SICILY NOT ITALY - NEGLI ANNI ‘40, CON LA FINE DEL FASCISMO E LO SBARCO DEGLI ALLEATI, LA SICILIA POTEVA DIVENTARE UNO STATO USA - GLI INGLESI IMMAGINAVANO UN “COMMONWEALTH NEL MEDITERRANEO” UNENDO SICILIA E CORFÙ A MALTA

Valerio Cattano per "il Fatto Quotidiano"

 

siciliasicilia

In ogni cittadina siciliana c’è una piazza o un giardino pubblico (spesso chiamato in dialetto “La villa”) dove gli anziani riscaldano le ossa al sole. I loro argomenti sono quasi sempre il tempo, le malattie, il cibo buono che non si può più mangiare alla loro età, e poi i mali dell’Isola: tanto ricca, tanto amata, così povera e disgraziata. Un dibattito che si smorza in modo inesorabile quando il più vecchio, con un sospiro, alza gli occhi al cielo e rassegnato dice: “Però, su astura c’erano l’americani…”.

 

Ovvero: questa terra oggi non sarebbe ridotta così, se fossimo diventati figli dello Zio Sam; perché a metà degli anni Quaranta, non furono pochi a credere che la Sicilia sarebbe diventata a stelle e strisce, e invece che fare il bagno nel Mediterraneo, da Palermo a Catania si sarebbero tuffati nella Coca Cola. Alfio Caruso, giornalista di lungo corso e appassionato di tematiche storiche, ha pubblicato “Quando la Sicilia fece guerra all’Italia”, ripercorrendo le tappe di un conflitto non dichiarato, ma ugualmente sanguinoso che fu combattuto dallo sbarco degli angloamericani, nel 1943, sino alla morte di Salvatore Giuliano, nel 1950.

lucky lucianolucky luciano

 

Se il bandito ebbe fama e notorietà mondiale, vi furono due figure, che non ebbero la stessa ribalta ma furono altrettanto protagoniste di questa storia di intrighi e spionaggio , di assassini e voltagabbana, di mafiosi e politici che giocavano con più mazzi di carte; si tratta di due professori, Andrea Finocchiaro Aprile, e Antonio Canepa.

 

Il libro di Caruso inizia proprio con la partenza di Finocchiaro Aprile, nel 1942, in treno da Roma, direzione Sicilia, per sfuggire al controllo dell’Ovra, la polizia che si occupava di stanare gli antifascisti. Finocchiaro Aprile è uno di loro? Non proprio. In realtà il docente – con rapporti intensi fra i massoni inglesi - aspirava alla direzione generale del Banco di Sicilia, ma Mussolini gli aveva preferito – che onta, a quei tempi – un funzionario di origine ebrea, Giuseppe Dell’Oro. Finocchiaro Aprile allora si “arruola” nell’esercito degli attendisti, quelli che aspettano che il regime cada.

 

QUANDO LA SICILIA FECE GUERRA ALL'ITALIA - LIBRO DI ALFIO CARUSOQUANDO LA SICILIA FECE GUERRA ALL'ITALIA - LIBRO DI ALFIO CARUSO

“Dimentico di quindici anni di salamelecchi a Mussolini – scrive Caruso – ha cercato di attirare l’attenzione dei nemici dell’Italia… in testa gli frullava già il progetto di staccare la Sicilia dal resto del paese e riteneva che per riuscirvi fossero indispensabili due condizioni: la sconfitta militare del fascismo, l’appoggio di Inghilterra e Stati Uniti”.

 

Non appena sbarca dal convoglio, Finocchiaro Aprile viene accolto a braccia aperte da Lucio Tasca, latifondista di primo piano, anche lui massone e Calogero Vizzini, “uomo di rispetto” introdotto nei circoli massonici proprio da Tasca: i due nominano Finocchiaro Aprile presidente dei circoli “Sicilia e libertà”, manco a dirlo, rifugio di latifondisti e massoni.

