
NEL DERAGLIAMENTO DELLA RIELEZIONE DI JOE BIDEN HA AVUTO UN RUOLO ANCHE QUEL MATTACCHIONE DEL FIGLIO HUNTER – IL PROCESSO E LE TURBOLENTE VICENDE DEL FIGLIO, EX TOSSICODIPENDENTE, CON UNA PASSIONE PER IL PORNO E LE SIGNORINE DISCINTE, HANNO DEVASTATO L’EX PRESIDENTE AMERICANO, GIÀ PROVATO DALLA VECCHIAIA E DALLA CAMPAGNA ELETTORALE SFIANCANTE CON QUEL VOLPINO DI TRUMP – HUNTER PRIMA HA CHIESTO ALLA CASA BIANCA DI PAGARGLI LE SPESE LEGALI, POI HA PROVATO A CONVINCERE IL PADRE A FARE UN DISCORSO IN DIRETTA IN SUA DIFESA – IL GIORNO PRIMA DELLA DECISIONE DEL RITIRO DALLA CORSA PRESIDENZIALE, HUNTER CHIAMÒ JOE DA LOS ANGELES, E GLI DISSE…
Traduzione di un estratto dell’articolo di Josh Dawsey, Tyler Pager e Isaac Arnsdorf per il “Wall Street Journal”
2024: How Trump Retook the White House and the Democrats Lost America
Questo articolo è un adattamento del nuovo libro degli autori, “2024: How Trump Retook the White House and the Democrats Lost America”, che sarà pubblicato l’8 luglio da Penguin Press.
Giugno 2024 doveva essere un mese memorabile per la presidenza di Joe Biden: viaggi in Francia e Italia, una raccolta fondi piena di star a Los Angeles con Barack Obama, George Clooney e Julia Roberts, e il primo dibattito contro Donald Trump.
Ma c’era un’altra questione in cima ai pensieri del presidente. Come Biden confidò a un amico stretto: “L’unica cosa che mi interessa è che mio figlio non venga condannato”.
Il 3 giugno, Hunter Biden si presentò al tribunale federale di Wilmington, Delaware, per affrontare tre capi d’imputazione per aver mentito in una dichiarazione federale sull’acquisto di un’arma da fuoco e per il possesso dell’arma mentre faceva uso di droghe.
Oltre al rischio di perdere la libertà, il processo era destinato a mettere in imbarazzo la famiglia Biden, portando alla luce segreti scabrosi degli anni dolorosi successivi alla morte di Beau Biden, fratello di Hunter.
Gran parte dell’opinione pubblica non era a conoscenza della profondità del tumulto interno alla famiglia Biden—relazioni extraconiugali, dipendenze, alcolismo—e ora tutto sarebbe venuto a galla, cinque mesi prima delle elezioni.
Per dimostrare che Hunter faceva uso di droghe quando acquistò l’arma, i pubblici ministeri pianificavano di chiamare tre testimoni principali: la sua ex fidanzata, conosciuta quando era una spogliarellista; la sua ex moglie, madre delle sue tre figlie; e la vedova di Beau, con cui aveva iniziato una relazione dopo la morte del fratello.
Il processo era solo uno dei problemi legali di Hunter Biden.
I repubblicani al Congresso stavano esaminando i suoi affari all’estero in Ucraina, Cina e altri paesi, in un’inchiesta che sarebbe poi diventata una procedura di impeachment.
Era coinvolto in una causa per il mantenimento di un figlio avuto con una donna dell’Arkansas.
i dipinti di hunter biden bruciati nell incendio di los angeles 8
E persistevano domande etiche riguardo alla vendita dei suoi quadri, che una galleria newyorkese metteva in vendita a prezzi compresi tra 75.000 e 500.000 dollari—cifre che i critici ritenevano irraggiungibili senza quel cognome.
Con i suoi quadri come principale fonte di reddito, la famiglia iniziò a preoccuparsi di come potesse continuare a permettersi avvocati costosi a Washington come Abbe Lowell.
A un certo punto, la famiglia chiese ad alti funzionari della Casa Bianca se Biden potesse aiutare suo figlio a raccogliere fondi per le spese legali.
La questione divenne più urgente tra i timori che Lowell potesse abbandonare Hunter come cliente se i conti non venivano saldati.
