
VATILEAKS 2, TUTTI ALLA SBARRA - IL 24 NOVEMBRE INIZIA IL PROCESSO PER LA FUGA DI NOTIZIE DAL VATICANO - GIANLUIGI NUZZI ANNUNCIA CHE SI SIEDERÀ AL BANCO DEGLI IMPUTATI - BERGOGLIO VUOLE CHE SI ARRIVI A SENTENZA PRIMA DELL’INIZIO DEL GIUBILEO
1 - VATILEAKS 2: NUZZI, MARTEDÌ MI SIEDERÒ A BANCO IMPUTATI
(ANSA) - "Martedì entrerò in Vaticano per sedermi al banco degli imputati e farmi processare portando 'Via Crucis' come corpo del reato". Lo annuncia il giornalista Gianluigi Nuzzi in un tweet riferendosi al processo che comincerà il 24 in Vaticano e che lo vede rinviato a giudizio, per la diffusione di documenti riservati della Santa Sede, assieme a mons. Angel Lucio Vallejo Balda, Francesca Immacolata Chaouqui, Nicola Maio, e al giornalista Emiliano Fittipaldi. Nuzzi conclude il tweet con l'hashtag #noinquisizione.
2 - VATILEAKS, SPUNTA IL TERZO CORVO “PROCESSO ANCHE PER I GIORNALISTI”
Paolo Rodari per “la Repubblica”
LIBRO DI GIANLUIGI NUZZI VIA CRUCIS
La fase istruttoria dell’inchiesta Vatileaks 2 si è conclusa a tempo di record. E, infatti, si va al processo. Il 24 novembre prossimo è fissata la prima udienza nel tribunale della Città del Vaticano per la sottrazione e la diffusione di documenti riservati della Santa Sede, con cinque imputati: oltre ai nomi già previsti di monsignor Lucio Vallejo Balda (tuttora trattenuto in cella in Vaticano), Francesca Immacolata Chaouqui, i giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, la quinta persona a giudizio è Nicola Maio, ex collaboratore della commissione Cosea di cui Vallejo Balda stesso era segretario.
Vallejo Balda, Chaouqui e Maio dovranno rispondere anche di associazione a delinquere: «Si procuravano notizie e documenti nell’ambito dei loro rispettivi incarichi nella Prefettura per gli Affari economici e nella Cosea — recita un comunicato della sala stampa vaticana — mentre Fittipaldi e Nuzzi sollecitavano ed esercitavano pressioni, soprattutto su Vallejo Balda, per ottenere documenti e notizie riservati, che poi in parte hanno utilizzato per la redazione di due libri usciti in Italia nel novembre 2015».
Anche se, spiega sempre il comunicato vaticano, non tutti i documenti sono stati finora pubblicati. La sensazione è che la Santa Sede, così come avvenne per Vatileaks 1, intende chiudere il processo in fretta: poche udienze per arrivare a una sentenza possibilmente prima dell’inizio del Giubileo. Anche perché gli interessi dei vertici sono altrove, anzitutto sull’imminente viaggio di Francesco in Africa dove già si sono recati in avanscoperta diversi collaboratori dello stesso Pontefice.
BRUNO VESPA PRENDE LA COMUNIONE DA MONSIGNOR VALLEJO I PAPI SANTI SULLA TERRAZZA DELLA PREFETTURA
I cinque imputati saranno giudicati dal presidente Giuseppe Dalla Torre, con i giudici Piero Antonio Bonnet, Paolo Papanti-Pelletier e Venerando Marano. La prima udienza avverrà nell’Aula del Tribunale Vaticano dove venne giudicato l’ex segretario di Papa Ratzinger Paolo Gabriele, ma con tutta probabilità si entrerà nel vivo della questione soltanto la settimana successiva.
Alla notizia del rinvio a giudizio il giornalista dell’Espresso Emiliano Fittipaldi ha reagito dichiarandosi «basito». E ancora: «Sono incredulo. Non è un processo contro di me ma contro la libertà di informazione. In tutto il mondo i giornalisti hanno il dovere di pubblicare notizie e segreti che il potere, qualunque esso sia, vuole tenere nascosti all’opinione pubblica. Mi si accusa addirittura di aver minacciato per avere notizie: è falso e ridicolo. Sono pronto a querelare per calunnie, ora non vorrei che si mettesse in moto una macchina del fango per delegittimare le mie inchieste. Forse sono ingenuo ma credevo indagassero su chi ha commesso gli illeciti che ho denunciato, non su chi li ha svelati».
«Possono fare quello che vogliono — ha invece scritto sul proprio profilo Facebook Nuzzi — ma finché ci sarà il mondo ci saranno giornalisti a dare notizie scomode. Io sono tra loro e non rinuncerò a fare il mio dovere. Sono orgoglioso di aver scritto un’inchiesta, orgoglioso del mio libro “Via Crucis”. Orgoglioso di ricevere il vostro affetto e sostegno. Io non mollo. Il diritto di informare e di essere informati è più forte del bavaglio».
FRANCESCA CHAOUQUI INTERVISTATA DALLE IENE
Padre Federico Lombardi, portavoce vaticano, ha comunque specificato che «si valuterà se le accuse sono proporzionate, quindi per ora siamo solo davanti a una richiesta, non a una sentenza».
