
"FABRIZIO CORONA SI È IMPOSSESSATO DELLE CHAT TRA MARTINA CERETTI E RAOUL BOVA UTILIZZANDO UNA TELECAMERA NASCOSTA NELLA VISIERA DEL SUO CAPPELLINO" - FERMI TUTTI: FEDERICO MONZINO, RAM-POLLO MILANESE CHE AVEVA DICHIARATO DI AVER INVIATO A CORONA LE CHAT TRA L'ATTORE E LA MODELLA, TENTA DI CAMBIARE VERSIONE - MONZINO, PERO', SI CONTRADDICE DA SOLO IN UNA INTERVISTA AL "CORRIERE DELLA SERA": PRIMA SOSTIENE CHE CORONA ABBIA AGITO COME UNA SPIA, MA POI AMMETTE CHE È STATO LUI HA INVIARE A "FURBIZIO" GLI AUDIO DIVENTATI VIRALI: "MI HA DETTO CHE PER COMPLETARE LO SCOOP E RENDERLO PIÙ SCOTTANTE MANCAVA L'AUDIO 'PER FARE DIVENTARE MARTINA FAMOSA'. IO HO ACCETTATO E, LA SECONDA VOLTA CHE È VENUTO A CASA MIA, GLI HO INVIATO L'AUDIO E LE CHAT..."
Estratto dell'articolo di Allegra Ferrante per il "Corriere della Sera - Edizione Milano"
«Aveva una telecamera nascosta nella visiera del cappellino (Fabrizio Corona, ndr), con cui si è impossessato delle chat senza il mio consenso», ha scritto domenica Federico Monzino sul suo profilo Instagram.
In queste settimane, il nome di Monzino, giovane imprenditore milanese appartenente a una nota famiglia dell’alta borghesia lombarda, circola senza sosta. Il motivo è il ruolo che ha avuto nel caso che vede coinvolti l’attore Raoul Bova e la modella 23enne Martina Ceretti.
Occorre procedere a ritroso. Venerdì 11 luglio, un «anonimo» contatta l’attore romano Raoul Bova, utilizzando un’utenza telefonica spagnola che si ritiene intestata a un prestanome e sulla quale sono in corso accertamenti. «Non è il caso che venga fuori uno scandalo sui giornali. Per il tuo matrimonio, per la tua immagine, per il tuo presente e futuro lavoro… Altro che don Matteo. Ho dei contenuti fra te e Martina Cerretti (il nome corretto è Ceretti, ndr) che ti farebbero molto male».
Bova risponde che è libero da tempo e presenta subito una denuncia. Negli stessi giorni, Monzino scrive a Fabrizio Corona per metterlo al corrente di una storia, «uno scoop della Madonna» tra la sua amica Marti («qualcosina in più che amici», aveva raccontato Monzino al Corriere) e il celebre attore. Il 21 luglio, Corona rende pubblici gli audio privati tra Bova e Ceretti sui suoi social. La Procura di Roma apre un’indagine, affidata alla polizia postale e coordinata dal pm Eliana Dolce.
Il rampollo meneghino aveva ammesso di aver fatto da tramite nella trasmissione del materiale a Corona e ha sostenuto di essere stato autorizzato da Ceretti: «Gli audio e le chat non sono state trafugate, ma condivise volontariamente: Martina era a casa mia, consapevole di quanto facevamo. Il suo consenso è stato esplicito». Con le sue recenti stories, prova adesso a cambiare lo scenario. L’accusa riguarda il momento precedente all’invio del materiale compromettente.
La versione di cui parla contraddice quella precedente. Cosa è successo?
«L’obiettivo era aiutare Martina. In un momento di confusione iniziale, quel dettaglio relativo al modo in cui Corona aveva acquisito alcune chat, non mi sembrava così rilevante da sottolineare. Ora posso dirlo: non tutto il materiale è stato consegnato volontariamente da me: una parte è stata acquisita senza il mio permesso».
I suoi legali non le hanno consigliato di evitare omissioni?
«Non lo avevo raccontato neanche a loro. A volte, in situazioni di pressione, non è semplice avere subito tutte le informazioni o la lucidità per raccontare l’intera vicenda, con precisione. Adesso voglio mettere tutto sul tavolo, anche quelle cose che prima non avevo raccontato a nessuno.
Spero che Corona possa comprendere la mia posizione e il disagio che ho provato nel vedere la mia privacy violata senza consenso. Non è una questione di rancore personale, bensì di rispetto e correttezza. È una situazione delicata: so che le mie parole possono avere conseguenze importanti».
Tuttavia, ha scelto di avvicinare Corona volontariamente.
«Ho fatto da tramite per aiutare Martina. È stata lei a fornirmi il numero di Corona e, pochi secondi dopo, sempre insieme a lei, abbiamo scritto il messaggio. Anche se è partito dal mio telefono, abbiamo agito in modo condiviso. In tal senso, uso il plurale.
Abbiamo parlato di un possibile scoop, senza mai fare allusioni o riferimenti espliciti alla condivisione di materiale. L’obiettivo era attirare l’attenzione su una storia che poteva interessare. Quindi il mio ruolo è stato quello di un facilitatore, un ponte tra Martina e Corona, ma senza mai prendere decisioni autonome riguardo al materiale o alla sua diffusione».
Ha sentito Martina? Sembrava le fosse molto affezionato.
«Ho provato, ma non sono riuscito in alcun modo a risentirla, non ho nessun suo contatto e neanche le persone vicine a lei come amici e amiche sanno dove si trova. Sono sicuro che non l’abbia fatto per sua scelta consapevole o per volontà di allontanarsi, ma probabilmente per pressioni esterne che non conosco. Il mio affetto per Martina non è venuto meno. [...]».
A questo punto, può ricostruire la vicenda?
«Corona è venuto una prima volta a casa mia per analizzare chat e audio, per controllare se andassero bene per la puntata di Falsissimo. In quell'occasione, io non ho inviato nulla. Quello che non sapevo è che indossava un cappellino con una telecamera dissimulata nella visiera. E che stava riprendendo tutto, senza una mia esplicita autorizzazione.
Cosa di cui mi ha messo al corrente lui stesso con dei messaggi su WhatsApp. Solo dopo, in una chiamata, mi ha detto che per completare lo scoop e renderlo più scottante mancava l'audio, “per fare diventare Martina famosa” quello che lei inizialmente voleva. Io ho accettato e, la seconda volta che è venuto a casa mia, gli ho inviato in primis l'audio, ma anche le chat in formato registrazione schermo -non come quelle sottratte senza il mio consenso. Diceva che gli servivano per dare maggior credibilità allo scoop».
Può provarlo?
«Le chat che ho con lui lo confermano, ma sono contenute nel telefono che ora mi è stato sequestrato. Appena lo riavrò, potrò dimostrarlo».
Quale sarà il prossimo passo?
«Ci stiamo preparando a sporgere denuncia contro Fabrizio Corona. L’ho comunicato ai miei legali, che non erano al corrente del fatto».
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