 

Il docente si mette all’opera, tiene riunioni e conferenze. A tutti profetizza la sconfitta di Mussolini e Hitler, e quando l’uditorio resta perplesso, gioca la carta a sorpresa: annuncia lo sbarco della Sicilia da parte degli angloamericani; come faceva a saperlo un anno prima dell’evento, resta un mistero. Alla fine del ’42 Finocchiaro Aprile diventa anche presidente del Cis, Comitato per l’indipendenza siciliana.

gaspare pisciotta salvatore giulianogaspare pisciotta salvatore giuliano

 

Antonio Canepa, alias Mario Turri invece, antifascista, da studente, lo è davvero: organizza con un gruppo di amici azioni di disturbo, pensa in grande e pianifica l’irruzione negli uffici del Duce, sino a quando qualcuno di loro non parla troppo, e la frittata è fatta. Canepa vive qualche momento di sconforto ma riesce a rientrare in apparenza nei ranghi, pubblicamente mette da parte le bizze e diventa fervente sostenitore di Mussolini; nel contempo continua a mantenere i contatti con gli angloamericani, attraverso un misterioso “ragionere Donovan”.

 

La Sicilia è allo stremo: il mercato nero impazza, e quel fascismo che era sempre stato visto come “un movimento del Nord” è ancora più inviso. “Aumentano la ripugnanza – riporta Caruso – nei confronti del governo i dodici poveracci ammazzati ad Alcamo dai carabinieri mentre rovistano dentro i vagoni di un convoglio bombardato, alla ricerca di cibo”. Pure le milizie vengono smantellate.

andrea finocchiaro aprileandrea finocchiaro aprile

 

“L’unica speranza di fermare l’invasione – sottolinea l’autore – è racchiusa nella ripetizione del miracolo di S’Agata, capace nel 1551 di salvare Catania dai turchi”, spingendo al largo la flotta con un forte vento di tramontana. Il miracolo non c’è, il 10 luglio 1943 gli angloamericani sbarcano a Gela, gli inglesi marciano (con difficoltà) su Catania, gli americani hanno tutte le strade aperte verso Palermo.

 

Da New York i “bravi ragazzi” di Charlie Luciano, attraverso i colloqui con i boss Vito Genovese e Calogero Vizzini, hanno dato le giuste indicazioni all’Oss (Office of strategic service). “L’aiuto di Cosa Nostra – racconta Caruso – viene identificato nell’appoggio fornito da Vizzini. L’alto comando americano gli ha addirittura inviato un caccia sopra la casa di Villalba.

 

ALFIO CARUSO ALFIO CARUSO

E’ stato lanciato un plico per avvisarlo che, in mancanza di taxi, sarebbe stato prelevato da un carro armato con l’insegna di Luciano (una grande L nera).” Il 27 luglio ’43 don Calò viene nominato sindaco di Villalba da un ufficiale del Civil Affairs, organizzazione al cui domando c’è il colonnello Charles Poletti. La prima cosa che fanno gli uomini di Vizzini è ammazzare in piazza il maresciallo dei carabinieri Pietro Purpi, che aveva cercato di far rispettare la legge. Un copione che si ripeterà in molti paesi dell’isola.

 

Palermo è liberata, e il colonnello Poletti – che a New York aveva ottenuto il posto di vice governatore grazie all’appoggio dei boss Luciano e Costello - riceve la richiesta di Finocchiaro Aprile. La Sicilia ai siciliani, basta con l’Italia. Pure agli inglesi non dispiacciono gli uomini d’onore perché sul territorio i problemi sono ancora molti e loro li sanno risolvere; in Gran Bretagna i sudditi di Sua Maestà leggono sul Daily Mirror che in Sicilia c’è un comitato per l’indipendenza. “Si parla – scrive ancora Caruso - della possibile creazione di un Commonwealth nel Mediterraneo unendo Sicilia e Corfù a Malta”.

