
FINORA L’UNICO VINCITORE DELLA GUERRA TRA ISRAELE E IRAN È VLADIMIR PUTIN – LA RUSSIA PUÒ VENDERE PIÙ CARO IL PROPRIO PETROLIO, GRAZIE ALL’AUMENTO DEL PREZZO DEL GREGGIO. TRUMP SARÀ ANCORA PIÙ CONTRARIO A NUOVE SANZIONI SULL’ORO NERO DI MOSCA - LE FORNITURE DI PUTIN DIVENTEREBBERO ANCORA PIÙ IMPORTANTI IN CASO DI BLOCCO DELLO STRETTO DI HORMUZ. MA È DIFFICILE CHE L’IRAN CHIUDA LA VIA, DA CUI PASSA IL 20% DEL PETROLIO MONDIALE: LA CINA, CHE COMPRA IL 90% DEL GREGGIO DI TEHERAN, NON VUOLE ROTTURE DI BARILI
I NUMERI DELLO STRETTO DI HORMUZ
Estratto dell’articolo di Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
Lo Stretto di Hormuz misura 33chilometri nel suo punto più stretto tra la penisola araba a Sud e l’Iran a Nord. Le corsie per le navi in entrata e uscita nelle due direzioni sono larghe tre chilometri ciascuna: i tremila metri più vitali e più fragili dell’economia mondiale, nel Golfo Persico.
Ieri alle 18, mentre i missili e i droni volavano sull’Iran, mezzo migliaio fra petroliere, portacontainer e altre navi si trovavano fra Bassora alla confluenza di Tigri ed Eufrate in Iraq — vicino alla foce nel Golfo — e la costa dell’Oman dall’altra parte dello stretto.
raffineria di petrolio colpita da israele in iran
Da quel braccio di mare passano più di un quinto dell’offerta mondiale di petrolio (da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar, Iraq, Iran) e oltre un decimo dell’offerta di gas (congelato sulle navi in gran parte da Qatar, Arabia Saudita e Iran).
Sono petroliere quasi due terzi delle navi che attraversano Hormuz: anche solo il sospetto che l’Iran possa provare a intralciarle, per ritorsione dopo gli attacchi di Israele, farebbe esplodere le quotazioni dell’energia in tutto il mondo.
DONALD TRUMP CON MOHAMMED BIN SALMAN
L’Europa, già sotto la minaccia dei dazi americani e della guerra della Russia, si risveglierebbe in una morsa fra inflazione e stagnazione. […]
[…] «Il mercato del petrolio ha un eccesso di offerta, è molto liquido» nota Simone Tagliapietra del centro studi Bruegel. Proprio l’Arabia Saudita, capace da sola di compensare per intero un’eventuale scomparsa della produzione iraniana, in maggio e giugno aveva guidato un aumento dell’offerta di greggio da parte di tutta l’Opec; in molti si chiedono se Riad si aspettava l’attacco di Israele, oppure voleva ingraziarsi Trump.
benjamin netanyahu e donald trump nello studio ovale
Aggiunge però Tagliapietra: «Il quadro può cambiare se si arrivasse alla destabilizzazione totale di Hormuz». I precedenti non mancano. In primo luogo gli Houthi dello Yemen, sostenuti da Teheran, hanno dimostrato di poter mantenere semichiuso lo stretto di Bab el-Mandeb dall’Oceano Indiano verso Suez malgrado più di un anno di pressione occidentale.
La stessa amministrazione Trump ha bombardato gli Houthi per sette settimane fino a inizio maggio, eppure nella prima settimana di giugno sono passate da Bab el-Mandeb appena 30 navi invece delle 80 in media di prima del blocco (gli Houthi chiedono un «dazio» ai mercantili per non aprire il fuoco dai promontori yemeniti).
Anche Hormuz ha già vissuto molti contraccolpi. Poco più di un anno fa l’Iran sequestrò il mercantile Msc Aries del gruppo di Gianluigi Aponte, in parte perché la moglie dell’imprenditore è israeliana. Prima ancora durante la guerra Iran-Iraq (1980-1988) e durante le due guerre del Golfo (1991 e 2003) lo stretto aveva registrato momenti di forte destabilizzazione.
[…] Anche Israele potrebbe far saltare i fragili equilibri del mercato, se prendesse di mira le infrastrutture iraniane dell’energia. Per ora ha colpito una raffineria affacciata sul South Pars, il più grande giacimento di gas al mondo (in comproprietà fra Teheran a Nord e Qatar a Sud del Golfo). Quello era un impianto per uso interno dell’Iran, non per l’export e non dovrebbero esserci sussulti sui prezzi.
PETROLIERE RUSSE CHE AGGIRANO LE SANZIONI SUL PETROLIO
Il mercato del gas resta però più vulnerabile a questa guerra di quello del petrolio: oggi il metano in offerta è più scarso del greggio e soprattutto il Qatar è fondamentale per l’accumulo di riserve in Europa in vista dell’inverno (venerdì il gas europeo è rincarato oltre le medie mondiali).
Contro gli scenari peggiori su Hormuz sono schierati però i due grandi spalleggiatori di Israele e Iran. Gli Stati Uniti non vogliono che Israele colpisca l’industria degli idrocarburi di Teheran. E la Cina, comprando (sottocosto) il 90% dell’export di greggio iraniano sotto sanzioni, chiede alla teocrazia sciita di lasciar fluire le petroliere del Golfo che alimentano la sua industria.
Come vincente di questa guerra si profila così paradossalmente, almeno nell’immediato, la Russia: può vendere un po’ più caro il proprio petrolio; le sue forniture diventano più importanti nel mercato globale; e Trump sarà ancora più contrario a qualunque nuova sanzione sul greggio di Mosca che permette al Cremlino di continuare ad aggredire l’Ucraina.
IL DEPOSITO DI PETROLIO IN FIAMME NELLA CITTA RUSSA DI BELGOROD
petrolio
STRETTO DI HORMUZ
Rosneft Deutschland
tensioni sullo stretto di hormuz tra iran e usa
DONALD TRUMP IRAN
raffineria di petrolio colpita da israele in iran
lo stretto di hormuz snodo chiave del petrolio mondiale
STRETTO DI HORMUZ