Hunter venne a sapere che il Comitato Nazionale Democratico stava pagando le spese legali del presidente Biden nell’ambito di un’indagine sulla gestione di documenti classificati, presa in carico dal procuratore speciale Robert Hur.
Hunter chiese perché il DNC non potesse pagare anche le sue. Gli avvocati conclusero infine che il presidente non doveva essere coinvolto nella raccolta fondi per Hunter e che il DNC non poteva giustificare il pagamento delle sue spese.
I repubblicani fecero di Hunter il fulcro degli attacchi al presidente. […]
Per Joe Biden, il processo del figlio fu devastante. Era convinto che l’obiettivo dei repubblicani fosse quello di spezzare psicologicamente Hunter affinché ricadesse nell’uso di droghe e alcol.
Biden avrebbe voluto assistere al processo; si recò alcune volte a Wilmington, ma non entrò mai in aula. La First Lady Jill Biden vi partecipò quasi ogni giorno.
La maggior parte dei collaboratori non sapeva che intendesse farlo finché non arrivò il primo giorno, accompagnata da assistenti, familiari e amici. Era il suo 73º compleanno, e Hunter la salutò: “Buon compleanno. Ti ho preparato un evento speciale”.
Durante l’esposizione del caso da parte dell’accusa, vennero mostrate foto di Hunter con attrezzi per droghe, a volte a torso nudo o parzialmente censurate per nudità.
Furono mostrati messaggi tra Hunter e i suoi spacciatori, mentre le sue ex confermavano, una dopo l’altra, l’uso abituale di stupefacenti.
Joe Biden si trovava alla Casa Bianca quando l’11 giugno arrivò il verdetto: colpevole su tutti i capi.
Una collaboratrice, Annie Tomasini, diede la brutta notizia al presidente. Dopo poche ore, era previsto un suo discorso al Washington Hilton, e i suoi collaboratori temevano che si presentasse in pubblico.
“Non devi farlo”, gli disse Anita Dunn. “Puoi tornare a Wilmington. Tutti capirebbero.” La vicepresidente Kamala Harris si offrì di parlare al suo posto. Ma Biden rifiutò: “Voglio farlo io”, disse.
Il verdetto arrivava in un momento cruciale, in cui Biden doveva dimostrare vigore a un elettorato che si stava allontanando.
Alcuni dei più vicini al presidente temevano che l’angoscia per il processo potesse minare la sua energia.
Le loro paure si concretizzarono sul palco del dibattito di Atlanta il 27 giugno, quando Biden faticò a costruire frasi compiute.
Hunter seguì il dibattito dalla sua casa a Los Angeles, e la sua reazione fu: “Ma che c—?”. Non aveva mai visto suo padre così confuso, e si preoccupò per la sua salute.
Qualche giorno dopo, quando arrivò a Camp David per una visita, disse a suo padre: “Ti voglio bene” e “Dormi un po’”.
La mattina seguente, le preoccupazioni di Hunter si erano attenuate. Pensava che Biden fosse solo esausto. Per una famiglia che aveva affrontato tragedie, dipendenze e sconfitte, questa era solo un’altra prova. Nessuno parlò di un ritiro dalla corsa presidenziale.
La mattina dopo, il 1º luglio, la Corte Suprema stabilì che Trump poteva invocare l’immunità presidenziale per aver cercato di ribaltare il risultato delle elezioni del 2020.
Biden e i suoi collaboratori avevano sempre evitato di commentare direttamente i procedimenti legali contro Trump; non volevano dare credito all’accusa che Biden fosse dietro le incriminazioni.
Ma Biden ritenne che quella decisione della Corte Suprema fosse troppo storicamente significativa per essere ignorata.
Jeff Zients, capo dello staff della Casa Bianca, convocò una videoriunione con i massimi consiglieri e Biden si collegò da Camp David. Si discusse se il presidente dovesse rilasciare una dichiarazione scritta o parlare davanti alle telecamere. Biden decise di voler tornare alla Casa Bianca per parlare, e lo staff iniziò a organizzare i dettagli.
