CHE DOLO-IOR PER BERTONE! - IL SEGRETARIO DI STATO CONTAVA DI METTERE LE MANI SULLA “BANCA DI DIO” SOSTITUENDO GLI “SCOMODI” NICORA E TAURAN CON I CARDINALI CALCAGNO E SANDRI PER POI PROCEDERE ALLA NOMINA DEL NUOVO PRESIDENTE - E INVECE LA PATATA BOLLENTE ORA FINIRÀ NELLE MANI NEL NUOVO PAPA - PER IL DOPO-GOTTI TEDESCHI SI IPOTIZZA UN BANCHIERE STRANIERO: TOCCA ARCHIVIARE LA SCARSA TRASPARENZA E LE OPERAZIONI FINANZIARIE SPERICOLATE…

Carlo Marroni per il "Sole 24 Ore"

Era uno dei primi punti nell'agenda curiale delle prossime settimane. La nomina del nuovo presidente dello Ior - carica vacante dopo il licenziamento traumatico del 24 maggio 2012 di Ettore Gotti Tedeschi, in carica dal settembre 2009 - era ormai data per scontata entro fine febbraio, ma ora tutto torna in alto mare. L'annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI riporta il dossier finanziario vaticano tra i punti che dovrà affrontare il futuro papa, e in modo anche molto energico visto che la crisi ai vertici della banca vaticana era stata una delle note dolenti dello scorso anno.

Sul controllo delle finanze vaticane e sulle nuove norme relative alla trasparenza (varate nel 2010 e modificate nel 2012) si era consumato uno scontro molto duro, culminato con la pubblicazione di documenti con cui il cardinale Attilio Nicora - presidente dell'Autorità di informazione finanzaria (l'Authority interna alla Curia preposta alla trasparency), ma anche consigliere Ior - lamentava il cambio delle norme, in senso considerato meno "stringente". Lo scontro fu con il cardinale Tarcisio Bertone, che presiede la commissione cardinalizia della banca: la vicenda culminò con l'uscita improvvisa di Gotti.

Licenziamento che a quanto risulta fu contestato - anche se voci interne hanno sempre provato a ridimensionare questo scontro - nella commissione cardinalizia da Nicora e dal cardinale curiale francese Jean-Louis Tauran. A quanto risulta una riunione dei cardinali del consiglio Ior ci sarebbe stata nel corso dell'ultimo fine settimana e un braccio di ferro si sarebbe consumato tra chi voleva un totale cambio alla guida dell'Istituto e chi invece tiene a mantenere lo status quo.

Del resto già negli ultimi giorni era emerso che Bertone aveva in animo un cambio più sostanziale allo Ior, con l'uscita proprio di Nicora e Tauran e la loro sostituzione con i cardinali Domenico Calcagno - presidente Apsa, vicino a Bertone - e forse del cardinale Leonardo Sandri. Questo rimpasto nel comitato degli "azionisti" avrebbe fatto da preludio alla nomina del nuovo presidente: nessun nome è emerso fino ad oggi con chiarezza, ma di certo è dato per scontato che non sarà un italiano (lo era sempre stato fin dalla fondazione nel 1942).

Un europeo, probabilmente un belga, con una formazione di banchiere a tutto tondo. Era stata quindi esclusa la promozione del consigliere Carl Anderson, Supremo Cavaliere di Colombo, un potente finanziere Usa che a maggio era stato il protagonista del licenziamento di Gotti, con un documento sconvolgente per contenuti e modalità, in nove punti d'accusa, che rimarrà nella storia delle "crisi" vaticane.

Il consiglio di sovrintendenza è da maggio retto dal vice, il tedesco Ronaldo Haerman Shmitz, ex Deutsche Bank, e gli altri membri sono lo spagnolo Manuel Soto Serrano (di derivazione Santander) e l'italiano, il notaio Antonio Maria Marocco. È possibile una nomina nei prossimi giorni?

La sede vacante inizia l'1 marzo, e da allora il Camerlengo, cioè lo stesso Bertone, assume i poteri, che tuttavia risultano essere solo poteri ordinari. Al di là della nomina del nuovo presidente, si attende però allo Ior un periodo di profonda revisione, o comunque di intervento sostanziale. Infatti, nonostante gli sforzi proclamati sul fronte della trasparenza, i problemi (in questo caso di tutte le finanze vaticane) continuano a fioccare: l'ultimo è la revoca a fine anno da parte della Banca d'Italia dell'autorizzazione a Deutsche Bank Italia a gestire i bancomat Oltretevere.

Con Via Nazionale il braccio di ferro è ormai un fatto acquisito, dopo l'inchiesta del 2010 che portò al sequestro dei 23 milioni, poi sbloccati. Da allora i rapporti finanziari Italia-Vaticano sono stati molto complicati e hanno portato alla chiusura di tutti i conti nella banche italiane (i fondi principali sarebbero ora a Londra).

