giuseppe guttadauro baccini

"SE POI A BACCINI GLI SI DEVONO ROMPERE LE CORNA, GLIELE ROMPIAMO" - ARRESTATI "IL DOTTORE DELLA MAFIA" GIUSEPPE GUTTADAURO E IL FIGLIO: VOLEVANO PUNIRE L’EX MINISTRO BACCINI (PER CONTO DI UNA NOBILDONNA) - SONO ACCUSATI DI ASSOCIAZIONE DI TIPO MAFIOSO. IL PADRE, COLLEGATO PER INDIRETTA PARENTELA CON MATTEO MESSINA DENARO, AVREBBE ORGANIZZATO UN COMMERCIO DI DROGA CON L’ESTERO…

Felice Cavallaro per corriere.it

 

 

arrestati GIUSEPPE GUTTADAURO e il figlio

Del «dottore» della mafia collegato per indiretta parentela con Matteo Messina Denaro si parla dal 2001, da quando grazie a una soffiata eccellente trovò e distrusse le microspie collocate dall’antimafia nel salotto di casa sua, a Palermo. Ma scattano di nuovo gli arresti, dopo vent’anni di carcere a pene alternate, per Giuseppe Guttadauro, 73 anni, aiuto primario alla Chirurgia del Civico di Palermo negli anni Ottanta, un piede nella politica e l’altro nella mafia.

 

Arresti domiciliari per il boss rimasto dieci anni al 41 bis. Da qualche tempo trasferitosi a Roma dove era appena rientrato da un viaggio in Marocco. Va peggio al figlio maggiore, Mario Carlo, finito in carcere per la stessa inchiesta dei carabinieri del Ros che, grazie ai trojan inseriti nei cellulari, hanno anche ricostruito le minacce di padre e figlio per la soluzione di un contenzioso da 16 milioni di euro.

 

Le intercettazioni

GIUSEPPE GUTTADAURO

Un affare a sostegno di una nobildonna romana, Beatrice Sciarra, contro una filiale dell’Unicredit. Pronti ad eliminare ogni ostacolo anche se nella contesa finanziaria saltava fuori il nome dell’ex ministro Mario Baccini. Con Guttadauro senior determinato: «Se poi a Baccini gli si devono rompere le corna per davvero, gliele rompiamo». Questa vecchia conoscenza dell’antimafia è stata sempre seguita con la stessa costante attenzione dedicata al fratello, Filippo Guttadauro, a sua volta, cognato dell’imprendibile super latitante.

 

mario baccini

Un monitoraggio che confermerebbe come il boss non avrebbe mollato i rapporti con la roccaforte operativa del quartiere Brancaccio a Palermo. Coltivando, secondo l’ultima inchiesta, nuovi traffici loschi a Roma. Con «il dottore» coinvolto perfino in una partita di droga, trasferendo 300 mila euro in Brasile per fare trasportare un carico dal Sud America in Olanda. Spicca in queste storie la figura del figlio, irruente, al centro anche di un (presunto) pestaggio «commissionato» nel 2016 contro un ragazzo che si sarebbe permesso di avanzare dubbi sulle sue «condotte contrarie alle regole morali di Cosa nostra».

 

La soffiata di Cuffaro

Il tempo sembra essersi fermato davanti ai protagonisti di queste pagine di mafia che cominciano le loro sciagurate carriere negli anni Settanta e ancora dominano la scena. Appunto, come Guttaduaro “il dottore” arrestato un’altra volta lo scorso maggio insieme con il fratello Filippo. Entrambi entrati ed usciti di scena da quell’intrigo che ruota attorno al re Mida della Sanità siciliana Michele Aiello e all’ex presidente della Regione siciliana Totò Cuffaro, accusato di essere stato il perno della soffiata culminata nella distruzione delle microspie in casa Guttadauro.

 

I favori di Cosa nostra

mario baccini

Quelle ed altre intercettazioni permisero allora di cogliere i distinguo interni alle «famiglie». Con tutti i dubbi legati ad alcune stragi forse compiute dalla mafia in sintonia con altre “entità” o forse per inconfessabili interessi incrociati. Si sfogava Guttadauro con un medico suo amico, Salvatore Aragona: «Ma chi c... se ne fotteva di ammazzare Dalla Chiesa... Andiamo, parliamo chiaro... E perché glielo dovevamo fare questo favore...». Inquietante riflessione che dal 1982 rimbalza al 1992, subito dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, quando questa eminenza grigia sembra prendere le distanze dalla sanguinaria violenza di Riina e Provenzano: «Non l’ho capito questo spingere determinate esasperazioni. Perché farci mettere nel tritacarne...».

