novara autistico

“NON VOGLIO CHE ANDREA RESTI SOLO” - A NOVARA UN UOMO DI 54 ANNI UCCIDE NEL SONNO IL FIGLIO AUTISTICO E POI TENTA IL SUICIDIO - L’UOMO HA STROZZATO IL RAGAZZO CON UNA CORDA, POI GLI HA COPERTO IL VOLTO CON UN CUSCINO, HA APERTO IL GAS, HA PRESO UNA BOTTIGLIA DI COGNAC E HA ATTESO LA MORTE

Marco Bardesono per “il Corriere della Sera”

 

C'è un ricordo tragico che affiora dal passato di Pietro Spina, operaio di 54 anni che lunedì sera ha ucciso il figlio autistico di 22 anni e poi ha tentato il suicidio: la tragica morte del padre, avvenuta in un incidente stradale. Rimasta vedova, sua madre aveva cresciuto da sola, con fatica e sacrifici, quattro figli maschi e la loro sorellina.

 

NOVARA - PADRE UCCIDE FIGLIO AUTISTICONOVARA - PADRE UCCIDE FIGLIO AUTISTICO

Pietro Spina, a sua volta, da due anni era rimasto vedovo e con ossessione pensava al dopo, a quando non ci sarebbe stato più e a come sarebbe stata l' esistenza di Andrea. «Amava quel ragazzo, ma era terrorizzato per il suo futuro - racconta ora Carmelo Ario, che vive nello stesso palazzo -. Pietro sapeva cosa significa crescere senza un padre, suo figlio era anche malato. E lo ripeteva sempre: non voglio che Andrea resti solo».

 

La tragedia è avvenuta a Vespolate, un comune di duemila anime circondato da risaie sulla strada che collega Novara a Mortara. Nell' appartamento al terzo piano di una palazzina di corso Garibaldi, la strada principale del piccolo centro, Pietro Spina si è avvicinato al figlio Andrea che si era addormentato nella sua camera.

 

ospedale Maggiore di Novaraospedale Maggiore di Novara

Lo ha strozzato con una corda, poi gli ha coperto il volto con un cuscino. L' operaio ha quindi aperto il gas, ha preso una bottiglia di cognac e, bevendo disteso sul letto dell' altra stanza, ha atteso la morte. Per i carabinieri del comando provinciale di Novara, coordinati nelle indagini dal colonnello Domenico Mascoli, tutto è suc-cesso verso le 21 di lunedì.

 

Poco dopo in corso Garibaldi si è presentato Angelo, il fratello di Pietro Spina: «Dovevano venire a cena da me, non li ho visti e mi sono preoccupato». L' uomo ha citofonato più volte senza avere risposta e ha chiamato i vigili del fuoco. La porta dell' appartamento è stata forzata. Per Andrea non c' è stato più nulla da fare, «deceduto per asfissia meccanica», ha scritto il medico legale sul referto. Pietro, invece, è stato ricoverato all' ospedale Maggiore di Novara in gravi condizioni.

 

Quasi due anni fa la moglie di Pietro Spina, Angela Campanini, era morta per un male incurabile. Andrea era stato così accolto in una casa famiglia non lontana da Vespolate.

Padre Enzo FortunatoPadre Enzo Fortunato

Solo nel fine settimana lasciava la comunità per trascorrere un po' di tempo con il padre. Il parroco del paese, don Carlo Monti, ricorda un episodio di qualche mese fa.

 

«Pietro - spiega il sacerdote - aveva già tentato il suicidio, e io mi chiedo come sia possibile affidare un ragazzo disabile a una persona che deve già fare i conti con i propri problemi, con un dramma così grande». Una tragedia sfiorata a fine luglio: «In quella circostanza, un collega di Pietro l' aveva salvato - ricorda Carmelo Ario. Nessuno aveva sue notizie da tre giorni, i soccorritori erano arrivati appena in tempo». Aggiunge il sacerdote: «Doveva essere aiutato, forse questa tragedia si poteva evitare».

 

Una tragedia che ha suscitato diverse reazioni, anche perché si attendono a breve i decreti attuativi della legge sul Dopo di Noi varata a tutela delle persone con disabilità rimaste senza padre e madre. «Questi genitori devono esser lasciati meno soli dalle amministrazioni locali - ha detto ieri la parlamentare Ileana Argentin -, così come il governo deve affrettarsi per approvare i decreti attuativi».

 

Anche Padre Enzo Fortunato, direttore della Sala stampa del Sacro convento di Assisi, ha parlato della solitudine che si nasconde dietro queste tragedie: «Un terremoto che non fa rumore. Forse una parola gentile, una mano tesa avrebbero salvato quei disgraziati dalla loro disperazione. Un gesto estremo che racconta quanto profonda può essere la solitudine».

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