IL DRINK DI BENVENUTO PER MARIO GRECO È UNA SPREMUTA DI AGRUSTI - IL CAPO FINANZIARIO DI GENERALI, UOMO D'ORDINE E DI POTERE, È LEGATISSIMO A PERISSIROTTO, E IL NUOVO CEO DOVRÀ DECIDERE COSA FARNE - A GRECO TOCCHERÀ GESTIRE IL FARDELLO DI KELLNER: UN OPZIONE “PUT” DA 2,4 MLD € CHE POTREBBE COSTARGLI LA BANCA DELLA SVIZZERA ITALIANA, GIOIELLINO GONFIO DI CAPITALI FUGGITI DAL BELPAESE - TUTTI GLI UOMINI (E LE DONNE) DI GRECO, DA VAGNONE A CLAUDIA MOTTA…

GENERALI LE PRIME MOSSE DI GRECO APPENA INSEDIATO DOVRÀ CONFRONTARSI CON I TRE UOMINI CHIAVE: AGRUSTI, BALBINOT E VAGNONE

Stefano Righi per "CorrierEconomia - Corriere della Sera"

Quando arriva Mario Greco? A Trieste ancora non sanno dare una risposta precisa: il più presto possibile, è il ritornello che si ripete. Dopo che il 2 giugno scorso il group ceo delle Assicurazioni Generali, Giovanni Perissinotto, è stato sfiduciato dal consiglio di amministrazione della compagnia del Leone, le deleghe operative sono, ad interim, tra le competenze del presidente Gabriele Galateri di Genola.

La situazione è destinata a evolvere rapidamente: Greco, che dell'elvetica Zurich è stato ceo prima del comparto Global Life e poi del General Insurance, si è dimesso la scorsa settimana per ritornare in Italia dopo un'avventura iniziata nel 2007 ed ora sta definendo i dettagli prima di insediarsi alla guida della maggiore compagnia italiana e iniziare a governarla. In quel momento saranno due le direttrici principali della sua opera: una sul versante della governance, l'altra prettamente finanziaria.

GOVERNANCE
Salito in groppa al Leone, Mario Greco dovrà cercare di governarlo e di farlo ruggire sui mercati più remunerativi. Potrà contare fin da subito sull'appoggio del presidente Galateri - che il 2 giugno ha votato per la sfiducia a Perissinotto e che è stato tra coloro che lo hanno indicato quale successore - e sulla maggioranza dei consiglieri, ma dovrà iniziare rapidamente a fare chiarezza, senza perdere tempo. Soprattutto nei ruoli del top management. Tre sono le pedine chiave al vertice di Generali con cui Greco dovrà confrontarsi fin dalle prime ore: il cfo Raffaele Agrusti, l'amministratore delegato Sergio Balbinot, il country manager per l'Italia Paolo Vagnone.

Per quasi una decina d'anni, fino alle stagioni più recenti con la creazione della figura del group ceo, Generali ha avuto due amministratori delegati, Balbinot dedicato agli affari esteri, Perissinotto focalizzato più sulle vicende interne e sul rapporto con gli azionisti. Greco, che per cinque anni in Zurich ha avuto come mercato di riferimento il mondo, come organizzerà la geografia interna al «suo» gruppo? Rispondendo a questa domanda si avrà un'idea più precisa anche sul ruolo futuro di Raffaele Agrusti.

L'uomo dei numeri, della finanza del gruppo, ha spesso preferito ruoli di secondo piano, mai dai protagonista, ma sulla sua scrivania si sono sempre bilanciati tutti gli equilibri interni alla compagnia. Le Generali non sarebbero quello che sono senza Agrusti, uomo d'ordine e di potere, negli anni legatissimo a Perissinotto, che conosce la compagnia come nessun altro. Agrusti e Balbinot, con Perissinotto, rappresentano la sintesi dell'ultimo decennio delle Generali, mentre Paolo Vagnone è l'ultimo arrivato. Sbarcato a Trieste nel dicembre 2010, Vagnone ha delega sull'Italia, primo mercato di riferimento per le Generali, dove matura il 29 per cento del business del Leone.

A differenza di Balbinot e Agrusti, Vagnone ha già lavorato gomito a gomito con Greco quando entrambi erano in Ras. Fino all'aprile 2005 Greco era amministratore delegato della compagnia del gruppo Allianz, Vagnone il direttore generale che lo sostituì al momento delle dimissioni. Il precedente, che non è una ipoteca sul futuro, merita comunque di essere considerato, visti gli ottimi rapporti che legano i due.

FINANZA
Se sulla sfiducia a Perissinotto hanno pesato i risultati ottenuti dalle Generali - nel 2011 utile netto di 865 milioni di euro contro i 2,8 miliardi ottenuti dalla tedesca Allianz e i 4,3 miliardi intascati dalla francese Axa - Greco farà bene a guardare avanti, non solamente al recupero di redditività che gli azionisti hanno chiesto alla compagnia, ma anche agli impegni che questa dovrà affrontare nel medio periodo.

Nel 2014, traguardo lontano ma non troppo, andrà infatti a scadenza l'opzione put che Petr Kellner potrà esercitare vendendo a Generali il 49 per cento della holding Generali-Ppf, attiva sul mercato assicurativo dell'Europa dell'Est. I patti, siglati nel 2007 da Perissinotto, hanno consolidato la presenza delle Generali in quella parte d'Europa che però oggi risente della crisi, in parte legata all'area e in parte al business assicurativo.

