SE NON PUOI BATTERLI, UNISCITI A LORO - CON ALITALIA ALLA CANNA DEL GAS, ARRIVA LA PAZZA IDEA DI UN ACCORDO CON LE FERROVIE STATALI. COLANINNO: “MORETTI È INTERESSATO” - LA LINEA AEREA, OLTRE ALLA CRISI CHE HA COLPITO TUTTE LE RIVALI, STA PERDENDO LA SFIDA CONTRO L’ALTA VELOCITÀ. DA QUI L’IPOTESI DI UN POLO ALITALIA-FS CON INGRESSO DI FONDI O CDP - RAGNETTI SPERA ANCORA IN AIR FRANCE, CHE PERÒ NON HA UN EURO: “NON TORNEREMO ALLO STATO. MA NON SAREMO PIÙ INDIPENDENTI” - PER NON LICENZIARE, ACCORDO SULLA RIDUZIONE DEGLI ORARI…

1- ALITALIA, PIANO AD ALTA VELOCITÀ - UN POLO CON FS PER EVITARE IL CRAC
Massimo Mucchetti per il "Corriere della Sera"

Alitalia è ormai prossima al capolinea, ma non sarà la Cassa depositi e prestiti a salvarla, come ha chiarito l'amministratore delegato della medesima, Giovanni Gorno Tempini, nella conferenza stampa di fine anno. Il 13 dicembre, il consiglio di amministrazione di Alitalia ha preso atto del preconsuntivo 2012.

Secondo le indiscrezioni, causa le perdite, i mezzi propri calano attorno ai 200 milioni e ancora caleranno nel 2013 con altri 100 milioni di perdite. Sempre che la Guardia di Finanza, da qualche giorno presente in forze negli uffici della compagnia, non ci aggiunga dell'altro. Il problema, a questo punto, è come evitare un nuovo crac. Qualche settimana di tempo ancora c'è, grazie a un pò di liquidità residua, circa 200 milioni. Ma non è su queste basi che Alitalia può continuare. Lo ha ammesso anche l'amministratore delegato Andrea Ragnetti in un'intervista a «Repubblica». Quello che Ragnetti non ha detto è come si può risolvere il problema.

Dal 12 gennaio prossimo, i 20 industriali italiani, che nel 2008 avevano risposto all'appello «patriottico» di Silvio Berlusconi per non vendere ad Air France, potranno finalmente cedere le loro azioni Alitalia. Il periodo di lock up sta per finire. Ma nessun compratore si profila all'orizzonte. Nemmeno Air France, oggi detentrice del 20% della compagnia, si è ancora fatta viva. Forse le bastano gli accordi commerciali già sottoscritti. Un cospicuo aumento di capitale è urgente, ma nel consiglio del 13 dicembre l'idea è stata accantonata perché, prim'ancora della ricapitalizzazione, serve una nuova idea di futuro. Se c'è.

A questo proposito ha destato curiosità la battuta del presidente, Roberto Colaninno: «Escludo che l'ingegner Moretti non sia interessato al destino di Alitalia». Colaninno non ha aggiunto altro. Ma l'ingegner Mauro Moretti è l'amministratore delegato delle Fs che, con il Frecciarossa, hanno eroso buona parte dei ricavi, e ancor più dei margini operativi, di un'Alitalia che ancora basava il suo bilancio sulla rotta Roma-Milano. La compagnia aerea è stata certo tradita dalla recessione e dal prezzo dei combustibili. Come tutte le sue concorrenti.

Ma poi ha commesso un errore specifico. Ha sottovalutato l'impatto dell'alta velocità ferroviaria sul trasporto aereo nazionale. L'eccesso di ottimismo aveva contagiato sia i 20 industriali "patrioti" sia il banchiere Corrado Passera, allora capo di Intesa Sanpaolo, banca di casa dell'Alitalia berlusconiana e pure di Italo, il treno di Della Valle e Montezemolo che cerca di fare concorrenza al Frecciarossa.

Nei mesi scorsi, prevedendo esattamente dove sarebbe arrivata Alitalia, Moretti non nascondeva il suo pensiero: la compagnia può sopravvivere a condizione di cambiare radicalmente il modello industriale; la finanza viene dopo. Dove c'è l'alta velocità, Alitalia si ritira. Anche dalla Roma-Milano. Le altre rotte, se interessanti, vanno affidate in gestione a vettori low cost trattenendo in capo alla compagnia le funzioni commerciali e strategiche. La flotta di Alitalia va quindi riallocata sul medio raggio tra grandi poli metropolitani, per esempio Napoli-Parigi, e soprattutto sul lungo raggio verso il Medio e l'Estremo Oriente, le aree del mondo a maggior sviluppo.