 

Le legnate di Baccini

Apparentemente sembrava volere sempre appianare e mediare. Proprio a Roma «il dottore» sperava di assecondare la richiesta di aiuto arrivata dalla signora Sciara, moglie di Giuseppe Mennini, chirurgo e già docente dell’Università «La Sapienza». Puntava a una ricompensa del 5 per cento sulla prima tranche da 8 milioni, Nei vorticosi colloqui finalizzati a sbloccare quei fondi Guttadauro ha finito per coinvolgere il commercialista Giovanni Armacolas e l’assistente di volo dell’Alitalia Adriano Burgio, che per la procura e la gip di Palermo Claudia Rosini «fungeva da mediatore con i dirigenti bancari». Pronto il boss a far pesare minacce pesanti.

 

Pronto alla violenza e «a dare legnate» parlando dell’ex deputato e senatore Udc Mario Baccini, ministro della Funzione pubblica fra il 2004 e il 2006 nel governo Berlusconi, poi fondatore del «Comitato nazionale per il microcredito», istituto chiuso durante la permanenza di Mario Monti a Palazzo Chigi e poi riattivato. Ma Guttadauro, ignaro delle intercettazioni, sapeva di non potersi esporre troppo: «Non ci posso andare io a rompergli le corna. Giusto? A me mi conoscono, ci deve andare uno che nemmeno conoscono perché se mi fanno una fotografia, mi conosce mezzo mondo...».

 

Lezione di mafia

arrestati GIUSEPPE GUTTADAURO e il figlio

Di qui forse la scelta di scatenare il figlio, anche a costo di contraddire qualche vecchia «lezione di mafia» un tempo impartita auspicando le regole di una mafia camaleonte, pronta ad insabbiarsi. Lo stesso modello offerto in passato con una vera e propria «lezione» all’altro figlio, Francesco, tempo fa pure lui arrestato: «Ti devi evolvere, ma rimanere con quella testa». Gli stessi consigli suggeriti a un altro rampollo di famiglia, Fabio Scimò, deciso a fare «carriera»: «Non puoi scendere a livello dei picciutteddi. Devi metterti a un livello diverso». Parola del «dottore».

Ultimi Dagoreport

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…

emmanuel macron

DAGOREPORT – MACRON, DOMANI CHE DECIDERAI: SCIOGLI IL PARLAMENTO O RASSEGNI LE DIMISSIONI DALL'ELISEO? - A DUE ANNI DALLA SCADENZA DEL SUO MANDATO PRESIDENZIALE, IL GALLETTO  È SOLO DI FRONTE A UN BIVIO: SE SCIOGLIE IL PARLAMENTO, RISCHIA DI RITROVARSI LA STESSA INGOVERNABILE MAGGIORANZA ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE – PER FORMARE IL GOVERNO, LECORNU SI È SPACCATO LE CORNA ANDANDO DIETRO AI GOLLISTI, E ORA FARÀ UN ULTIMO, DISPERATO, TENTATIVO A SINISTRA CON I SOCIALISTI DI OLIVIER FAURE (MA MACRON DOVRA' METTERE IN SOFFITTA LA RISANATRICE RIFORMA DELLE PENSIONI, DETESTATA DAL 60% DEI FRANCESI) – L’ALTERNATIVA E' SECCA: DIMETTERSI. COSÌ MACRON DISINNESCHEREBBE MARINE LE PEN, INELEGGIBILE DOPO LA CONDANNA - MA È UN SACRIFICIO ARDUO: SE DA TECNOCRATE EGOLATRICO, CHE SI SENTIVA NAPOLEONE E ORA È DI FRONTE A UNA WATERLOO, SAREBBE PORTATO A DIMETTERSI, TALE SCELTA SAREBBE UNA CATASTROFE PER L'EUROPA DISUNITA ALLE PRESE CON LA GUERRA RUSSO-UCRAINA E UN TRUMP CHE SE NE FOTTE DEL VECCHIO CONTINENTE (LA FRANCIA E' L'UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E UN POSTO NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU), COL PERICOLO CONCRETO DI RITROVARSI ALL'ELISEO BARDELLA, IL GALLETTO COCCODE' DI LE PEN, CHE NEL 2014 AMMISE A "LE MONDE" DI AVER RICEVUTO UN FINANZIAMENTO DI 9 MILIONI DA UNA BANCA RUSSA CONTROLLATA DA PUTIN...