Kellner, che secondo la rivista Forbes è l'89° uomo più ricco al mondo e il primo per ricchezza nella Repubblica Ceca, al momento di siglare l'accordo con Generali salì fino a oltre il 2 per cento nel capitale della compagnia di Trieste, ottenendo anche un posto in consiglio di amministrazione, salvo poi alleggerire la posizione fino a scendere - nel dicembre 2011 attorno a quota 11 euro - all'attuale 1,1 per cento circa.

OPZIONI
Allo stato, se Kellner, che taluni indicano come a caccia di liquidità, dovesse esercitare la sua opzione, ne ricaverebbe circa 2,4 miliardi di euro che Generali dovrebbe pagare per salire al 100 per cento nella holding. Una cifra importante anche per un colosso come il Leone. Dove troverà le risorse per fare fronte agli impegni? Il sentiero è stretto: o si generano rapidamente utili comparabili con quelli dei principali competitor, o si trova un partner a cui girare la quota nella holding (ma a quale prezzo?), o si vende qualche gioiello di famiglia.

Taluni indicano in Bsi, l'ex Banca della Svizzera Italiana, basata a Lugano ed entrata a metà degli anni Novanta all'interno del perimetro di Generali, come un possibile target di vendita. Congetture certamente viziate da un'accelerazione dei tempi. Ma sebbene l'ostacolo non sia vicino è possibile che parte del mandato di Greco venga giudicato proprio da questa partita. I dettagli finanziari non invitano al buonumore, poche le alternative al momento praticabili. Impensabile, stante il momento storico e l'ormai completato quinto anno di crisi internazionale, anche solo ipotizzare un aumento di capitale da far sottoscrivere ai soci del Leone.


2- GLI UOMINI (E LE DONNE) PIÙ VICINI A GRECO
Anna Messia per "Milano Finanza"

Tra i primi a riflettere sull'importanza di circondarsi di «uomini devoti e amici fidati, senza i quali non era possibile combinare nulla» era stato Platone. Il filosofo si riferiva all'esperienza politica e allo stesso tempo constatava che «non era per niente facile trovarne di disponibili». Ma la questione è attualissima anche nel mondo economico, dove avere vicino manager fidati può essere determinante, soprattutto quando si hanno davanti sfide come quella appena lanciata al neo designato amministratore delegato di Assicurazioni Generali, Mario Greco, chiamato a dare rapidamente una svolta alla gestione della prima compagnia assicurativa del Paese.

Un uomo fidato sul quale poter contare per raggiungere il suo obiettivo, in realtà, Greco se lo ritroverà a Trieste senza fare alcuna fatica. Si tratta di Paolo Vagnone, con cui il neo amministratore delegato di Generali ha già lavorato fianco a fianco ai tempi di Ras. Vagnone, 47 anni, laureato in ingegneria elettronica, master all'Insead di Fontainebleau, che nel curriculum ha anche l'appartenenza al network degli ex McKinsey, proprio come Greco, di cui era stato il vice nella compagnia del gruppo Allianz. Nel 2005 gli succedette addirittura al comando, quando Greco lasciò la guida della società di corso Italia a Milano per passare ad Aip, Assicurazioni Internazionali di Previdenza.

Un colosso delle polizze che raggruppava tutte le attività assicurative del gruppo Intesa Sanpaolo, che Greco avrebbe dovuto accompagnare in Borsa, ma non ci è mai riuscito. La chiamata di Vagnone a Trieste risale invece a fine 2010, quando gli azionisti di Generali chiesero la nomina di un country manager per l'Italia. Ma l'imposizione dall'alto ha reso tutto più difficile per Vagnone che in questi anni ha fatto fatica a guadagnare spazio. Ora, con l'arrivo di Greco, le cose per lui potrebbero cambiare.

E c'è anche chi comincia a ipotizzare che il nuovo ad potrebbe portare con sé qualche altro manager con cui ha già condiviso in passato oneri e onori. Anche perché gli «uomini fidati» a Greco non sembrano mancare, visto quanti manager dopo aver lavorato con lui in Ras sono stati pronti a lasciare la compagnia per seguirlo nella nuova esperienza nel gruppo Intesa Sanpaolo. Un team di Greco boys (and girls) che nel frattempo, da quando nel 2007 il capo è uscito da Intesa Sanpaolo per trasferirsi in Svizzera a guidare le attività danni di Zurich, si è sparpagliato un po' in tutto il mercato.

È il caso, per esempio, di Massimo Arrighi, anche lui ex McKinsey e oggi in AtKearney, che in Ras aveva fatto crescere Rasbank, il braccio finanziario della compagnia assicurativa, e che nel 2005 è stato chiamato da Greco alla guida di Fideuram, solo poche settimane dopo l'arrivo del manager al vertice di Aip. Stessa storia per Alberto Minali (che ora si occupa del fondo Eskatos).

Lui, tra l'altro, ha iniziato la carriera proprio nel gruppo Generali, e poi ha assunto la responsabilità del team di Capital management del gruppo Allianz Ras per poi seguire Greco come cfo di Eurizon Vita e ceo di Eurizon Financial group. Ma non mancano le donne: come Claudia Motta (oggi FonSai), che è stata responsabile pianificazione in Ras e poi in Eurizon, o Debora Pellati, anche lei prima in Corso Italia e poi in Intesa e oggi direttore finanziario di Aon.

 

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