ANTON-FINITA – IL CORRIERE RACCONTA LA ROCAMBOLESCA STORIA DELL’ANTONVENETA, LA BANCA CHE HA PROVOCATO LA DISTRUZIONE DEL MONTE DEI PASCHI - MA IL GIORNALE DI DE BORTOLI PERCHE’ E’ COSI’ CAUTO SUL TANGENTONE? PERCHE’ DOVREBBE NEL METTERE IN MEZZO IL BOSS DEL SANTANDER BOTIN CHE HA STRAVENDUTO LA BANCA A MUSSARI? – ESSI’: E’ SEMPRE IL GREMBIULINO DELL’OPUS DEI BOTIN A RIFILARE ALL’RCS UN ALTRO “PACCO”: RECOLETOS, PAGATA OLTRE UN MILIARDO E CHE COSTO’ LA POLTRONA A COLAO CHE SI ERA OPPOSTO…

Sergio Bocconi per "Corriere della Sera"

Quando, nel giugno del 1996, i banchieri Silvano Pontello e Antonio Ceola hanno unito in matrimonio le due piccole banche di Padova, l'Antoniana (cattolica) e la Popolare Veneta (laica), dando vita ad Antonveneta, mai avrebbero potuto immaginare che il loro gioiello sarebbe diventato la preda che, di cacciatore in cacciatore, avrebbe fatto stramazzare al suolo la banca più antica del mondo, il Montepaschi. Perché da quella acquisizione costata oltre 9 miliardi, annoverabile fra gli ultimi grandi «botti» prima della stagione delle diete forzate che ha messo a regime ipocalorico tutto il sistema del credito italiano e mondiale, l'istituto di Siena non si è più veramente ripreso. Fino al secondo e ultimo ricorso al salvagente pubblico: dopo i Tremonti-bond, i Monti-bond.

Il sogno allora un po' visionario di unire due istituti locali, che insieme hanno poi comprato la Banca nazionale dell'agricoltura e hanno fatto la «rivoluzione» trasformando la cooperativa in spa, rappresenta per certi versi la classica eredità che le vicende successive hanno spogliato delle proprie radici. Perché quando si è sciolto il patto che ha governato l'Antonveneta, si è scatenata la battaglia per il controllo dell'istituto. In campo da un lato l'olandese Abn Amro, azionista a Padova già nel '96, dall'altro i «furbetti del quartierino», Gianpiero Fiorani, il banchiere prediletto dall'allora Governatore Antonio Fazio, i bresciani capitanati da Emilio Gnutti, l'Unipol di Giovanni Consorte, Stefano Ricucci, autore e proprietario morale del copyright dei «furbetti» che ha dominato la stagione delle scalate 2004-2005 a Antonveneta, Bnl e Rcs.

Dopo Opa e contro Opa, assemblee rocambolesche che hanno visto i «furbetti» schierati come un sol uomo, e quindi facilmente riconoscibili in patto occulto, ricorsi in tribunale, ha vinto Rijkman Groenink: il numero uno del gruppo olandese, dopo che Fazio è «costretto» a revocare l'autorizzazione dell'Opa di Fiorani («sono venuti meno i presupposti»), con un'operazione da 7,3 miliardi, a fine 2005 conquista Antonveneta. «È un momento storico sia per noi, sia per l'istituto di cui ora abbiamo il controllo», dice Groenink ringraziando Consob e sistema giudiziario «che hanno dimostrato di saper fare il proprio dovere».

Nemmeno lui avrebbe potuto immaginare in quel momento che cosa sarebbe accaduto non molto tempo dopo alla sua Abn e quindi ad Antonveneta. Quando tramonta l'estate del 2007 le sorti dell'istituto padovano vengono cambiate dall'esito di una grande battaglia finanziaria europea: Abn Amro in crisi diventa a sua volta preda ed è oggetto di un braccio di ferro fra Barclays e il trio multinazionale guidato dallo spagnolo Santander di Emilio Botin e che vede partecipanti la scozzese Royal bank of Scotland e il gruppo finanziario belga-olandese Fortis. Sarà la cordata a vincere la partita della maggiore acquisizione europea sborsando 71 miliardi. Nel «pacchetto», che poi sarà ripartito con uno spezzatino c'è anche Antonveneta. Che va in dote al Santander per circa 7 miliardi. Come Groenink, anche Botin fa subito sapere di avere dei piani per l'istituto padovano, perché l'Italia è «prioritaria».

Piani che però si rivelano presto di ben altro tipo rispetto alle prime attese. Dopo l'Antonveneta all'olandese, scolora in poco tempo anche quella alla spagnola: torna in Italia, e più precisamente a Siena. Con un blitz, l'8 novembre 2007, il Montepaschi guidato da Giuseppe Mussari e controllato dalla Fondazione presieduta da Gabriello Mancini, «conquista» il gruppo padovano per oltre 9 miliardi, battendo sul filo di lana l'offerta presentata da Bnp Paribas. Anche per Mussari, il cui Mps era rimasto fuori dal risiko bancario che aveva visto unirsi in matrimonio prima Intesa e Sanpaolo, poi Unicredit e Capitalia, è il momento dell'alloro e dei ringraziamenti.

