TELEFONICA NON MOLLA L’OSSO TELECOM: TRATTATIVE IN CORSO - SE SI PAPPA L’AZIENDA, GLI TOCCA MOLLARE TIM BRASIL

1. TELECOM, TELEFONICA TRATTA COI SOCI TELCO
Francesco Spini per "La Stampa"

Telefonica in manovra su Telecom Italia: negli ultimi giorni ha aperto la trattativa sulle quote dei soci italiani di Telco pronti ad uscire. Il gruppo spagnolo guidato da Cesar Alierta entra insomma nella partita che riguarda la holding (di cui Madrid ha già il 46%) che controlla il 22,4% del primo gruppo di telecomunicazioni italiano. Per ora siamo al primo round: le posizioni sono distanti, i colloqui serrati e complessi.

Al momento gli altri azionisti della scatola ovvero Mediobanca, Intesa e Generali - starebbero trattando facendo fronte comune, segno che in caso di accordo, anche il Leone e Intesa potrebbero seguire le orme di Mediobanca che da tempo ha manifestato l'intenzione di uscire da Telco. L'avvio delle trattative - siamo alle prime bozze - da parte di Telefonica segna un passo avanti ma non ancora la soluzione di questa vicenda dagli aspetti assai complessi. Alla finestra ci sarebbe ancora Naguib Sawiris, nonostante la titubanza manifestata.

Inoltre la mossa Telefonica potrebbe indurre altri pretendenti - come At&t, l'America Movil di Carlos Slim o H3g - a fare un passo avanti sul dossier. Per ora si procede sulla strada di Telefonica che starebbe pensando a un'operazione per gradi. In caso di esito positivo delle trattative si limiterebbe a rilevare tutta Telco. Poi, una volta risolti alcuni dossier cruciali come la rete (dalla Spagna non concordano con lo scorporo) e Tim Brasil, nel medio periodo, gli spagnoli potrebbero arrivare alla fusione vera e propria, una volta risolti nodi come quello del debito.

A margine del Workshop Ambrosetti, tenutosi a Cernobbio lo scorso fine settimana, il presidente esecutivo di Telecom, Franco Bernabè, aveva reclamato «pari dignità» in caso di una fusione con un altro gruppo e con «un piano industriale condiviso con Telecom».

E Telecom punta a presentarsi all'appuntamento con qualunque fusione con una fisionomia diversa da quella attuale. Nel prossimo consiglio, infatti, i vertici - Bernabè e l'ad Marco Patuano - presenteranno una revisione del business plan e forse presenteranno delle soluzioni alternative per uscire dall'impasse dell'assetto azionario. Dal lato industriale si tratterà probabilmente della societarizzazione delle divisioni clienti retail, clienti business e servizi da ordinare sotto una holding (Telecom Italia Services), e da affiancare alla costituenda società di rete.

Di certo si punta a far emergere il valore dei diversi aspetti del business che scompaiono nella capitalizzazione totale. La somma delle parti dà molto di più del valore complessivo attribuito dalla Borsa. Si vogliono fornire al mercato gli occhiali per giudicare il valore dei diversi business (da quello internazionale del trasporto dati, alle torri fino agli immobili) che compongono Telecom Italia.

Un valore che il management considera inespresso e che potrebbe essere messo sul piatto in caso di un'operazione straordinaria. E ancor prima alle agenzie di rating che minacciano il declassamento. Nel frattempo i soci studiano il da farsi anche il relazione al mantenimento in vita della scatola Telco. A novembre questa necessiterebbe del rifinanziamento del debito da un miliardo.

Operazione di non facile soluzione. Per questo i soci italiani - d'accordo sul fatto che lo status quo, prima opzione richiesta da Telefonica, non è più sostenibile - concordano che nel caso il 28 settembre non si sia trovato l'accordo con alcun partner industriale la soluzione sia una sola: procedere con lo scioglimento di Telco.


