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LA PETITE MORT SECONDO ANNIE GISLER – VIDEO: LA REGISTA DEDICA AL CLIMAX FEMMINILE UN DOCUMENTARIO, PRESENTATO AL 'ZURICH FILM FESTIVAL': CINQUE DONNE RACCONTANO SENZA INIBIZIONI L’ORGASMO, LE SUE VARIANTI PROVOCATE DALLA PENETRAZIONE O DALLA STIMOLAZIONE DEL CLITORIDE, LA MASTURBAZIONE, SEX TOY E SESSO ANALE – ‘UN GIORNO HO AVUTO UN ORGASMO ECCEZIONALE E HO PENSATO CHE…’

 

 

 

 

Caterina de Filippo per "www.iodonna.it"

 

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«Un giorno ho avuto un orgasmo eccezionale, mai sperimentato prima, e ho pensato che non avevo mai sentito altre donne, nemmeno le mie amiche, parlare di cosa provano in quei momenti».

 

Da questa riflessione e dai discorsi rivelatori che ne sono seguiti, la regista Annie Gisler ha deciso di dedicare all’argomento, e più in generale alla sessualità al femminile, il documentario La petite mort, l’espressione usata nel mondo francofono per alludere al climax del piacere sessuale.

 

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Il film presentato al Zurich Film Festival è un racconto intimo fatto da cinque donne che Gisler ha scelto per la loro capacità di parlare dell’argomento in maniera totalmente sincera, «ma anche perché avevano preferenze ed esperienze sessuali diverse».

 

Così c’è Maggie, «la donna più anziana e saggia, che ha sperimentato molto e può trasmettere un messaggio di emancipazione», e la quarantenne Aude, «che vede l’orgasmo come qualcosa di spirituale e non ha ancora scoperto tutto del sesso».

 

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E poi ci sono tre giovani: «Lada, rappresenta l’esperienza di molte donne, ha avuto pochi partner e ha bisogno dell’amore per poter avere un amplesso», Aurore «è all’inizio del viaggio per la scoperta della propria omosessualità» e infine «la più coraggiosa di tutte, Anne-Valérie, che condivide una forma di insicurezza riguardo al sesso che la società condanna, e con cui penso molte donne si identificheranno».

 

Intervistate 27 donne, tra i 21 e i 70 anni

Nel documentario, Gisler racconta alcune proprie esperienze e introduce alcuni argomenti, commentati poi dalle intervistate: c’è l’orgasmo appunto, e le sue varianti provocate dalla penetrazione o dalla stimolazione del clitoride, e la masturbazione e la sua considerazione sociale; e poi ci sono il piacere reale e quello messo in scena per appagare il partner, l’intesa che non sempre funziona come si vorrebbe, e argomenti che per alcuni potrebbero essere scabrosi, come l’utilizzo dei sex toy o il sesso anale, ma che secondo la regista dovrebbero essere altrettanto argomento di discussione.

 

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«Nelle mie ricerche sul film ho intervistato 27 donne, tra i 21 e i 70 anni, e la maggior parte di loro ha ammesso di masturbarsi, ma ha anche aggiunto di farlo soltanto quando non ha un partner», spiega la regista.

 

«È come se si cercasse una giustificazione perché masturbarsi è considerato una pratica vergognosa, ma invece dovrebbe essere normale: è qualcosa che si fa per scoprire il proprio corpo e le proprie fantasie e non perché si è insoddisfatti del proprio partner, come pensano magari le ragazze più giovani quando scoprono che il proprio partner lo fa guardando filmati porno e la considerano una sconfitta personale.

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L’argomento più difficile da affrontare per le intervistate è stato il sesso anale: ci sono donne a cui piace, ma ammetterlo è difficile, perché molti la considerano ripugnante e presuppone una forma di sottomissione al maschio».

 

Non a caso alla domanda sul sesso anale Maggie, la più esperta, nel film risponde: «Preferisco penetrare gli uomini che essere penetrata».

 

La triste eredità del patriarcato

A decenni di distanza dalla rivoluzione sessuale, il documentario sembra mostrare come nella pratica molte donne non non si sentano libere di esprimere la propria sessualità. «Il piacere femminile è un argomento che per troppo tempo è stato messo in secondo piano», dice Gisler.

 

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«Penso che tutto ciò sia un’eredità della società patriarcale, in cui a contare era solo il maschio con i suoi desideri. D’altra parte ad esempio se si guarda la pornografia mainstream, è fatta soprattutto dai maschi per i maschi, e la rappresentazione di come una donna raggiunge un orgasmo è quanto di più lontano possibile dalla realtà».

 

Nei film hollywoodiani però le cose non vanno poi meglio.

 

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«Anche in quel caso la messa in scena mi pare ridicola», spiega la regista. «e utile solo a diffondere falsi miti: i preliminari durano due secondi e subito dopo si arriva alla penetrazione che dà luogo poco dopo a un orgasmo di entrambi i partner».

 

È questa rappresentazione idealizzata o distorta della realtà a contribuire a quella che secondo Gisler è l’altro grande problema che affligge le donne: «Ci sono poche informazioni su come funziona il piacere femminile, di conseguenza moltissime donne non conoscono il proprio corpo e non riescono a comunicare al proprio partner come provare piacere, senza contare che fin da ragazzine tutte le donne imparano presto come appagare un maschio e antepongono il suo piacere al proprio».

 

Un orgasmo ci salverà

La petite mort fa emergere nel racconto di queste donne una serie di incertezze, imbarazzi e dubbi che molti potrebbero considerare sorpassati, ma che evidenziano come sia ancora fortissimo sulla sessualità e la sua espressione il giudizio della società e la disparità di genere, quando non intervengano altri fattori come le convinzioni religiose, la cultura o l’educazione.

 

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«Pesa moltissimo ancora sulle donne il giudizio della società», spiega la documentarista, «perché una donna non può essere troppo attratta dal sesso senza essere definita una puttana o viceversa troppo disinteressata senza essere chiamata frigida.

 

Il raggiungimento della parità sessuale ha a che fare con quello dell’uguaglianza tout court sbandierata dai movimenti #metoo e #timesup: non si può avere uguaglianza se l’abuso sessuale è considerato la norma, e allo stesso tempo dovremmo riflettere di più su come il sesso viene utilizzato come merce di scambio, anche da alcune donne, forse perché retaggio di quella società patriarcale in cui, relegate da ogni posizione di potere in mano ai maschi, lo usavano come arma per acquisire dei vantaggi».

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In un mondo messo in mostra dal documentario in cui l’esperienza sessuale delle donne è legata anche a miti (l’esistenza e la scoperta del punto G, la libido maschile superiore a quella femminile) che rischiano di creare solo un senso di inadeguatezza, l’unica risposta possibile è quella di mettere la discussione sul tavolo anziché trincerarsi dietro l’imbarazzo: «La mia speranza è di stimolare la curiosità degli spettatori e accendere un dibattito, non soltanto col proprio partner, in cui si inizi a parlare di cosa ci dà piacere. E finalmente come ottenerlo». Un orgasmo forse ci salverà.

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