
L'ITALIA HA REGISTRATO IL CALO PIÙ SIGNIFICATIVO DEI SALARI REALI TRA TUTTE LE PRINCIPALI ECONOMIE DELL'OCSE (-7,5% RISPETTO AL 2021). L’IDEA GENIALE PER INVERTIRE LA ROTTA? AUMENTARE GLI STIPENDI? MACCHÉ, AUMENTARE L’ETÀ LAVORATIVA – L'ORGANIZZAZIONE PER LA COOPERAZIONE E LO SVILUPPO ECONOMICO SUGGERISCE DI PROMUOVERE L’OCCUPAZIONE DEGLI OVER 60: “IN MOLTI PAESI, L'ETÀ MEDIA DI USCITA DAL MERCATO DEL LAVORO RIMANE INFERIORE ALL'ETÀ PENSIONABILE. LA POSSIBILITÀ DI COMBINARE IL REDDITO DA LAVORO E QUELLO DA PENSIONE PUÒ FACILITARE UN PENSIONAMENTO GRADUALE”
1 - OCSE, IN ITALIA AD INIZIO 2025 SALARI REALI -7,5% SUL 2021
(ANSA) - "L'Italia ha registrato il calo più significativo dei salari reali tra tutte le principali economie dell'Ocse": è quanto si legge nell'Oecd Employment Outlook 2025, aggiungendo che. "nonostante un aumento relativamente consistente nell'ultimo anno, all'inizio del 2025 i salari reali erano ancora inferiori del 7,5% rispetto all'inizio del 2021".
Più in generale, l'organizzazione internazionale spiega che i "salari reali stanno crescendo praticamente in tutti i paesi dell'Ocse, ma in metà di essi sono ancora inferiori ai livelli dell'inizio del 2021, prima dell'impennata dell'inflazione che ha seguito la pandemia da Covid-19". ln Italia , si prosegue nella scheda dell'Ocse consacrata al nostro Paese, il "rinnovo dei principali contratti collettivi nell'ultimo anno ha portato ad aumenti salariali negoziati superiori al solito.
SALARI E POTERE D AQUISTO IN ITALIA
Tuttavia - precisa l'organismo - questi non sono stati sufficienti a compensare completamente la perdita di potere d'acquisto causata dall'aumento dell'inflazione. Inoltre, all'inizio del primo trimestre del 2025, un dipendente su tre del settore privato era ancora coperto da un contratto collettivo scaduto".
Nel complesso, prosegue l'Ocse, "la crescita dei salari reali dovrebbe rimanere modesta nei prossimi due anni. I salari nominali (retribuzione per dipendente) in Italia dovrebbero aumentare del 2,6% nel 2025 e del 2,2% nel 2026. Questi aumenti sono significativamente inferiori rispetto alla maggior parte degli altri paesi dell'Ocse, ma dovrebbero garantire comunque ai lavoratori italiani modesti guadagni in termini reali, dato che l'inflazione dovrebbe raggiungere il 2,2% nel 2025 e l'1,8% nel 2026".
2 - OCSE INVOCA POLITICHE PER AUMENTARE L'ETÀ LAVORATIVA
(ANSA) - "Le politiche del lavoro devono evolvere per aiutare i lavoratori a rimanere più a lungo nel mondo del lavoro. In quasi tutti i Paesi, l'occupazione sia maschile che femminile cala drasticamente dopo i 60 anni. Promuovere l'apprendimento permanente, garantire luoghi di lavoro sicuri, pensionamenti flessibili e pratiche inclusive da parte dei datori di lavoro è essenziale per aumentare l'occupabilità dei lavoratori anziani e prolungare la loro vita lavorativa": è quanto si legge nella scheda consacrata all'Italia dell'Oecd Employment Outlook 2025 presentato oggi a Parigi.
Negli ultimi vent'anni (2000-2023), prosegue l'Ocse, "i tassi di occupazione dei lavoratori in età avanzata sono aumentati in modo significativo in tutti i paesi dell'OCSE. In Italia, ad esempio, i tassi di occupazione sono aumentati di 31,8 punti percentuali per le persone di età compresa tra i 55 e i 59 anni (rispetto a un aumento di 13,7 punti percentuali in tutta l'OCSE) e di 25,7 punti percentuali per le persone di età compresa tra i 60 e i 64 anni (rispetto a un aumento di 20,1 punti percentuali in tutta l'OCSE), essenzialmente grazie all'aumento dell'età pensionabile prevista dalla legge".
