
ROMA CORROTTA - IL PROCURATORE PIGNATONE ATTACCA: “LE BUCHE STRADALI COLPA DELL’ILLEGALITÀ DIFFUSA. LE IMPRESE PER VINCERE LA GARA PAGANO IL PIZZO A UN FUNZIONARIO DEL COMUNE E POI A CHI DOVREBBE CONTROLLARE I LAVORI - LA VITA DEI ROMANI E’ APPESA ALLE MAZZETTE DEI CORROTTI”
Manuela Pelati per il “Corriere della Sera”
La vita dei romani è appesa alle mazzette dei corrotti. L’illegalità che tocca da vicino la vita quotidiana delle persone, a Roma si vive ogni giorno sulle strade piene di buche.
«Nascono anche dal fatto che le imprese per vincere la gara pagano un pizzo, una tangente, una bustarella a un funzionario del Comune e poi anche a quello che dovrebbe controllare i lavori» ha detto ieri il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone.«L’imprenditore rientra di quel denaro facendo male il lavoro, che va rifatto e questo porta a ulteriori guadagni».
Mentre il procuratore parlava all’Auditorium Parco della Musica al convegno «Educare alla cittadinanza. Noi contro le mafie» organizzato dalla Regione Lazio, in via della Moschea i vigili chiudevano la strada per l’apertura di voragini e in viale Somalia restringevano la carreggiata per alcune pericolose buche.
Nella capitale colabrodo, diventata ormai un’emergenza allarmante, le buche sono un vero dramma: «i morti per incidenti a Roma sono il doppio di quelli per omicidio» ha detto Pignatone.
Il dato è stato ricordato davanti a centinaia di studenti delle scuole superiori della regione presenti al convegno, dove il governatore del Lazio Nicola Zingaretti ha sottolineato: «Nessuno è escluso dalla battaglia per la legalità». «Abbiamo voluto usare la parola mafie, perché non bisogna aver paura di collegarla al nome della nostra regione. Serve a non lasciare sole le persone».
Il procuratore Pignatone durante una vera e propria lezione sulla legalità, ha fatto il punto sull’inchiesta Mafia Capitale: «È emerso un quadro di cattiva amministrazione che era sotto gli occhi di tutti, ma che senza le indagini non sarebbe emerso». E poi: «Se per il giudizio penale serve la sentenza, per il giudizio amministrativo non dobbiamo aspettarla: non possiamo contestare che a Ostia ci sia la mafia, o che ci siano sistemi di corruzione in certi ambienti. Lo possiamo dire senza aspettare le sentenze definitive».
Alla presenza del procuratore generale capitolino, Giovanni Salvi e del presidente della commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi, i ragazzi hanno ascoltato le testimonianze e gli interventi del questore di Roma, Nicolò D’Angelo e del prefetto Franco Gabrielli.
«Il tema della conoscenza e della sensibilità quando si parla di mafie è fondamentale» ha detto Gabrielli, che ha voluto sgombrare il campo sulla «corruzione alla vaccinara». «Non sono cose che tutto sommato capitano...» Il prefetto ha parlato della mafia di Roma come più subdola e insidiosa del 416 bis, usato per Cosa Nostra, ‘ndrangheta e Sacra Corona Unita.
BUCHE ROMA
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Manuela Pelati mpelati@corriere.it