L'ILVA RICORRE MA È PRONTA AL DIALOGO - FERRANTE SA CHE SE VUOLE SALVARE LA BARACCA NON DEVE TIRARE LA CORDA, PERCIÒ INCASSA IL COLPO DELLA TODISCO, DICENDOSI DISPONIBILE A TRATTARE - LA POLITICA SI DIVIDE SULLA SCELTA DEL GOVERNO DI RICORRERE ALLA CONSULTA CONTRO LA CHIUSURA DELLO STABILIMENTO - UDC E PDL SONO FAVOREVOLI, MENTRE IL PD, COME AL SOLITO, NON SA CHE PESCI PRENDERE…

1 - L'ILVA RICORRE MA È PRONTA AL DIALOGO
Domenico Palmiotti per "Il Sole 24 Ore"

Bruno Ferrante, ora solo presidente dell'Ilva dopo che sabato sera il gip di Taranto, Patrizia Todisco, lo ha rimosso da custode giudiziale per incompatibilità, ha incontrato ieri i sindacati metalmeccanici a Taranto e le istituzioni locali - con la Regione - a Bari. Riassume la linea dell'azienda, mentre il caso dell'acciaieria posta sotto sequestro diventa sempre più rilevante.

Sull'azienda, è il pensiero espresso da Ferrante, pesano molto gli ultimi due atti assunti dal gip venerdì e sabato. Con il primo si è intimato all'Ilva di non produrre, dicendo che non c'è facoltà d'uso a fini produttivi; si sono riviste le funzioni dei custodi, declassando Ferrante che era stato nominato dal Tribunale del Riesame. Con il secondo, si è revocata la nuova attribuzione d'incarico a Ferrante. Il primo atto del gip parte da una relazione di uno dei custodi, Barbara Valenzano, che ora ha il compito di attuare le misure operative sugli impianti e anche potere di spesa: avrebbe segnalato al giudice che l'Ilva, malgrado il sequestro per inquinamento, continuava a produrre e che l'azienda era poco incline a collaborare. La destituzione di Ferrante, invece, è diretta conseguenza del ricorso annunciato dall'Ilva contro il provvedimento di venerdì del gip.

«Sono nettamente sorpreso per la tempistica», spiega Ferrante ai sindacati metalmeccanici. E definisce «inauditi, eccessivi e irrituali», secondo la versione che forniscono gli stessi sindacalisti, gli ultimi due atti del giudice Todisco. Sui quali ora la società passa ai ricorsi. Il fatto che l'Ilva muova battaglia non vuol dire, però, che intenda porsi come azienda del conflitto e dello scontro giudiziario. Ferrante, infatti, non rinuncia alla missione di «pacificatore» che si è attribuito per portare l'azienda fuori dai guai. Ai sindacalisti, infatti, il presidente dell'Ilva precisa: «Siamo pronti ad attuare tutto quello che i custodi giudiziari nominati dal Gip ci diranno per risanare gli impianti. E siamo pronti ad attuare anche le richieste che ci sottoporranno le istituzioni locali come abbiamo già dimostrato negli incontri precedenti».

Ferrante riconosce alla Magistratura il ruolo di aver posto e sottolineato un problema ambientale che esiste: «Ma da qui - aggiunge - a dire che la fabbrica va necessariamente chiusa, ovviamente ce ne corre. Possiamo e dobbiamo trovare una soluzione che tuteli il lavoro e l'ambiente, che salvi Taranto e l'economia, ma anche l'azienda».

Prima di vedere i sindacati, Ferrante ha incontrato i custodi delle aree sequestrate. Secondo i sindacati, avrebbero chiesto ulteriori informazioni sul ciclo produttivo, sulle sue caratteristiche e sugli impianti. Anche per i custodi, infatti, il quadro è complesso: altoforni e acciaierie sono impianti molto particolari e non soltanto per le dimensioni gigantesche.
Ferrante, quindi, smentisce che l'Ilva stia marciando al massimo, come se nulla fosse accaduto. «Abbiamo tutti gli impianti in attivitá ma al minimo - riferiscono i sindacalisti dopo il colloquio con il presidente -. Questa è anche la condizione per alimentare di energia tutto lo stabilimento, che è approvvigionato grazie ai gas di recupero degli altiforni e delle acciaierie».

Sono questi gas, infatti, che mandano avanti sotto il profilo energetico il siderurgico, compresa l'area a freddo non toccata dal sequestro e dove, stando alla prima ordinanza del Gip (del 25 luglio), dovrebbero essere ricollocati gli operai dell'area a caldo una volta fermata. «Se dobbiamo andare sotto il minimo - aggiunge il presidente dell'Ilva ai sindacati - bisogna necessariamente fermare anche qualche altoforno e qui abbiamo due strade: o lo mettiamo in preriscaldo, sapendo però che dobbiamo alimentarlo di più di coke e questo ha un impatto ambientale maggiore, oppure fermarlo, ma così l'impianto lo danneggiamo. Ci dicano allora i custodi cosa dobbiamo fare».

Nessun riferimento, nel confronto con i sindacati, a possibili ricorsi alla cassa integrazione o, peggio, alla mobilità. Per ora i posti di lavoro sono salvi. Se sarà inevitabile accompagnare il programma di risanamento con la "cassa", è aspetto che si vedrà in seguito.

Dopo i sindacati a Taranto, Ferrante ha incontrato il presidente della Puglia, Nichi Vendola, e gli altri amministratori locali a Bari. «Chiedo al presidente dell'Ilva di mantenere la linea del dialogo e del confronto», dice Vendola, preoccupato della brusca accelerazione degli ultimi giorni. Per il governatore «è il momento di fare il massimo sforzo per conciliare il lavoro con l'ambiente non disperdendo quanto sinora abbiamo messo in campo».

