pazza vera. Se sentì un'ambulanza, è per me. Cerco di esorcizzare facendo la comica con gli amici, però quando mi trovo sola con Alessandra, non vedo mai il sole».

«Di me hanno detto tutto: che mi faccio le pere, che sono omosessuale e più ancora. Prima ci stavo male, ora me ne frego. Ma se toccano una persona che mi sta a cuore, Alessandra o la mia amica Monica Bellucci, divento cattiva. Per anni hanno detto che io e Monica stavamo insieme: ma come ti permetti? Lei è anche sposata! Per questo ci tengo a puntualizzare: non sono omosessuale. Se lo fossi, non avrei problemi a dirlo. Sono semplicemente una persona che ama, senza distinzioni».

«Durante il suo show, Chiambretti mi provocò: "Hai mai incontrato una donna?". "No", risposi. "Ma se mi capitasse e dovessi innamorarmi, la bacerei". Qualcuno, dal pubblico, ha urlato: "Che schifo!". Un problema suo, non mio. Perché vuoi circoscrivere l'amore? È come mettere un costume all'anima. Posso innamorarmi di un uomo, di una donna, di un bicchiere o di un tramonto. Non mi vergogno a confessare che ho fatto l'amore con una statua. E allora, cosa direte di Rosalinda? Quale etichetta le appiccicherete? Per me l'omosessualità non esiste, è un'invenzione di chi ha paura di amare. E credo che il sesso limiti un po' l'amore».



Rosalinda ha occhi magici color verdeacqua, dolcissimi e inquieti. Un fisico androgino che alimenta gli equivoci («Ma non sono maschile, anzi»). Tende all'assoluto, vede il mondo «tutto bianco o nero». Ora è lei che guarda Alessandra: «Senza il suo aiuto, non sarei mai salita sul palcoscenico. Dicevo di me: "Sono autistica, incapace". Esagero. Ma so che ho problemi con la sintassi, quando sono molto emozionata balbetto. E la mia memoria è un disastro». Come papà Adriano, dico. Lei ride: «Già. Ma io ho crolli improvvisi e non volevo mettere a repentaglio la compagnia. Stavo per mollare. Senza Alessandra...».

Senza Alessandra, attrice tra cinema, teatro e Tv (l'avranno notata gli appassionati di Incantesimo), Rosalinda sarebbe annegata nelle sue paure. «Ho avuto più di un forte esaurimento nervoso, che ho curato con le medicine. Ne sono uscita, ma il mio carattere è votato al dolore. Fin dalla nascita. Sono andata via di casa a 18 anni, volevo affermare la mia identità. Chi ero? Non è facile saperlo quando hai due genitori come i miei: Adriano e Claudia, una cosa sola. Io rischiavo di rimanere schiacciata. Per di più, volevo fare il loro stesso mestiere. Ho avuto un rapporto conflittuale con entrambi, credevano che dovessi pensarla come loro. Ma quando c'è una situazione conflittuale è perché c'è tanto amore. Oggi ci vediamo e ci sentiamo poco, io non accetto consigli. Mia sorella Rosita, stupendo punto di riferimento, pensa a mediare».

Rosalinda si passa una mano sulla testa nuda. «All'inizio, mi sono rapata per sfregio. Autodistruzione: con i capelli lunghi, somigliavo molto a mia madre. Oggi vado a testa alta: ho tolto un altro orpello, la cornice al quadro. Mi sento più libera». Interviene Alessandra: «Con Rosalinda ci sosteniamo a vicenda. Le nostre strade si sono incrociate quando lei è venuta a Roma la prima volta, a 19 anni. Mi è piaciuta la sua autenticità. Intanto, la mia vita si snodava su binari più regolari. Ho avuto convivenze, per tre volte sono stata a un passo dal matrimonio. Da un anno ho chiuso una storia con un uomo che m'aveva portata a Lugano. Ma io sono più ottimista».

Rosalinda: «il mio amore vero, il mio primo uomo, l'ho incontrato nel '95: Simone era un artista, viveva tra Parigi e Milano. Due mesi insieme e poi, per me, anni a guardare il soffitto. Un dolore che mi ha graffiato l'anima. A Roma ho passato giorni sul ponte degli Angeli, a fissare l'abisso. Quando volevo nascondermi, scendevo sul greto del Tevere. Alessandra mi ha ripescata più di una volta, Alessandra mi ripesca ogni giorno. È una santa e le dico grazie. lo sono una persona complicata, faticosa. Nessuno saprebbe vivermi accanto, perché ho bisogno della mia solitudine, della mia malattia. C'è chi mi immagina madre, però io sono figlia di me stessa. Sono materna con gli amici che amo. Sono "figlia" di Alessandra, lei riesce perfino a farmi mangiare. È una cuoca eccezionale, cucina araba, indiana, giapponese...».

eatro per lei è la regola», interviene la Acciai. «Quattordici ore di lavoro al giorno, da affrontare con disciplina. Rosalinda suscita in me il desiderio di proteggerla, io trovo sostegno nella psicanalisi». Qui Rosalinda la bacchetta: «Ecco, non capisco proprio: raccontare a uno sconosciuto il proprio io, soffrire e piangere, per poi sentirsi dire: "Sono le quattro, l'incontro è finito, fanno duecentomila". Ma andiamo! Mi ha salvato l'arte, la musica è il mio cibo. Anche la pittura e la scultura sono punti fermi. Ho vissuto con un amico scultore, Franco Verrocca, che mi è stato maestro: quando è morto, aveva 75 anni... Vedi, non credo che nella vita ci sia molto da ridere. Leopardi, uno dei miei autori preferiti con Schopenauer e Pavese, era realista, non pessimista. E poi tutto corre così in fretta: io odio i telefonini, i computer, Internet. Sarei vissuta volentieri nell'800: a Simone scrivevo lettere con il pennino e le sigillavo con la ceralacca...".

«Chi ha molto sofferto, ama disperatamente la vita e ne conosce il valore. Ma io vorrei togliere il disturbo piuttosto presto, non quando tutti i miei denti saranno neri». Guarda ancora Alessandra, ha il sorriso degli angeli: «Se non fosse stato per lei, per qualche amico, e per il dolore che avrei dato alla mia famiglia, l'avrei già fatto da un po'».


Dagospia.com 12 Settembre 2002