
NON SOLO THIAGO ELAR: L’INFLUENCER 27ENNE, MORTO DOPO AVER RACCONTATO SUOI SOCIAL LA SUA BATTAGLIA CONTRO L’ANORESSIA, È UNA DELLE 3MILA PERSONE CHE MUOIONO OGNI ANNO A CAUSA DI DISTURBI ALIMENTARI - LO PSICHIATRA LEONARDO MENDOLICCHIO: “QUESTE PATOLOGIE SONO UNA DELLE PRINCIPALI CAUSE DI MORTE DEI GIOVANI E PER L’ANORESSIA NON CI SONO FARMACI. SI MUORE PERCHÉ IL CORPO E LA MENTE SUBISCONO DEI DANNI IRREVERSIBILI. OGGI I RAGAZZI PENSANO DI ESSERE COME APPAIONO E QUESTO DIPENDE NON DAI SOCIAL, DAGLI INFLUENCER, DALLA PUBBLICITÀ…”
Estratto dell’articolo di Laura Cuppini per www.corriere.it
Thiago Elar aveva 27 anni e una storia drammatica di anoressia, sofferenza, richieste di aiuto pubblicate ossessivamente sui social e viste ogni giorno da 150mila persone, i suoi follower. Era ricoverato nel reparto di Psichiatria dell’Ospedale di Treviglio, dove è morto il 21 luglio.
«La sua vicenda ha colpito in modo particolare perché era conosciuto sui social, ma non si tratta di un caso isolato - dice Leonardo Mendolicchio, psichiatra e psicoanalista, direttore del Dipartimento di Cura e ricerca disturbi alimentari all'Istituto Auxologico Piancavallo di Verbania, in Piemonte.
In passato Thiago era stato in cura anche lì -. Ogni anno in Italia muoiono circa 3mila persone per disturbi alimentari, nel periodo della pandemia Covid siamo arrivati a 5mila. Tantissimi sono adolescenti. Queste patologie rappresentano una delle principali cause di morte dei giovani, dopo gli incidenti stradali e gli episodi di violenza».
Perché un ragazzo può arrivare a perdere la vita per un disturbo alimentare?
«L'anoressia grave, se prolungata, è molto difficile da curare: potremmo paragonarla a un tumore. Il corpo e la mente subiscono danni irreversibili. Può essere difficile da comprendere, ma gli effetti sul cervello di una malnutrizione severa sono devastanti. Però, per tante storie che vanno male, ce ne sono tantissime che hanno un lieto fine.
Se l'anoressia viene diagnosticata e curata in tempo si può guarire. Dipende dalla traiettoria che si prende, se la persona è seguita da subito in modo corretto ce la si fa. In altri casi si instaura un circolo di dipendenza, da cui è difficile uscire. L'anoressia va affrontata prima possibile, è cruciale evitare che si aggravi».
Che ruolo ha la famiglia?
«Enorme. È frequente che i genitori, angosciati, tendano a rimuovere o rimandare il problema. E spesso, quando trovano il coraggio di rivolgersi ai servizi sanitari, non trovano esperti preparati. […] ».
Come si cura una persona con anoressia?
«Non esistono farmaci […] Servono investimenti perché i trattamenti che oggi abbiamo a disposizione - psicofarmaci e medicinali per le dipendenze - agiscono in modo indiretto, non risolutivo. […]Ma i farmaci non bastano. Si tratta di affrontare un problema complesso, coinvolgendo anche la famiglia e la scuola. Oltre alla terapia farmacologica servono psicoterapia, rieducazione alimentare, diverse figure sanitarie. In alcuni casi si fa ricorso alla nutrizione artificiale».
I ragazzi accettano di essere curati?
«Inizialmente molti pazienti difendono la propria malattia, ci si identificano. Gran parte del nostro lavoro è cercare di dare loro consapevolezza e motivazione. Devo farti capire che l'anoressia non è una cosa buona, anzi ti porta alla morte. […]».
Perché a volte è così difficile accettare il proprio corpo?
«I nostri ragazzi pensano di essere come appaiono e questo dipende non solo dai social network, ma in generale dalla società che abbiamo costruito, dalla cultura degli influencer […], dalla pubblicità. […] ».
Cosa si può fare per aiutare questi ragazzi?
«Famiglia e società sono cruciali. Cerco di farti capire che non sei solo quello che appari. Sei molto altro. […]».
Qualche consiglio per i genitori di adolescenti?
«Ogni cosa che fanno i nostri figli è importante, ma non angosciamoci. Dobbiamo essere presenti e attivi, occuparci dei loro movimenti psicologici. Aiutiamoli a mettere in parola le emozioni, senza sentirsi giudicati. Ricordiamoci che c'è una parte della società che funziona, che è "terapeutica": per esempio lo sport, ma anche (in molti casi) la scuola, il supporto psicologico. I genitori e la famiglia, però, sono sempre al primo posto. Insostituibili.
Se un figlio si taglia o ha un momento di depressione non spaventiamoci, armiamoci di coraggio e diciamogli "ci sono, ti ascolto". Parlare cambia davvero le cose, anche se sul momento può sembrare inutile. Infine non dimentichiamo che l'adolescenza passa attraverso il conflitto. Dobbiamo accettare la ribellione dei nostri figli. È faticoso, ma è la sola strada. Se un ragazzino è "perfetto" non va bene, sta solo assecondando la volontà dei genitori. Anche lì possono scatenarsi i problemi, come per esempio un disturbo alimentare».