Così assicura che il prezzo pagato «non è alto, la banca padovana può produrre 700 milioni di utile netto». Quindi ringrazia il Santander, «controparte dura ma affidabile». Botin forse in quella occasione stona un po', perché rivela che l'offerta da 9 miliardi, al netto di Interbanca che resta in mani spagnole, è «significativamente superiore» ai 6,6 miliardi di valutazione della banca nell'ambito della offerta complessiva su Abn Amro.

È il botto finale di una stagione record di merger & acquisition che non si ripeterà mai più. Soprattutto sotto il profilo dei prezzi. La crisi dei subprime, che già si fa sentire nell'estate 2007, e il fallimento della Lehman Brothers nel settembre 2008, metteranno per sempre fine a supervalori e ad aspettative di maxi-utili. Una svolta che ha colpito anche duramente due protagonisti del terzetto scalatore (Rbs e Fortis) mentre al terzo, il Santander appunto, è riuscito il «colpo» che gli ha portato un beneficio di circa 2 miliardi in poche settimane.

Ma per Montepaschi, che ha pagato un premio del 32% circa sul valore della banca (valore che, secondo Tommaso di Tanno, alla guida del collegio sindacale di Mps dal 2006 all'approvazione del bilancio 2011, era pari a 2,3 miliardi) la via padovana si è rivelata una scalata dura al punto tale da togliergli il fiato. Prima l'aumento di capitale da circa 4,5 miliardi, sottoscritto per metà dalla Fondazione e che ha previsto il prestito subordinato denominato fresh, assimilato a equity, poi i Tremonti bond per 1,9 miliardi, quindi un'altra ricapitalizzazione da 2 che l'ente segue indebitandosi, infine il lancio della spugna con la perdita della maggioranza assoluta, l'arrivo dei «ristrutturatori» Alessandro Profumo e Fabrizio Viola e anche della Procura che indaga sull'operazione Antonveneta e sull'esborso, il ciclone dei derivati. Padova trasformerà un altro predatore in preda? Il mercato non lo esclude. Per l'Antonveneta story si tratterebbe di un nuovo, e questa volta forse ultimo, capitolo.

 

9 fiorani ricucci gnutti lapMontezemolo e BotinLOGO ANTONVENETAANTONIO FAZIO Emilio Botin presidente Banco SantanderAntonio Fazioj fazio fiorani GENTEemilio botin banca santadern cc24 colao marchetti mieli

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni elly schlein

DAGOREPORT - COME DESTABILIZZARE IL NEMICO PIÙ INTIMO? SEGUITE IL METODO MELONI: AD OGNI INTRALCIO CHE SI INVENTA QUEL GUASTAFESTE DI SALVINI, LA MINACCIA DELLA DUCETTA È SEMPRE LA STESSA: ANDIAMO AL VOTO ANTICIPATO E VEDIAMO QUANTO VALE NELLE URNE ‘STO CARROCCIO - QUESTO RITORNELLO MELONIANO DI ANTICIPARE DI UN ANNO LE POLITICHE 2027, PERCHÉ NON LO FA SUO ANCHE ELLY SCHLEIN? ANZICHÉ STAR LÌ A PIAGNUCOLARE DI “SALARIO MINIMO”, DI “POLITICA INDUSTRIALE CHE NON C’È” E DI “CETO MEDIO IMPOVERITO”, SE L’ITALIA VA A PUTTANE, METTA L'ARMATA BRANCA-MELONI IN DIFFICOLTÀ: SI TOLGA L’ESKIMO DA GRUPPETTARA E LANCI LEI A GRAN VOCE UNA BELLA CAMPAGNA FATTA DI SLOGAN E FRASI AD EFFETTO PER CHIEDERE LO SFRATTO DEL GOVERNO, LANCEREBBE COSI' UN GUANTO DI SFIDA ALL’ARROGANZA DELLA DUCETTA, METTENDOLA IN DIFFICOLTÀ E NELLO STESSO TEMPO RIUSCIREBBE A TRASMETTERE AL POPOLO DISUNITO DELL’OPPOSIZIONE UN SENTIMENTO FORTE, AFFINCHE' IL SOGNO DI MANDARE A CASA GIORGIA MELONI POSSA DIVENTARE REALTÀ - SE OGGI, LA STORIA DEI NUOVI MOSTRI POLITICI SI FONDA SULL’IMMAGINARIO, COSA ASPETTA ELLY SCHLEIN A CAMBIARE MUSICA?

