
"LO SPREZZO CON CUI NEMMENO CI HA RISPOSTO, DOPO CINQUE MESI E MEZZO DI SILENZIO, DÀ L’ESATTA DIMENSIONE DI QUANTO GIORGIA MELONI E IL SUO GOVERNO HANNO A CUORE LA LIBERTÀ DI STAMPA” – FRANCESCO CANCELLATO E CIRO PELLEGRINO DI “FANPAGE” ATTACCANO LA DUCETTA CHE FINGE DI NON VEDERE LA VERGOGNA DEL CASO PARAGON, CON I GIORNALISTI INTERCETTATI IN MODO ILLEGALE: “HA LIQUIDATO LE DOMANDE DI RENZI CON ‘RISPONDO SOLO ALLE QUESTIONI CHE RITENGO VERAMENTE IMPORTANTI’. HA DETTO CHE L’IPOTESI CHE QUEST’ARMA SIA FINITA ILLEGALMENTE A QUALCHE CENTRALE DI SPIONAGGIO PRIVATA O SIA STATO USATO DAI SERVIZI SEGRETI DI QUALCHE PAESE STRANIERO CONTRO CITTADINI ITALIANI NON È UNA QUESTIONE VERAMENTE IMPORTANTE…” -
1 - PER MELONI I GIORNALISTI SPIATI NON SONO UNA COSA IMPORTANTE, E QUESTO SPIEGA GIÀ TUTTO
A cura di Francesco Cancellato e Ciro Pellegrino per https://www.fanpage.it
“Rispondo solo alle questioni che ritengo veramente importanti”. Così Giorgia Meloni ha liquidato in una battuta le domande di Matteo Renzi sul caso Paragon. Ma, probabilmente senza volerlo, ha detto quel che doveva, e che voleva dire sul tema.
Ha detto che tre, forse quattro giornalisti italiani spiati con un'arma in uso ai servizi segreti italiani – oltre a noi che scriviamo, anche Roberto D'Agostino di Dagospia – senza nessuna autorizzazione, non si sa bene da chi, non è una questione veramente importante.
Ha detto che l’ipotesi che quest’arma sia finita illegalmente a qualche centrale di spionaggio privata o sia stato usato dai servizi segreti di qualche Paese straniero contro cittadini italiani – ah, il sovranismo – non è una questione veramente importante.
Ha detto che l’eventualità che soggetti non meglio identificati abbiano avuto accesso alle fonti riservate, alle conversazioni, alle fotografie, ai documenti di giornalisti italiani, mettendo a rischio la privacy, tra gli altri, di deputati e senatori della repubblica non è una questione veramente importante.
ALFREDO MANTOVANO E GIORGIA MELONI - FOTO LAPRESSE
Ha detto che cinque mesi e mezzo in cui il governo non riesce nemmeno a produrre uno straccio di versione credibile su come siano andate le cose, per di più avendo un fornitore come Paragon Solutions che si offre pubblicamente per dare una mano a capire chi è stato, non è una questione veramente importante.
E va bene, forse rispetto a un mondo dilaniato dalle guerre e da tragedie umanitarie come quella di Gaza, per le quali Giorgia Meloni proprio non riesce a condannare il suo amico Bibi Netanyahu, la questione Paragon non è veramente importante.
Però, ecco: ben venga lo sprezzo con cui nemmeno ci ha risposto, dopo cinque mesi e mezzo di silenzio, intervallato solamente dalle battutine sprezzanti di suoi colleghi di partito come Giovanni Donzelli, o di governo, come Matteo Piantedosi.
Perché quello sprezzo dà l’esatta dimensione di quanto Giorgia Meloni e il suo governo hanno a cuore la libertà di stampa, la sicurezza dei dati dei suoi cittadini, la permeabilità della privacy di ciascuno di noi, il bisogno di verità e trasparenza di professionisti e cittadini violati nella scatola nera della loro intimità. In quattro lettere: zero. Forse anche meno. E questa sì, ci perdoni la premier, è una questione veramente importante.
ALFREDO MANTOVANO E GIORGIA MELONI - FOTO LAPRESSE
2 - PARAGON, AL VIA LE INDAGINI SUI TELEFONI I PM IN CERCA DEL «SOFTWARE SPIA»
Estratto dell’articolo di Ilaria Sacchettoni per il “Corriere della Sera”
C’era davvero lo spyware Graphite nei dispositivi di Roberto D’Agostino (Dagospia), Francesco Cancellato (Fanpage), Ciro Pellegrino (Fanpage), Eva Vlaardingerbroek e degli attivisti di Mediterranea Luca Casarini, Giuseppe Caccia e don Mattia Ferrari? Per rispondere all’interrogativo la Procura di Roma ha incaricato gli esperti della polizia postale di analizzare i cellulari dei monitorati.
Si tratta di un incarico che prevede una serie di quesiti tecnici, puntati ad accertare la presenza del virus israeliano di cui si discute da mesi. Al momento si è partiti da una semplice ipotesi di reato, quella di intercettazioni abusive e accesso ai sistemi informatici (abusivo anch’esso), formalizzata nella documentazione della Procura. Il lavoro su almeno sette cellulari impegnerà sessanta giorni, entro i quali verrà depositata l’informativa degli investigatori.
Al di là dei possibili alert sulla presenza di un virus (rallentamenti del dispositivo o consumo anomalo di energia) l’ipotesi «spionaggio» è tutta da verificare.
L’enigma Paragon, dal nome della società israeliana che avrebbe venduto Graphite all’esecutivo italiano, potrebbe essere sciolto in tempi relativamente brevi.
[…] Il Copasir aveva avviato una ricognizione in seguito alla notizia comparsa sui quotidiani internazionali e non riguardo al monitoraggio di alcuni giornalisti da parte dei servizi di intelligence e dall’agenzia per la cybersicurezza. Da qui si era partiti ascoltando i vertici istituzionali (dai responsabili dell’Aise e Aisi fino al procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma passando per sottosegretari e rappresentanti della Paragon Solutions) ricostruendo possibili intrusioni. […]
il «monitoraggio» di Casarini e degli attivisti di Mediterranea fu avviato dall’allora presidente del Consiglio pentastellato Giuseppe Conte (e si era concluso nel 2024) e non dalla premier Giorgia Meloni. Il sacerdote Ferrari non era sotto osservazione. Mentre i giornalisti in questione effettivamente sì. Il comitato suggeriva, poi, prudenza e verifiche supplementari onde evitare «il disvelamento di operazioni e indagini pienamente legittime».
Una delle anomalie del caso riguardava in effetti le comunicazioni fatte da Meta, proprietaria del software di messaggistica utilizzato, a Cancellato e non solo, dell’intercettazione in corso. Per inciso una annotazione di carattere tecnico che può essere rilevante anche per l’inchiesta: «È emerso — scrive il Copasir — che il soggetto attaccante proceda ad aggiungere l’utenza target a un gruppo WhatsApp sfruttando la vulnerabilità dell’applicazione». […]