L'intera catena logistica va quindi ridisegnata, sviluppando le stazioni ferroviarie e gli aeroporti intercontinentali con collegamenti assai più rapidi e comodi di quelli attuali. Si tratta di investimenti che Fs può trovare convenienti avendo una forte partecipazione e adeguate funzioni d'indirizzo e controllo nella compagnia aerea, mentre oggi c'è un'Alitalia zoppicante che cerca accordi con la fragile Ntv, partecipata dalle ferrovie statali francesi che fanno ostruzione ai progetti di sviluppo delle ferrovie statali italiane in Francia. Tra i soci di Alitalia, che fin d'ora appoggerebbero con entusiasmo la «carta Moretti», in prima fila figurano i Benetton, azionisti di Fiumicino e, con Fs, di Grandi Stazioni.

Nella logica morettiana, un intervento in Alitalia sarebbe subordinato a tre condizioni. La prima è la possibilità di ridisegnare il gruppo Fs, isolando in una specifica Spa la parte di Trenitalia che lavora a prezzi di mercato e che potrebbe essere deputata anche a seguire il nuovo business. Si tratta di un segmento del gruppo Fs capace di 1,7 miliardi di ricavi con un margine operativo prima degli ammortamenti di 570 milioni e un margine netto di 230.

La seconda condizione è un'intesa industriale con Air France, trattata dalle Fs in un quadro globale da Paese a Paese. In questo quadro, la vigilanza dell'Antitrust dovrebbe assumere un respiro europeo e non provinciale, come spesso è finora accaduto.

La terza condizione è la presa d'atto da parte degli attuali soci di Alitalia che non un euro verrà loro dato da Fs. Vogliono partecipare alla ricapitalizzazione? Porte aperte. Non se la sentono? Amen, si diluiranno.

Se questo disegno andasse in porto, l'Italia avrebbe una nuova società del trasporto aereo e ferroviario, con possibilità di integrazioni a parte nel ramo strategico della logistica. L'ingresso di investitori finanziari in vista del collocamento in Borsa - banche o Fondo strategico della Cdp, poco importa - non sarebbe un'eresia ove si pensi al supporto che aveva avuto quattro anni fa l'improbabile salvataggio voluto da Berlusconi.


2- "ALITALIA NON TORNERÀ ALLO STATO MA NON SARÀ PIÙ INDIPENDENTE" - RAGNETTI APRE A AIR FRANCE. "MESI DIFFICILI MA RIPARTIREMO"
Ettore Livini per "la Repubblica" di ieri, 22 dicembre

«Alitalia non è sull'orlo del baratro. Ok, è nata sottocapitalizzata e ha una liquidità un po' tirata. Ma sta molto meglio di quattro anni fa. È sana, ha investito sul prodotto e non ha distrutto, anzi, ha creato posti di lavoro». Un salvataggio dello Stato? «Non serve e non ho mai incontrato nessuno della Cdp». Un salvataggio a prezzi da saldo da parte di Air France? «Fatico a immaginare per la compagnia un futuro indipendente. E certo avremmo grande beneficio a far parte di una realtà più grande. Detto questo abbiamo diverse opzioni e quando saranno mature decideranno gli azionisti». Alitalia vola in cieli turbolenti. Nei quattro anni sotto la bandiera della cordata dei patrioti ha perso 735 milioni e ha bruciato due terzi del capitale rendendo (quasi) inevitabile una ricapitalizzazione.

Andrea Ragnetti, però, da nove mesi alla cloche del gruppo è ottimista: ««Ci sono davanti tre o quattro mesi difficili. Ma abbiamo in cassa le risorse necessarie per passarli e dall'estate si ripartirà. L'economia del resto non ci ha certo aiutato. Se petrolio e dollaro fossero ai livelli del 2009, oggi festeggeremmo 300 milioni di utile operativo e 200 milioni di profitti netti».

L'economia però è uguale per tutti dottor Ragnetti. Nei primi nove mesi dell'anno Alitalia ha perso 173 milioni di euro. Nello stesso periodo però Air France ha fatto 88 milioni di profitti, Easyjet 380 e Lufthansa ben 697. Come lo spiega?

«Lo spiego con il fatto che il Pil italiano è crollato del 3,3% negli ultimi quattro anni contro il +3,4% previsto dal piano Fenice. Noi abbiamo tutti i fondamentali a posto e abbiamo fatto, dati alla mano, un gran lavoro. Eravamo l'ultima azienda in Europa per puntualità e bagagli smarriti. Oggi viaggiamo al 99,9% di regolarità e abbiamo dimezzato le valigie perse. E grazie a tre miliardi di investimenti abbiamo la flotta più giovane del continente. Le ricordo che Air France fino a poco tempo fa capitalizzava 800 milioni e ha lanciato un piano di 5mila esuberi, Lufthansa di 3.500 e Iberia ha annunciato che senza6mila licenziamenti fallisce».

Significa che Alitalia dovrà tagliare gli organici per tornare a guadagnare?

«Abbiamo avuto una discussione matura con i sindacati che ha tolto dal tavolo l'ipotesi di esuberi. Dopo i tagli del 2008, noi abbiamo creato e non distrutto lavoro».