2. SE TELEFONICA SI PAPPA TELECOM, DOVRÀ RINUNCIARE A TIM BRASIL
Antonella Olivieri per "Il Sole 24 Ore"

Una cosa è certa: Telefonica non ha intenzione di mollare tanto facilmente la presa su Telecom Italia. Anzi, secondo quanto riferisce l'Ansa, sta trattando su Telecom e nei giorni scorsi avrebbe presentato una proposta che i soci Telco tuttavia ritengono debba essere migliorata. Una possibile interpretazione è che Telefonica abbia fatto un'offerta per intercettare le quote in uscita da Telco. Gli spagnoli confermano solo che contatti sono in corso con i partner italiani, ma secondo fonti finanziarie la trattativa è irta di ostacoli e molto difficile.

In questa fase la preoccupazione di Telefonica è quella di mantersi in posizione di "servire le carte", senza avere però il diritto di prelazione sulle quote che fossero svincolate da Telco (d'altra parte risultano altri interlocutori in interessata attesa). L'eventuale fusione sarebbe uno scenario successivo, ancora tutto da valutare nelle sue implicazioni, dall'aumento del debito, alle aree di attività in sovrapposizione in Sudamerica, alla comproprietà della rete d'accesso virtualmente ipotecata dallo Stato via Cdp.

Ma salendo di quota in Telecom, Telefonica si troverebbe probabilmente nella condizione di dover immediatamente affrontare la questione Brasile perchè difficilmente le sarebbe consentito di affiancare a Vivo anche il controllo di fatto del più diretto concorrente Tim Brasil: infatti i sondaggi con l'Anatel, l'auhtority locale delle tlc, sono stati fatti per tempo, per capire come muoversi in questo scenario che provocherebbe inevitabilmente l'esigenza di cedere alcuni degli asset (e di fatto di smembrare Tim Brasil). Stesso discorso in Argentina, dove le partecipate dei due gruppi europei si contendono la leadership.

Che lo status quo - dichiaratamente l'opzione migliore per gli spagnoli - non sia accettabile dalle controparti italiane è evidente anche dalle dichiarazioni del week-end del presidente Generali, Gabriele Galateri, che nell'azionariato Telecom degli interlocutori di Cesar Alierta è quello che vanta rapporti di amicizia di più lunga data. «Lo status quo non è una soluzione ottimale», ha osservato Galateri a Cernobbio, che ha però aggiunto come l'essenziale sia «chiarire bene gli obiettivi di business, eseguirli e concentrarsi su quello. Gli azionisti devono sostenere un management che faccia questo. Oggi non siamo in questo genere di situazione».

Il 19 è in programma un consiglio di Telecom Italia, dove il management si è impegnato a presentare un piano industriale e finanziario, indicando cioè le linee strategiche e quantificando la necessità di risorse per sostenerle, tenendo conto anche dell'urgenza di evitare il declassamento del rating che farebbe precipitare il merito di credito della società a livello di "spazzatura".

Cosa che, con 40 miliardi di debito sulle spalle, innescherebbe una pericolosa spirale negativa. Il punto però è che non è chiaro a quale azionariato "stabile" rivolgersi, stante che il 28 settembre scade il termine per dare disdetta anticipata al patto Telco e che almeno Mediobanca è intenzionata a sfruttarlo (ma anche Generali e Intesa sono concordi sul cambiamento).

Venerdì il presidente Telecom, Franco Bernabè, aveva reclamato che qualsiasi soluzione avrebbe dovuto essere portatrice di un progetto industriale condiviso che assegnasse al gruppo tricolore pari dignità. Nessun passaggio finanziario sulla testa di Telecom sarebbe ritenuto accettabile, insomma.

Fatto sta che per capire se ci sono le basi per disegnare un progetto industriale con l'unico operatore dell'azionariato bisogna parlarsi. Infatti risultano contatti anche sul piano operativo, tant'è che in questi giorni era in visita a Roma il capo della rete di Telefonica e che recentemente l'ad Marco Patuano si è recato a sua volta a Madrid.

Il primo passaggio-chiave, dunque, sarà il board di Telecom dove si capirà se i colloqui con gli spagnoli avranno convinto il management a immaginare un percorso comune, oppure se saranno proposte valide alternative strategiche.

 

FRANCO BERNABEALIERTA MARCO PATUANO E SIGNORA Franco Bernabe premiato da Giovanni Malago tr08 matteo arpe gabr galateri digenolaSAWIRISsawiris naguib 02SLIMCarlos Slim worlds richest person DeBenedetti Bazoli Geronzi mario greco ALBERTO NAGEL

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”