alfonso livia iaccarino

CHIUSI PER FAME - MOLTI RISTORANTI “STELLATI” COSTRETTI A CHIUDERE PER LUNGHI PERIODI, VISTA LA PENURIA DI CLIENTI - NEI PERIODI DI MAGRA, MOLTI CUOCHI FANNO LE VALIGIE E VANNO A LAVORARE A HONG KONG

Gianluca Montinaro per "il Giornale"

 

LUCIO 
POMPILI 
LUCIO POMPILI

Uno dei settori che più ne ha fatto le spese è quello della «ristorazione»: un comparto che (secondo dati Fipe, Federazione Italiana Pubblici Esercizi) fattura 20 miliardi di euro e conta quasi 500mila addetti. Osterie, trattorie, bar con tavola calda, locali con cucina, ristoranti blasonati... tutti stanno vivendo un momento di grande fatica. C'è chi abbassa i prezzi, chi si reinventa in modo più accattivante, chi proprio chiude perché non riesce a reggere la difficoltà del momento.

 

Soprattutto la fascia alta e altissima della ristorazione - i locali pluripremiati dalle guide e dalla critica - sta pagando un prezzo pesante. Diminuiscono i clienti. E agli alti costi di gestioni si aggiunge un sempre maggiore peso fiscale. «Lo Stato è il mio socio di maggioranza - dichiara Lucio Pompili, chef del celebre Symposium di Cartoceto - Quest'inverno chiuderò il mio locale fino ad aprile.

 

Negli ultimi trent'anni sono sempre rimasto aperto, anche nei momenti dell'anno in cui il guadagno era minore. Ma la situazione attuale impone nuove scelte». Così sono in molti, fra i cuochi più famosi d'Italia, ad annunciare di prolungare le ferie per prendersi una pausa di riflessione.

 

luisa e angelo valazzaluisa e angelo valazza

«È una decisione difficile - dice Mariella Cedroni, del bistellato Madonnina del Pescatore, a Senigallia - ma non abbiamo alternative: fra costi fissi, personale, bollette e tasse non copriremmo le spese. Chiuderemo per tre mesi. Inoltre siamo delusi perché le istituzioni, invece di riconoscere il lavoro della nostra categoria e l'immagine che diamo del Paese, remano contro».

 

Già, l'assenza delle istituzioni, tema ricorrente nelle parole di molti. «Siamo nelle mani di nessuno» sottolinea da Ragusa Ciccio Sultano, del pluripremiato ristorante Duomo. Anche lui quest'anno allungherà le ferie di oltre un mese: «Il rischio è di azzerare il guadagno della stagione estiva durante l'invernale». Ma per nessuno di loro saranno vere vacanze. Sarà anzi l'occasione per cercare, attraverso eventi e consulenze, meglio se all'estero, nuove possibilità al di fuori delle mura del ristorante.

 

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«Quando si allungano le ferie è sempre per una questione economica» dice Alfonso Caputo, chef della Taverna del Capitano di Marina del Cantone, che per la prima volta chiuderà per cinque mesi. «Dal 2003 i costi hanno preso ad aumentare. Finora abbiamo sempre fornito un servizio annuale, ora siamo costretti a rinunciare. E io andrò a cucinare fuori».

 

Scelta condivisa anche da Angelo Valazza, del celebre Al Sorriso (Soriso) che andrà ad Hong Kong. E da Livia e Alfonso Iaccarino (del Don Alfonso di Sant'Agata sui due Golfi): «Già da alcuni anni chiudiamo da novembre ad aprile. All'inizio è stata una necessità perché dovevamo ristrutturare il locale. Poi abbiamo pensato fosse la soluzione migliore: il rischio era di lavorare solo nei week-end e con 40 dipendenti a libro paga proprio non potevamo permettercelo. Ora impieghiamo l'inverno a seguire le nostre consulenze all'estero».

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Certo, fermare macchine così complesse e con tanti dipendenti è difficile. Ma a questa logica non sfuggono nemmeno realtà più famigliari. «Non è sbagliato fare ferie più lunghe - sostiene Roberto Franceschini (del viareggino Romano, che quest'inverno allungherà la pausa di una decina di giorni) - c'è il rischio di rimanere aperti per pochi ospiti». Un po' critico rispetto a queste scelte è invece Lorenzo Viani (del ristorante Lorenzo di Forte dei Marmi): «D'inverno si lavora meno e i costi rimangono alti ma si deve prima di tutto fornire servizio ai clienti. Che per me vengono prima del resto».

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