A Taranto, intanto, si valuta come evidente segno dell'attenzione del Governo il fatto che venerdì, in Prefettura, i ministri dello Sviluppo economico, Corrado Passera, e quello dell'Ambiente, Corrado Clini, si occuperanno dal caso Ilva. «Auspichiamo che il vertice serva a individuare una soluzione che vada nella direzione che in tantissimi auspicano, ovvero ambiente e lavoro insieme - sottolinea Cosimo Panarelli, segretario Fim Cisl Taranto -. Basta con colpi di scena e fughe in avanti. Vogliamo soluzioni che non destabilizzino, ma soprattutto serenità».

Per tener alto il livello di attenzione - da ieri e sino a giovedì, Ferragosto escluso -, Fim e Uilm di Taranto hanno indetto due ore di sciopero al giorno, dalle 10 alle 12, con blocco delle strade statali vicino la fabbrica. La Fiom Cgil non partecipa perché la ritiene una protesta anti-giudici. E il comitato "Cittadini liberi e pensanti" (si richiamano a quel movimento che il 2 agosto irruppe con l'Apecar nel comizio dei leader sindacali), convinti dell'impossibile eco-compatibilità per l'Ilva e schierati dalla parte del Gip Todisco, annuncia: «Ovunque si parlerà di Taranto noi ci saremo. A partire dal vertice di venerdì con i ministri».


2 - POLITICA DIVISA SULLE STRADE DA SEGUIRE

Ma. Par. per "Il Sole 24 Ore"

Gli unici nella maggioranza a prendere una posizione netta a favore della mossa del Governo di ricorrere alla Consulta contro il provvedimento del Gip di Taranto, Patrizia Todisco, di bloccare la produzione dell'Ilva, sono Pdl e Udc. Mentre il Pd fa un passo indietro dopo le dichiarazioni del responsabile economico del partito, Stefano Fassina, che sabato scorso aveva definito «irrituale e molto preoccupante» il provvedimento del giudice tarantino.

Così la decisione dell'Esecutivo annunciata ieri dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Antonio Catricalà sembra mettere alla prova la compattezza della maggioranza. Che all'indomani dell'ordinanza aveva chiesto al premier Monti, con una posizione comune dei leader di Pdl, Pd e Udc, Alfano, Bersani e Casini «di intervenire subito, direttamente, con tutti i mezzi "diretti ed indiretti" e di prendere in mano il dossier Ilva perché la situazione rischia di precipitare».

«Giusto il ricorso alla Corte Costituzionale - afferma Stefano Saglia, capogruppo del Pdl in commissione Attività produttive della Camera ed ex sottosegretario allo Sviluppo del Governo Berlusconi - ma l' azienda valuti ugualmente la richiesta di spostamento della sede processuale: è irrituale il provvedimento interpretativo da parte del Gip».

A puntualizzare che «la sovrapposizione tra i diversi poteri dello Stato è oramai divenuta schizofrenica» è anche la deputata azzurra Beatrice Lorenzin che sottolinea come «il caso dell'Ilva è l'epifenomeno di una debolezza più sistemica che rischia di mettere in ginocchio non solo il sistema produttivo italiano, ma anche le sue istituzioni». L'assenso all'Esecutivo arriva invece dall'Udc, in un messaggio affidato a Twitter dal leader Pier Ferdinando Casini. «Condivido le iniziative del governo. Affidare le scelte di politica industriale del Paese ai magistrati significa andare nel baratro».

Un terreno su cui invece il Partito democratico si è tenuto più prudente rispetto ai giorni scorsi. «È inutile - sottolinea Francesco Boccia, coordinatore delle commissioni economiche del Pd - infilarsi nell'ennesimo conflitto con la magistratura. La politica deve prendere il coraggio a quattro mani e affrontare il problema dell'Ilva e più in generale del rapporto tra ambiente e industria con leggi nuove. Conosco quella procura e sono persone serie, non talebani del diritto». Il problema secondo Boccia comunque c'è perché «non è possibile condannare a morte un'azienda sulla base di un'ipotesi di reato. C'è un decreto che deve essere convertito in Parlamento, il modo migliore per scrivere norme chiare che non consentano azioni di questo tipo, se non ci sono certezze».

E a difendere la magistratura è anche Felice Casson, vicepresidente dei senatori Pd e pm nell'inchiesta sul petrolchimico di Marghera, che resta perplesso sulla decisione del Governo. «All'interno del sistema giuridico - spiega Casson - esistono rimedi contro qualsiasi provvedimento della magistratura, ma in questa circostanza ricorrere alla Consulta mi sembra fuori dagli schemi giuridici. È comunque molto importante precisare che il magistrato è obbligato per legge a intervenire sulla pericolosità della situazione, che va verificata attraverso i dati scientifici e medici di oggi. Perché se il pericolo sussiste, il magistrato non ha scelta, deve intervenire».

Ferma invece la posizione dell'opposizione. Con il leader dell'Idv Antonio Di Pietro che accusa Governo e partiti di difendere la logica del profitto. «Vogliamo denunciare - accusa Di Pietro - il crimine contro la salute, contro il lavoro, contro la verità e contro la giustizia che il governo e i partiti che lo sostengono stanno perpetrando a Taranto. Oggi il governo ha annunciato che ricorrerà alla Consulta per fermare chi difende la legge. Adesso politici e governanti vanno di corsa. Fino a ieri, fino a quando non è intervenuta la magistratura, se la prendevano comoda. Se la sono presa comoda per decenni, anche se tutti sapevano perfettamente che l'Ilva produceva morte».

 

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