3. “PASSWORD SVELATE MINACCE E FALSE LETTERE NELLA SANTA SEDE AGIVA UN GRUPPO CRIMINALE”
Corrado Zunino per “la Repubblica”
Dice il promotore di giustizia della Città del Vaticano che monsignor Angel Lucio Vallejo Balda aveva saldato con la “pierre” Francesca Immacolata Chaouqui «un sodalizio criminale organizzato», sodalizio che trovava nel segretario del monsignore , Nicola Maio, l’ esecutore.
FRANCESCA CHAOUQUI E IL MARITO CORRADO LANINO
Dice ancora il promotore di giustizia, rinviando a giudizio i due religiosi, la faccendiera laica e i due giornalisti che hanno pubblicato i già best seller “Via Crucis” e “Avarizia”, che «il gruppo operativo», la squadra, citando la stessa Chaouqui, era «una vera e propria “monade”» all’interno della prefettura per gli Affari economici finalizzata «a procurarsi illegittimamente e poi divulgare notizie e documenti concernenti interessi fondamentali della Santa Sede». L’accordo «in concorso» avrebbe funzionato da marzo 2013 a novembre 2015.
Nelle undici pagine del decreto di citazione ora si scoprono le ragioni — e le prove — che hanno portato i promotori di giustizia vaticana Gian Piero Milano e Roberto Zannotti ad arrestare il 31 ottobre e il primo novembre prima la Chaouqui e poi monsignor Balda, rilasciando la prima, incinta, per la sua collaborazione e trattenendo per ventuno giorni il secondo. L’inchiesta era approdata ai pm vaticani 48 ore prima soltanto mentre le indagini del Corpo della gendarmeria «erano in corso da tempo».
Il primo interrogatorio di Balda si era consumato lo scorso 9 ottobre: al segretario della Prefettura degli Affari economici e della Commissione di studio sulle attività economiche e amministrative, la Cosea che aveva provato a rimettere a posto i conti disastrati del Vaticano, furono chieste informazioni sul furto di settembre 2015 proprio in prefettura (ve ne era stato uno, con l’asportazione di un armadio blindato, già il 30 marzo 2014). L’interrogatorio per il monsignore dell’Opus Dei si era messo subito male, tanto più che il suo cellulare e il personal computer — sequestrati — avevano rivelato una fitta corrispondenza con il giornalista Gianluigi Nuzzi, già autore di due libri d’inchiesta sul Vaticano.
LE SOFFIATE VIA WHATSAPP
Vallejo Balda aveva passato a Nuzzi e non solo, perlopiù via Whatsapp, una lettera indirizzata al papa sub secreto pontificio e poi un documento di cinque pagine della Cosea — commissione nella quale Balda era l’unico membro religioso voluto lì, nel 2003, proprio da Francesco — contenente 87 password: consentivano di navigare tra i materiali della commissione.
Ancora, Balda aveva girato una lettera di monsignor Fernando Alzaga al cardinale George Pell, il vero obiettivo — si scoprirà poi — di monsignor Balda, che lo accusava di voler decidere in solitudine e, nella sostanza, di non voler riformare nulla. Tra l’altro, Balda, subito candidato dal papa a diventare vice di Pell, successivamente non era stato promosso.
Negli interrogatori (se ne citano tre) monsignor Balda si contraddice, minimizza, dice che sospettava che la Chaouqui avesse la password della sua casella di posta elettronica (il marito della “pierre” è un tecnico informatico, ma l’uomo è rimasto fuori dall’indagine vaticana). Il segretario della prefettura ha sostenuto ancora di essere stato messo sotto pressione e minacciato sia dalla donna che dai giornalisti: «Mi sentivo compromesso per situazioni personali».
LA FALSA MISSIVA DELLO IOR
Quando è toccato alla Chaouqui raggiungere la Gendarmeria (quattro gli interrogatori), la donna ha ammesso di aver passato a Nuzzi un documento che attestava l’intenzione del Vaticano di aprire un fondo sovrano in Lussemburgo per attività finanziarie dello Ior, operazione in realtà mai realizzata. Quindi ha assicurato che era stato Balda a consegnarle autonomamente password e username. La Chaouqui, si legge nelle pagine dell’atto, ha avuto una forte influenza su Balda.
I due — ci sono tre testimonianze — si chiudevano ore nelle stanze del monsignore e, ancora, la donna gli propose di trascrivere su carta intestata Ior il testo di una lettera retrodatandola al 30 settembre 2014: Monte dei Paschi di Siena aveva aperto quattro conti all’istituto vaticano e, per cautelare la banca da indagini della magistratura italiana, si era reso necessario trasferire quei fondi all’Apsa.
Per i promotori di giustizia i tre corvi, dopo una frattura con il gruppo guidato da Bell, «si erano prefissati l’obiettivo di raccogliere il maggior quantitativo possibile di materiale documentale per divulgarlo all’esterno».
Maio mostrerà documenti riservati trasferiti alla Casa di Santa Marta, il palazzo dove vi è anche la residenza del Papa. Con i tre spesso si appartava monsignor Alfredo Abbondi, ma la Gendarmeria non ha trovato prove della sua collusione. Balta e Chaouqui si sono difesi così: «Volevamo realizzare la vera volontà del Papa». Avrebbero voluto una commissione Cosea riformatrice e, di fronte all’impossibilità di far emergere sprechi e lussi, avrebbero scelto di far uscire le carte «per aiutare il Papa». Il passaggio delle carte è stato notevole verso Nuzzi e, in maniera più limitata, verso Fittipaldi.