L’ITALIA HA SPESO 2,2 MILIARDI NEGLI ULTIMI 2 ANNI PER COMPRARE ARMI DAGLI STATI UNITI - L’ULTIMA FORNITURA RIGUARDA 100 MISSILI ARIA-SUPERFICIE JASSM (JOINT AIR-TO-SURFACE STANDOFF) DAL VALORE DI 258 MILIONI DI EURO - I MISSILI SONO DESTINATI ALLE FORZE ARMATE ITALIANE. IN TEORIA, NON HANNO NULLA A CHE FARE CON LE ESIGENZE DELL’UCRAINA, NÉ CON IL MECCANISMO DI RACCOLTA FONDI PROMOSSO DALLA NATO (IL COSIDDETTO “PURL”, PRIORITISED UKRAINE REQUIREMENTS LIST) PER ACQUISTARE ARMI NEGLI USA E GIRARLE A KIEV - NEGLI ULTIMI DUE ANNI L’ITALIA HA OTTENUTO OTTO FORNITURE: NON SI PUÒ ESCLUDERE CHE UNA PARTE DELLE ARMI COMPRATE IN USA SIA FINITA A KIEV - OPPURE RESTA IN CAMPO UN’ALTRA IPOTESI...
Estratto dell’articolo di Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
La civiltà europea sarà pure «a rischio di estinzione», come si legge nel documento sulla Strategia di sicurezza nazionale, pubblicato venerdì dalla Casa Bianca. Ma, intanto, l’industria militare americana moltiplica gli affari con i Paesi del Vecchio Continente. Tra questi c’è anche l’Italia.
Una nota del Dipartimento di Stato, diffusa l’altro giorno, informa che è stata autorizzata la «possibile vendita» al governo Meloni di 100 missili aria-superficie Jassm (Joint Air-to-Surface Standoff) per un valore di 301 milioni di dollari, circa 258 milioni di euro.
Sono ordigni, precisa il comunicato, che «aumenteranno la capacità di fare fronte alle attuali e future minacce» fornendo sistemi in grado di colpire anche obiettivi a lunga distanza. I missili potranno essere montati anche sui caccia F-35, «ma non solo».
Il Dipartimento di Stato specifica che questa vendita «non altererà gli equilibri nella regione». Come dire: è un rafforzamento delle capacità di difesa di «un alleato» importante della Nato, ma non va inteso come una minaccia per la Russia.
GIORGIA MELONI VOLODYMYR ZELENSKY
I missili sono destinati alle forze armate italiane. In teoria, quindi, non hanno nulla a che fare con le esigenze dell’Ucraina, né con il meccanismo di raccolta fondi promosso dalla Nato (il cosiddetto «Purl», Prioritised Ukraine Requirements List) per acquistare armi fabbricate negli Usa e girarle all’esercito di Kiev. Il contratto verrà gestito dalla Lockheed Martin, il principale gruppo dell’industria militare americana, capofila, tra l’altro della produzione dei caccia da combattimento F-35, tra i più sofisticati sul mercato.
Ma questa è solo l’ultima operazione di una lunga striscia. Solo pochi mesi fa, il 16 giugno scorso, il Dipartimento di Stato aveva autorizzato la consegna di 75 sistemi di difesa missilistica a medio raggio di varie tipologie, per un valore di 211 milioni di dollari, 181 milioni di euro
Da un esame approfondito delle carte pubblicate dal Pentagono emerge che negli ultimi due anni l’Italia ha ottenuto otto forniture. Nel dettaglio, le autorizzazioni vanno dal 15 febbraio 2024 al 5 dicembre 2025, per un valore complessivo di 2,64 miliardi di dollari, circa 2,27 miliardi di euro al cambio attuale.
Dai registri compilati a Washigton, non risulta quando siano state avanzate queste richieste. E il nostro ministero della Difesa non ha reso pubbliche queste informazioni. In genere, però, trascorrono circa sei mesi, un anno, dal momento della domanda presentata da un Paese alla risposta del Dipartimento di Stato Usa. Si può, dunque, ragionevolmente presumere che l’accelerazione sia stata decisa dal governo Meloni, in seguito all’invasione russa dell’Ucraina.
Va fatta, però, una precisazione fondamentale. Il governo italiano è l’unico, tra i principali alleati occidentali, a non aver mai diffuso l’elenco dei mezzi donati a Kiev. In teoria, dunque, non si può escludere del tutto che una parte delle armi comprate in Usa sia finita poi in Ucraina.
Oppure resta in campo un’altra ipotesi, forse più verosimile: le armi acquistate in America avrebbero rimpiazzato, sia pure in minima parte, il materiale già usato dalle forze armate italiane e poi recapitato a Zelensky.
Del resto, nell’archivio del Pentagono ci sono le tracce di sole altre tre cessioni di armi all’Italia in un lungo periodo di calma relativa, che va dal 19 novembre 2009 al 15 dicembre 2020: missili, aerei, droni per un valore di 692 milioni di dollari, 594,2 milioni di euro. L’Italia è uno dei tanti clienti degli Stati Uniti, che praticamente da sempre procurano jet, artiglieria, carri armati, razzi e missili a un gran numero di alleati o di partner.
La procedura intreccia convenienze economiche e valutazioni geopolitiche. Il presidente e i suoi consiglieri per la sicurezza nazionale selezionano le richieste in arrivo dai Paesi; il Dipartimento di Stato vaglia e autorizza i dossier, caso per caso; il Pentagono provvede all’esecuzione, passando le commesse solo alle industrie Usa; il voto del Congresso ratifica l’intera procedura.
Da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca, il flusso di ordinativi non si è per nulla attenuato. Anzi, il leader americano si è più volte attribuito il merito di aver favorito la crescita delle esportazioni belliche. […]





