“GAZA TI CHIEDE DI SOCCORRERLA CON AIUTI, DENARO E TUTTO QUELLO CHE PUOI OFFRIRE. QUESTA È UNA JIHAD FINANZIARIA” - LA RETE GLOBALE CHE FINANZIA HAMAS: UN FIUME DI FONDI OCCULTI DA QATAR, ALGERIA, IRAN E TURCHIA, IL PORTO FRANCO SECONDO GLI 007 ISRAELIANI PER INDIRIZZARE AIUTI ECONOMICI VERSO LA STRISCIA - SEMPRE PIÙ MASSICCIO IL RICORSO A CRIPTOVALUTE E PIATTAFORME WEB - DOPO IL 7 OTTOBRE AL GRUPPO JIHADISTA OGNI MESE SONO CONTINUATI AD ARRIVARE DIECI MILIONI DI DOLLARI TRAMITE UNA GALASSIA DI "FINTI ENTI DI CARITÀ", INCLUSO QUELLO COLPITO DUE GIORNI FA DAGLI ARRESTI IN ITALIA…
Gianluca Di Feo per “la Repubblica” - Estratti
Il 7 ottobre 2023 ha cambiato tutto e anche la rete di finanziamento di Hamas è diventata sotterranea. Prima di allora, la formazione fondamentalista che governava la Striscia aveva potuto contare su risorse inesauribili: trenta milioni di dollari al mese dal Qatar; cento milioni l'anno dall'Iran; altri 480 milioni raccolti dalle donazioni e dalle tasse imposte ai residenti.
Metà di questi fondi sarebbero serviti ad equipaggiare i reparti combattenti, le fabbriche di razzi e i cantieri dei tunnel; il resto per i servizi pubblici alla popolazione.
Il 10 ottobre 2023, all'indomani dei massacri di israeliani e dell'inizio dei raid dello Stato ebraico, uno dei fondatori di Hamas, Khalid Mashal, ha lanciato un proclama mondiale: «Gaza ti chiede di soccorrerla con aiuti, denaro e tutto quello che puoi offrire. Questa è una jihad finanziaria, così come altri stanno mettendo se stessi a disposizione per la guerra santa. Date sostegno a Gaza, alla sua resistenza e ai suoi eroi».
Un'invocazione rivolta soprattutto a ong ed enti di beneficenza, attivi negli Stati Uniti, in Australia e in Europa.
mohammad hannoun con il capo di hamas ismail haniyeh
Che spesso poi hanno invitato a inviare soldi attraverso canali diversi dalle banche, in preferenza piattaforme di pagamento online e criptovalute. Secondo il documento ufficiale del Dipartimento del Tesoro, al gruppo jihadista ogni mese sono continuati ad arrivare dieci milioni di dollari tramite una galassia di "sham charities" ossia "finti enti di carità", incluso quello colpito due giorni fa dagli arresti in Italia.
Qui però si entra in una zona grigia, dove bisogna misurarsi con una cortina di interessi contrapposti che rendono difficile raggiungere la verità. Il Mossad ha cominciato subito a monitorare le sovvenzioni promosse da associazioni vecchie e nuove. Il governo statunitense ne ha sanzionate diverse, pubblicando una lista nera di quelle accusate di rapporti diretti con Hamas.
operazione domino sui fondi ad hamas
Le cancellerie europee allora si sono trovate davanti a un duplice problema. Il primo di natura legale, perché le contestazioni americane o israeliane si basavano soprattutto su informazioni dell'intelligence che non possono essere utilizzate come prove processuali. Il secondo, ancora più complesso, è distinguere tra chi aiuta le milizie fondamentaliste e chi vuole dare sollievo alle terrificanti condizioni della popolazione palestinese.
Per i servizi di sicurezza dello Stato ebraico questa distinzione conta poco: ritengono che Hamas taglieggi chiunque si trovi nella Striscia, anche le organizzazioni umanitarie.
Una valutazione non sempre condivisa dai Paesi chiamati in causa. Washington ad esempio è certa che Interpal, basata a Londra, trasmetta fondi ai terroristi: nell'aprile 2024 le istituzioni britanniche gli hanno sequestrato beni e conti, salvo poi annullare il provvedimento tre settimane dopo. Interpal oggi risulta ancora attiva nel Regno Unito e in Francia.
La francese Humani'terre ha proseguito le donazioni per la Palestina fino all'estate 2024: sono state bloccate dopo la scoperta di uno scooter con il suo logo all'interno di una galleria usata dai miliziani.
Controverso pure il caso di Gaza Now, il sito fondato dal giornalista palestinese Mustafa Ayyash.
Dopo le sanzioni statunitensi, l'Austria ha emesso un mandato di cattura contro Ayyash. Viveva lì come rifugiato da nove anni: decine di suoi familiari sono stati uccisi nell'offensiva israeliana del 2014. L'Olanda lo ha arrestato e il 15 novembre scorso ha accolto la richiesta di estradizione ma non l'ha ancora concretizzata. I suoi legali hanno dichiarato che la polizia di Vienna ha maltrattato la moglie incinta durante una perquisizione: «Viene perseguitato solo perché fa il suo lavoro». Da settimane porta avanti uno sciopero della fame.
(…)Nel mirino c'è in particolare Majed Al-Zeer, leader dell'European-Palestinian Council for Political Relations, che per gli americani è una sorta di ambasciatore di Hamas nell'Ue. Al-Zeer, citato pure nell'istruttoria di Genova, è stato sanzionato dagli inglesi e risulta ricercato in Germania.
Le iniziative europee però oggi hanno un impatto limitato, perché le vere sorgenti dei flussi finanziari sono altrove.
Secondo gli Usa Hamas dispone di riserve per mezzo miliardo investite all'estero da Hamid Abdullah Hussein al-Ahmar, uno yemenita che risiede a Istanbul. Erdogan ha ripetuto più volte: «Non mi importa quello che dicono gli altri, non posso accettare che Hamas sia un gruppo terroristico».
Gli 007 israeliani non sono gli unici a considerare la Turchia il porto franco per indirizzare aiuti economici verso la Striscia: un Paese che nell'ultimo anno ha assunto un peso maggiore del Qatar e persino dell'Iran nell'agevolare la sopravvivenza del movimento nella sua duplice veste, quella politica e quella militare.