A proposito del 2008 e della cordata dei patrioti. Non crede sarebbe stato meglio cedere subito Alitalia ad Air France senza scaricare 3 miliardi sulle spalle dei contribuenti?

«Mi sono ripromesso di non commentare quei fatti. Si illude però chi crede che Parigi avrebbe tenuto la compagnia così com'era. Sa cosa sarebbe successo? Una volta chiusa l'acquisizione, avrebbero annunciato 4-5mila esuberi a carico dello Stato. L'Alitalia del 2008 era una realtà ingestibile».

Può essere. Di sicuro però Parigi avrebbe dato più garanzie finanziarie ad Alitalia. Oggi la compagnia ha 20 soci divisi tra di loro e - in qualche caso - in difficoltà economiche. E molti di loro non hanno i soldi per una ricapitalizzazione che, alla luce del codice civile, è inevitabile...

«Alitalia è nata sottocapitalizzata, è sotto gli occhi di tutti. E dopo quattro anni sull'ottovolante qualche tensione tra gli azionisti è fisiologica. L'aumento di capitale però non è inevitabile. Abbiamo allo studio lo scorporo delle Mille Miglia e potremmo utilizzare quest'operazione per evitare la ricapitalizzazione ».

Non le pare un'operazione cosmetica di finanza creativa?

«No. È un progetto industriale serio. L'ha fatto Qantas, l'hanno fatto altre compagnie. Così valorizziamo un asset sottovalutato, scorporandolo. Ovvio, aiuta pure a fini contabili. Ma in futuro potrebbe servire a far cassa. La verità è che Alitalia oggi è molto più appetibile di cinque anni fa. Presidia meglio un grande mercato domestico, è stata risanata ed è ben gestita. Ai multipli di mercato, vale cinque volte più del 2008».

Eppure continuate a perdere. Il tam tam dei palazzi romani parla di un nuovo intervento di sostegno dello Stato attraverso la Cdp mentre Air France aspetta alla finestra sperando di portarsi via la compagnia con pochi soldi.

«Io non ho mai incontrato nessuno di Cdp. Air France? L'alleanza con loro ci ha dato grandi sinergie e in futuro fatico a immaginare un'Alitalia indipendente. Ma non abbiamo le mani legate. Le partnership si fanno e si disfano».

Come va il traffico? Non avete sbagliato a concentrarvi sul medio raggio dove c'è la sfida impossible con le low cost?

«Ottobre e novembre sono stati peggio dello scorso anno. A dicembre va abbastanza bene e tra gennaio e febbraio si intravede un miglioramento. Ovvio che il modello vincente è quello delle aerolinee a basso costo e delle grandi compagnie del Golfo. Noi stiamo ridisegnando il network nel 2013. È controproducente puntare sulle destinazioni dove vanno tutti e c'è troppa concorrenza. Punteremo su tratte meno frequentate dove però si fanno utili. Un esempio: abbiamo appena aperto il collegamento per Tbilisi e va benissimo, con un load factor dell'85%».

E la guerra con l'alta velocità sulla Milano-Roma?

«Abbiamo il 30-35% del mercato e quando il viaggio in treno scenderà sotto le tre ore in modo stabile sarà ancor più difficile competere. Ma oggi Alitalia è molto meno dipendente del passato dalla Linate-Fiumicino ».

 

3- ALITALIA: ACCORDO CON SINDACATI SU RIDUZIONE ORARIO LAVORO PER EVITARE ESUBERI, ORE NON LAVORATE PAGATE ALL'80%

(ANSA) - Accordo tra Alitalia e sindacati per la riduzione dell'orario di lavoro per evitare di dover ricorrere agli esuberi. L'azienda e i sindacati di categoria (Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl trasporti) hanno raggiunto un accordo sulla riduzione dell'orario per 50 mila giornate di lavoro all'anno: le ore non lavorate verranno pagate all'80%.

L'accordo - si apprende da fonti sindacali - riguarda solo gli assistenti di volo (non i piloti ne' il personale di terra) e verra' ratificato al Ministero del Lavoro il 28 dicembre. Questo e' uno degli strumenti alternativi individuati per evitare i circa 700 esuberi annunciati in un primo tempo dalla compagnia. L'intesa contro gli esuberi era stata firmata lo scorso 11 dicembre e mirava appunto a ''ricercare strumenti alternativi agli esuberi previsti dal piano aziendale''.

''A partire dalla condivisione di ricercare strumenti alternativi agli esuberi previsti dal piano aziendale, si apre una nuova fase di relazioni ed auspicabilmente di confronto propositivo'', avevano scritto in quell'occasione le sigle sindacali, sottolineando che ''il piano sara' al centro del confronto che si avvia e che vedra' le organizzazioni sindacali sfidare l'azienda sul tema della produzione e dei ricavi, l'unica via per la difesa dell'occupazione''.

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