Inoltre, sempre secondo l'Ocse, "le riforme pensionistiche devono essere accompagnate da sforzi volti a stimolare la domanda di manodopera e a garantire che i lavoratori rimangano occupabili per tutta la vita, anche nelle fasi finali della loro carriera. In molti paesi, l'età media di uscita dal mercato del lavoro rimane inferiore all'età pensionabile. È il caso dell'Italia, dove il divario è di 2 anni per le donne e di 1 anno per gli uomini".
E ancora: "La possibilità di combinare il reddito da lavoro e quello da pensione può facilitare un pensionamento graduale; tuttavia, la percentuale di lavoratori anziani che continuano a lavorare dopo aver ricevuto la pensione è relativamente bassa nei paesi dell'OCSE per i quali sono disponibili dati. In Italia, solo il 9,9% dei lavoratori di età compresa tra i 50 e i 69 anni continua a lavorare quando riceve la pensione per la prima volta, rispetto a una media del 22,4% in altri 24 paesi europei dell'OCSE.
L'Italia ha una percentuale relativamente alta di lavori impegnativi dal punto di vista fisico (42%), che possono rappresentare una sfida per i lavoratori anziani, nonché una bassa percentuale di occupazioni altamente qualificate dove è maggiormente valorizzata l'esperienza (40%)", si conclude nel rapporto.
3 - OCSE, ITALIANI IN ETÀ LAVORATIVA GIÙ DEL 34% ENTRO 2060
(ANSA) – "Tra il 2023 e il 2060, la popolazione in età lavorativa in Italia diminuirà del 34%": è l'avvertimento contenuto nella scheda consacrata all'Italia dell'Oecd Employment Outlook 2025 presentato oggi. Di conseguenza, prosegue l'organismo internazionale con sede a Parigi, "il numero di anziani a carico per ogni persona in età lavorativa in Italia aumenterà da 0,41 (cioè un anziano a carico ogni 2,4 persone in età lavorativa) a 0,76 (cioè un anziano a carico ogni 1,3 persone in età lavorativa).
Inoltre, sempre secondo l'Ocse, "nello stesso periodo il rapporto tra occupati e popolazione totale diminuirà di 5,1 punti percentuali. Ipotizzando che la crescita annuale della produttività del lavoro rimanga al livello del periodo 2006-2019 (0,31% in Italia), ciò implica che il PIL pro capite diminuirà a un tasso annuo dello 0,67%". Per l'organizzazione di 38 Stati membri, "aumentare l'occupazione dei lavoratori anziani e promuovere la parità di genere sul lavoro potrebbe stabilizzare il rapporto occupazione/popolazione nella maggior parte dei paesi dell'Ocse.
Tuttavia, la crescita del PIL pro capite. Sempre secondo l'Ocse, "mobilitare le risorse lavorative inutilizzate - per esempio colmando il divario di genere nell'occupazione di almeno due terzi e, soprattutto, attivando i lavoratori anziani in buona salute e promuovendo canali di immigrazione regolare - permetterebbe di bilanciare l'impatto negativo dell'invecchiamento della popolazione sulla crescita annuale del PIL pro capite (cioè di portare la crescita annuale del PIL pro capite dallo 0,67% allo zero).
Per consentire una crescita del PIL pro capite, dovrebbe aumentare anche la produttività: se la produttività crescesse della metà del tasso osservato nell'OCSE negli anni '90 (circa l'1%), la crescita annuale del PIL pro capite italiano potrebbe raggiungere un buon 1,34%. Tuttavia, questo obiettivo appare difficile per l'Italia, date le performance degli ultimi decenni". continuerà a rallentare in molti paesi. Oltre a mobilitare il bacino di talenti non sfruttato, sarà importante promuovere la crescita della produttività per mantenere un livello di crescita vicino a quello del passato."