In Vaticano, poi, gli uomini ex Bankitalia - che erano stati assunti per dare corpo alle nuove istituzioni di controllo interne - sono stati "promossi" ad altro incarico, ed è salito un nuovo gruppo dirigente, tra cui spicca l'avvocato svizzero Brülhart. Nel Torrione Niccolò V, sede storica dello Ior, sotto la guida del direttore generale Paolo Cipriani starebbe procedendo lo screening dei conti correnti, 33mila ufficialmente, e sugli intestatari, che per regole interne non possono essere estranei al Vaticano.

L'obiettivo è l'ingresso nella white list del'Ocse dei paesi virtuosi, ma l'obiettivo al momento pare decisamente lontano. In pù lo Ior negli ultimi anni è stato interessato da operazioni che - secondo i critici - lo avrebbero allontanato dal suo core business.

Nell'estate 2011 infatti entrò nella gestione del San Raffaele, con l'obiettivo di acquistarlo e integrarlo con il Bambino Gesù, l'ospedale pediatrico d'eccellenza di Roma (operazione poi naufragata). Sul piatto furono messi 250 milioni: Bertone vedeva di buon occhio l'operazione, ma vi fu una decisa opposizione da parte di molti prelati, tra cui, si disse, i cardinali Scola e Bagnasco.

Infine c'è il dossier giudiziario, che vede intrecciarsi vari filoni: il nome dell'Istituto è tornato di prepotenza agli onori delle cronache in occasione del caso Monte Paschi e l'acquisto di Antonveneta, su cui è stato ascoltato a Siena lo stesso Gotti Tedeschi nella sua veste di rappresentante del Santander. È stato ipotizzato che vi fossero dei conti segreti dentro il Torrione legati a personaggi coinvolti nel caso Mps, ma da padre Lombardi la scorsa settimana è arrivata una smentita. In ogni caso la magistratura di Roma indaga, e risultano quattro rogatorie, due italiane e due internazionali.

 

 

Tarcisio Bertone CAMPAGNA ELETTORALE PER IL PROSSIMO CONCLAVE TARCISIO BERTONE DA QUINK jpegETTORE GOTTI TEDESCHI TauranAttilio NicoraCARDINALE DOMENICO CALCAGNOIL CARDINALE ARGENTINO LEONARDO SANDRI jpegANTONIO MARIA MAROCCOCardinale ScolaIL CARDINALE ANGELO BAGNASCO

Ultimi Dagoreport

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…

emmanuel macron

DAGOREPORT – MACRON, DOMANI CHE DECIDERAI: SCIOGLI IL PARLAMENTO O RASSEGNI LE DIMISSIONI DALL'ELISEO? - A DUE ANNI DALLA SCADENZA DEL SUO MANDATO PRESIDENZIALE, IL GALLETTO  È SOLO DI FRONTE A UN BIVIO: SE SCIOGLIE IL PARLAMENTO, RISCHIA DI RITROVARSI LA STESSA INGOVERNABILE MAGGIORANZA ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE – PER FORMARE IL GOVERNO, LECORNU SI È SPACCATO LE CORNA ANDANDO DIETRO AI GOLLISTI, E ORA FARÀ UN ULTIMO, DISPERATO, TENTATIVO A SINISTRA CON I SOCIALISTI DI OLIVIER FAURE (MA MACRON DOVRA' METTERE IN SOFFITTA LA RISANATRICE RIFORMA DELLE PENSIONI, DETESTATA DAL 60% DEI FRANCESI) – L’ALTERNATIVA E' SECCA: DIMETTERSI. COSÌ MACRON DISINNESCHEREBBE MARINE LE PEN, INELEGGIBILE DOPO LA CONDANNA - MA È UN SACRIFICIO ARDUO: SE DA TECNOCRATE EGOLATRICO, CHE SI SENTIVA NAPOLEONE E ORA È DI FRONTE A UNA WATERLOO, SAREBBE PORTATO A DIMETTERSI, TALE SCELTA SAREBBE UNA CATASTROFE PER L'EUROPA DISUNITA ALLE PRESE CON LA GUERRA RUSSO-UCRAINA E UN TRUMP CHE SE NE FOTTE DEL VECCHIO CONTINENTE (LA FRANCIA E' L'UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E UN POSTO NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU), COL PERICOLO CONCRETO DI RITROVARSI ALL'ELISEO BARDELLA, IL GALLETTO COCCODE' DI LE PEN, CHE NEL 2014 AMMISE A "LE MONDE" DI AVER RICEVUTO UN FINANZIAMENTO DI 9 MILIONI DA UNA BANCA RUSSA CONTROLLATA DA PUTIN...