ALFIO CARUSOALFIO CARUSO

 

Ma è politica, mentre la popolazione continua a morire di fame. Su muri di Palermo appaiono le scritte “Poletti, meno promesse, più spaghetti”: ma gli americani che non lesinano in rifornimenti, sono legati a doppio filo ai bravi ragazzi che li hanno aiutati a conquistare la Trinacria, e Poletti appoggia le nomine dei boss in posizioni chiave dell’amministrazione pubblica.

 

Le masse indipendentiste fantasticate da Finocchiaro Aprile in realtà non ci sono, Don Sturzo prova a smorzare la deriva della Sicilia autonoma con un articolo su “Italia libera”, ma quel che scandisce la vita degli isolani, da Palermo a Catania, è la ricerca di un pezzo di pane: è la borsa nera. Pure un ragazzo di Montelepre ci prova, ma incappa in un posto di blocco: “Sono le 17.17 del 2 settembre 1943 – ricorda Caruso – così muore un carabiniere e spunta un bandito”. Il suo nome è Salvatore Giuliano.

 

Alcide De GasperiAlcide De Gasperi

E il movimento indipendentista? A Villa Tasca si radunano tutti: Finocchiaro Aprile, l’avvocato Nino Varvaro vicino alle posizioni comuniste, l’ex deputato popolare Luigi La Rosa, l’avvocato Attilio Castrogiovanni in rappresentanza dei catanesi. Per gli indipendentisti di Caltanissetta c’è Calogero Vizzini: Don Calò si siede e appoggia la pistola sul tavolo.

 

Una presenza che ai catanesi non piace, ne usciranno con un contentino, la loro sigla, il Mis (Movimento per l’indipendenza della Sicillia), in realtà, la spaccatura è irreversibile. Nella Sicilia occidentale a livello ideologico il gruppo manterrà una impostazione moderata e repubblicana, in Sicilia orientale prenderanno piede sia le spinte anarchiche e sinistrorse di Canepa, sia quella monarchica e reazionaria del duca di Carcaci, Guglielmo Paternò Castello. Canepa nel 1944 crea l’Evis (Esercito volontario indipendenza sicilia), formazione armata che durerà appena un paio di anni. In Sicilia occidentale il “colonnello” è Giuliano che imperversa con la sua banda, al suo fianco un ufficiale repubblichino.

 

harry s. truman 1945:1953harry s. truman 1945:1953

Misteri, Intrighi, massacri e contatti fra politica e servizi segreti, che neppure la più fervida immaginazione di un maestro delle spy story come Le Carrè avrebbe potuto anticipare. Giusto per avere una idea, basta ricordare una dichiarazione dell’ex ministro dell’Interno Scelba: “Giuliano era la pistola puntata dagli Stati Uniti alla tempia dell’Italia. Ogni volta che Truman dissentiva da un provvedimento di De Gasperi, Giuliano ammazzava tre carabinieri”.

CALOGERO 
VIZZINI 
CALOGERO VIZZINI

 

Nell’aprile 1948 la Democrazia Cristiana stravince le elezioni, e la Sicilia ha dato il suo apporto. Addio sogni di gloria, addio alla 49esima stella nella bandiera americana. Che fine hanno fatto Finocchiaro Aprile e Canepa? Il primo proseguirà la sua carriera trasversale, come deputato all’Assemblea regionale siciliana, poi come giudice dell’Alta Corte per la regione Sicilia. Canepa muore qualche anno prima in un “misterioso” conflitto a fuoco alle porte di Randazzo, il 17 giugno del 1945.

 

benito mussolini 14benito mussolini 14

Di lui Leonardo Sciascia in una intervista a Giampiero Mughini su Mondoperaio del 1978, disse: “Di Canepa mi aveva interessato la sua dimensione di sconfitto, che aveva in comune con altri miei personaggi. Studiandone più a fondo la vita e la presenza, il personaggio mi deluse. Mi parve carico di ambizioni e di mitomanie. Era giunto al punto di scrivere una sua autobiografia esaltatoria e di gabellarla come scritta da un francese”. Proprio in quel libretto però, c’è una frase, riferita alla Sicilia e ai siciliani, che pare scritta oggi: “Noi ci serbiamo a un avvenire che non viene mai”.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…