
DONALD, RIDACCI L’ORO! – IL “FINANCIAL TIMES” RIVELA CHE GERMANIA E ITALIA VALUTANO DI PRELEVARE I LORO LINGOTTI D’ORO CONSERVATI DALLA FEDERAL RESERVE AMERICANA, PER RIPORTARLI SOTTO IL LORO DIRETTO CONTROLLO. SI TRATTA IN TOTALE DI 245 MILIARDI DI DOLLARI – A PREOCCUPARE ROMA E BERLINO È LO SCONTRO APERTO TRA TRUMP E IL NUMERO UNO DELLA LA BANCA CENTRALE STATUNITENSE, JEROME POWELL, E LA POSSIBILITÀ CHE IL PRESIDENTE LIMITI LA CAPACITÀ DI ACCEDERE AL METALLO PREZIOSO IN CASO DI CRISI – MA MELONI FAREBBE MAI UNO SGARBO TALE AL SUO “GRANDE AMICO” AMERICANO?
Estratto dell’articolo di Ugo Milano per www.open.online
Lingotti d’oro per un valore complessivo di 245 miliardi di dollari potrebbero presto essere trasferiti da New York a Berlino e Roma. Secondo il Financial Times, Germania e Italia starebbero valutando di prelevare il loro oro, conservato dalla Federal Reserve americana, per riportarlo sotto il loro diretto controllo.
Il timore sempre più diffuso, infatti, è che le scintille causate dallo scontro periodico tra il presidente americano Donald Trump e la banca centrale statunitense possano causare un incendio. E che, con un colpo di mano, il tycoon possa guadagnare una sempre maggiore influenza sulle politiche della Fed. Andando a limitare la capacità di accedere ai lingotti in caso di crisi.
FRIEDRICH MERZ - GIORGIA MELONI
Stati Uniti, Germania e Italia: i tre fulcri del triangolo dorato, essendo i Paesi che hanno a loro disposizione la maggiore riserva aurea al mondo. Secondo i dati del World Gold Council, Berlino segue a distanza Washington con 3.352 tonnellate mentre Roma occupa l’ultimo gradino del podio con 2.452 tonnellate. Le due capitali europee, però, hanno affidato una buona fetta delle loro riserve proprio a New York. Rispettivamente il 37% dell’oro tedesco e il 43% di quello italiano, per un valore complessivo di 245 miliardi.
Una ricchezza che non è mai stata in discussione, perché sotto il diretto controllo della banca più potente e influente al mondo, ma che adesso rischia di traballare. Soprattutto di fronte alle minacce di Trump nei confronti della decisione della Fed di non abbassare i tassi: «Forzerò qualcosa».
[…] Si tratta di una semplice eredità storica, in particolare di quegli accordi di Bretton Woods che nel 1944 avevano inchiodato i cambi delle valute di tutto il mondo al valore del dollaro, a sua volta fissato al valore dell’oro. In quegli anni, insomma, avere i lingotti negli Stati Uniti era una sicurezza.
friedrich merz e giorgia meloni foto lapresse 6
E il collasso degli accordi nel 1971, con l’uscita degli Usa ordinata dall’allora presidente Richard Nixon, non ha intaccato la decisione di Germania e Italia. Parigi, al contrario, aveva anticipato la decisione di Washington ritirando tutti i suoi lingotti per paura dell’implosione del sistema monetario internazionale.
Nel 2013, in realtà, la Bundesbank tedesca aveva deciso di depositare metà delle sue riserve a Berlino, trasferendo 674 tonnellate di lingotti da Parigi e New York a Francoforte. Una mossa per salvaguardare una parte delle proprie riserve, […]
Il rischio, si mormora nel Bundestag, è che «Trump possa manomettere l’indipendenza della Fed, limitando il controllo dell’oro da parte delle banche centrali europee».
Anche perché, in caso di crisi, «quello che conta davvero è il controllo fisico delle riserve».
È lo stesso Financial Times a ricordare come uno dei cavalli di battaglia della premier Giorgia Meloni, prima della vittoria elettorale, fosse proprio il rimpatrio della riserva. Ora, invece, dal suo partito filtra una linea opposta: «La posizione geografica dell’oro ha solo un’importanza relativa», ha detto Fabio Rampelli di FdI. «È in custodia di uno storico amico e alleato».