All’improvviso, una voce non identificata intervenne consigliando un discorso dallo Studio Ovale. All’inizio, alcuni collaboratori non capirono chi stesse parlando. Presto si scoprì che la voce apparteneva a Hunter Biden, la cui presenza sulla chiamata era sconosciuta allo staff della Casa Bianca.
il profilo di hunter biden su pornhub
Il consigliere legale della Casa Bianca, Ed Siskel, espresse qualche perplessità riguardo a un discorso dallo Studio Ovale. Hunter reagì bruscamente: “Questa è una delle decisioni più importanti che la Corte Suprema abbia mai preso.”
Disse che suo padre aveva tutto il diritto di usare l’immagine potente dello Studio Ovale per lanciare il messaggio. (In seguito si optò per la Cross Hall, il lungo corridoio al primo piano della Casa Bianca.) Dopo la riunione, Siskel disse ai colleghi che la presenza di Hunter era stata inopportuna.
CASA BIDEN A WILMINGTON DELAWARE
Qualche settimana dopo, Biden era rinchiuso a Rehoboth Beach, Delaware, malato di Covid, tenendo riunioni per decidere il proprio futuro politico. Hunter chiamò da Los Angeles e chiarì che avrebbe sostenuto qualunque decisione suo padre avesse preso. Ma gli disse: “Mi piacerebbe tanto riaverti”. Intendeva dire che fare il presidente occupava tutto il tempo del padre. Diceva spesso che desiderava più di chiunque altro che il padre si ritirasse.
Hunter arrivò a credere che prendersi una pausa per guarire dal Covid avesse permesso a suo padre di riflettere per la prima volta—di rendersi conto che, anche se poteva vincere, la sua candidatura stava lacerando il Partito Democratico. Il giorno dopo, Biden annunciò il ritiro dalla corsa presidenziale.
joe biden e i figli beau e hunter nel 1982
Pochi giorni prima del Ringraziamento, Hunter Biden arrivò a Washington prima del viaggio di famiglia annuale a Nantucket.
Alla Casa Bianca, disse a suo padre che il suo team legale aveva preparato un documento di 52 pagine intitolato “Le persecuzioni politiche di Hunter Biden”. Intendevano renderlo pubblico prima dell’udienza per la sentenza del mese successivo. Il documento conteneva una cronologia delle indagini e sosteneva che Hunter non sarebbe stato incriminato se non fosse stato il figlio del presidente. Avvertiva anche che l’elezione di Trump costituiva una minaccia ancora più grave per Hunter.
Fino a quel momento, Biden aveva escluso l’ipotesi di graziare suo figlio. Hunter disse agli amici di non aver mai discusso la possibilità col padre, e credeva ancora di poter vincere in appello. Ma la vittoria di Trump, e in particolare la sua nomina di Kash Patel a capo dell’FBI, cambiò le cose, spiegò Hunter agli amici. Joe Biden aveva già perso un figlio per il cancro, e amici stretti non potevano immaginare che avrebbe lasciato l’altro in prigione—specialmente per accuse ritenute in gran parte infondate.
A Nantucket, durante il Ringraziamento, Biden prese la sua decisione: avrebbe concesso a Hunter una grazia piena e incondizionata. Nessun membro dello staff fu coinvolto. Tornato a Washington il sabato, annunciò la grazia con una dichiarazione tagliente scritta di suo pugno, parlando di “un tentativo di distruggere Hunter” con “attacchi incessanti e un’accusa selettiva”.
“Basta è basta”, disse. Ma non si fermò lì. Puntò poi il dito contro il Dipartimento di Giustizia: “Credo nella giustizia, ma mentre riflettevo su tutto questo, credo anche che la politica più becera abbia infettato il processo, causando un errore giudiziario.”
I massimi dirigenti del Dipartimento di Giustizia rimasero scioccati. Anche alcuni dei più strenui difensori del presidente furono inorriditi. Biden aveva passato anni a combattere i tentativi di Trump di delegittimare le indagini federali definendole politicizzate. Ora era lui stesso ad affermarlo. Il 20 gennaio, come ultimo atto da presidente, graziò preventivamente i suoi tre fratelli e due dei loro coniugi.
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hunter biden 1
joe e hunter biden melissa cohen 1
hunter e jill e joe biden
zoe kestan hunter biden
barack obama joe hunter biden
kathleen buhle hunter biden 2
hunter biden
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