orazio schillaci marcello gemmato paolo bellavite ed eugenio serravalle

DAGOREPORT – I DUE NO-VAX NOMINATI NEL COMITATO TECNICO SUI VACCINI SPACCANO FRATELLI D'ITALIA: MONTA IL PRESSING PER FAR DIMETTERE EUGENIO SERRAVALLE E PAOLO BELLAVITE DALL’ORGANISMO – IN MOLTI RITENGONO CHE IL RESPONSABILE POLITICO DELL’IMPROVVIDA DECISIONE SIA MARCELLO GEMMATO, FARMACISTA E POTENTE SOTTOSEGRETARIO ALLA SALUTE MELONIANO – IL MINISTRO ORAZIO SCHILLACI È FRUSTRATO DAI CONTINUI BLITZ POLITICI CHE LO PONGONO DI FRONTE A DECISIONI GIÀ PRESE: NON CONTA NULLA E TUTTI PRENDONO DECISIONI SULLA SUA TESTA. ORA SAREBBE INTENZIONATO A REVOCARE L’INTERO GRUPPO DI LAVORO SE I NO-VAX NON SLOGGIANO. ENTRO 48 ORE…

trump zelensky putin donald volodymyr vladimir

DAGOREPORT – ARMATI DI RIGHELLO, GLI SHERPA DI PUTIN E TRUMP SONO AL LAVORO PER TROVARE L’ACCORDO SULLA SPARTIZIONE DELL’UCRAINA: IL 15 AGOSTO IN ALASKA L’OBIETTIVO DEL TEPPISTA DELLA CASA BIANCA È CONVINCERE PUTIN AD “ACCONTENTARSI”, OLTRE DELLA CRIMEA, DEL DONBASS, RITIRANDOSI PERO' DALLE REGIONI UCRAINE OCCUPATE DALL'ESERCITO RUSSO: KHERSON E ZAPORIZHZHIA (CON LA SUA CENTRALE NUCLEARE) - TRUMP POTREBBE AGGIUNGERE LO STOP ALLE SANZIONI E CHISSÀ CHE ALTRO – PRIMA DI UN INCONTRO PUTIN- ZELENSKY, TRUMP PORTERA' I TERMINI DELLA PACE ALL'ATTENZIONE DEGLI ALLEATI EUROPEI DI KIEV - PER GARANTIRE L'EX COMICO CHE MOSCA NON SGARRERA', MACRON, MERZ E COMPAGNI PROPORRANNO L'INGRESSO DELL'UCRAINA NELL'UNIONE EUROPEA (CHE FA SEMPRE PARTE DELLA NATO) - PER L’ADESIONE UE SERVE L’OK DEI FILO-PUTINIANI ORBAN E FICO (CI PENSERÀ LO ZAR A CONVINCERLI) - UNA VOLTA FIRMATA, DOPO 6 MESI DEVONO ESSERE APERTE LE URNE IN UCRAINA - LA GAFFE: "VENERDI' VEDRO' PUTIN IN RUSSIA...": TRUMP SULLA VIA SENILE DI BIDEN? OPPURE....

antonio decaro michele emiliano roberto fico giuseppe conte elly schlein vincenzo de luca

DAGOREPORT - SCHLEIN E CONTE FANNO CAMPOLARGO (MA SOLO PER LE REGIONALI, PER ORA): DOPO GIANI IN TOSCANA E RICCI NELLE MARCHE, E' FATTA ANCHE PER I 5STELLE ROBERTO FICO IN CAMPANIA E PASQUALE TRIDICO IN CALABRIA (DOVE NON CI SONO CHANCE DI VITTORIA) - L'ULTIMO OSTACOLO RESTA VINCENZO DE LUCA, CHE CHIEDE DI NOMINARE IL FIGLIO, PIERO, SEGRETARIO DEL PD REGIONALE. MA ELLY NON VUOLE FARE LA FIGURA DA PERACOTTARA: FU LEI A COMMISSARIARE IL PARTITO, COME ATTO OSTILE NEI CONFRONTI DEL "CACICCO" DE LUCA, E A FAR FUORI SUO FIGLIO DA VICECAPOGRUPPO ALLA CAMERA - IN PUGLIA, QUEL CROSTONE DI EMILIANO È INDIGESTO A ANTONIO DECARO PER LA VECCHIA STORIELLA DELL'INCONTRO CON LA SORELLA DEL BOSS CAPRIATI, "PADRINO" DI BARI VECCHIA, RACCONTATA DAL GOVERNATORE URBI ET ORBI - VIDEO!

matteo salvini luca zaia alberto stefani luca de carlo

DAGOREPORT - VIA COL VENETO: LISTA ZAIA? E GIORGIA MELONI S'INCAZZA! - SE IMPORRA' IL SUO CANDIDATO, IL FRATELLONE D'ITALIA LUCA DE CARLO, SI RITROVERÀ UN LISTONE "DOGE" CHE PORTEREBBE VIA UN FIUME DI VOTI (E AVREBBE LA MAGGIORANZA DEI SEGGI, COMMISSARIANDO DI FATTO IL GOVERNATORE MELONIANO) - MATTEO SALVINI SPINGE FORTE SUL GIOVANE ALBERTO STEFANI, MA LA DUCETTA NON MOLLA L'OSSO DI CONQUISTARE LA RICCA REGIONE VENETA - IN BARBA AL SUO GROSSO BOTTINO DI CONSENSI, LA FIAMMA NON HA IN TASCA ALCUNA REGIONE DEL NORD (IN LOMBARDIA NON TOCCA PALLA: E' ROBA DI LA RUSSA...)